Diffusione video intimi estratti da Onlyfans: si tratta di revenge porn

Agosto 13, 2025 - 08:30
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Diffusione video intimi estratti da Onlyfans: si tratta di revenge porn

lentepubblica.it

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, diffondere video intimi estratti da una piattaforma accessibile solo agli iscritti come ad esempio Onlyfans configura il reato di revenge porn e di diffusione illecita di materiale sessualmente esplicito.


La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una persona indagata per revenge porn, confermando il sequestro di dispositivi elettronici disposto dal Tribunale del riesame di Santa Maria Capua Vetere. Il caso riguarda la diffusione non autorizzata di un video a contenuto sessuale, inviato ai familiari della persona ritratta, e tratto da una piattaforma online a cui si accede solo previa registrazione.

Il contesto: video intimo inviato senza consenso

L’ordinanza impugnata, emessa il 26 febbraio 2025, aveva convalidato una perquisizione e un sequestro preventivo di cellulari e hard disk, richiesti dalla Procura il 5 febbraio, nell’ambito di un’indagine per il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (art. 612-ter del codice penale). L’indagata aveva trasmesso a terzi, senza consenso, un filmato dal contenuto intimo che coinvolgeva il querelante.

La difesa: “Il video era su una piattaforma pubblica”

Nel ricorso, l’avvocato difensore ha sollevato due obiezioni principali: da un lato, l’assenza dei presupposti per procedere penalmente (il cosiddetto fumus commissi delicti) e, dall’altro, una presunta carenza di motivazione da parte del Tribunale. In particolare, la difesa sosteneva che il filmato non rientrasse tra quelli “destinati a rimanere privati”, in quanto tratto da una piattaforma liberamente accessibile.

La Cassazione: la piattaforma non era aperta al pubblico

La Suprema Corte ha ritenuto infondate e generiche le argomentazioni presentate, chiarendo che il sito da cui è stato estrapolato il video era riservato a utenti registrati e non liberamente consultabile. Pertanto, il materiale non può essere considerato di dominio pubblico, e la sua diffusione senza consenso configura il reato previsto dall’articolo 612-ter. La Cassazione ha richiamato precedenti giurisprudenziali secondo cui anche i contenuti condivisi su siti di incontri ad accesso limitato restano circoscritti alla comunità virtuale e non possono essere divulgati a terzi.

Nessun difetto nella motivazione

Secondo i giudici, il Tribunale ha offerto una spiegazione esaustiva e coerente delle proprie valutazioni, respingendo così anche la seconda critica del ricorso. Le eccezioni sollevate dall’indagata risultavano troppo generiche e prive di un reale confronto con le motivazioni dell’ordinanza impugnata.

Le conseguenze: spese e sanzione pecuniaria

La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pari a 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

In linea con le normative sulla privacy, i nomi e gli altri dati identificativi delle persone coinvolte sono stati omessi nella diffusione della sentenza.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.

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