Fauna urbana nel mirino: il piano di Regione Lombardia legittima l’uso delle armi nei centri abitati

Giugno 13, 2025 - 18:30
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Fauna urbana nel mirino: il piano di Regione Lombardia legittima l’uso delle armi nei centri abitati
caccia

Il piano regionale di controllo faunistico 2025-2029, approvato da Regione Lombardia, introduce misure straordinariamente permissive per l’abbattimento di piccioni e corvidi, estendendole anche alle aree urbane. Lndc Animal Protection denuncia il provvedimento come lesivo della sicurezza pubblica e contrario a ogni principio di etica e gestione ecologica della fauna

Con la Deliberazione XII/4451 del 26 maggio 2025, Regione Lombardia ha adottato un nuovo strumento di pianificazione faunistica che solleva interrogativi sostanziali sotto il profilo della sicurezza, della legittimità e della coerenza con i principi fondativi della gestione ambientale sostenibile.

Il Piano di Controllo Regionale del Piccione Domestico e dei Corvidi 2025–2029, formalmente concepito per contenere le popolazioni di specie sinantrope, si configura nella sostanza come una deregolamentazione dell’uso delle armi da fuoco, anche nei contesti urbani e periurbani.

Il dispositivo normativo approvato estende la possibilità di interventi armati su tutto il territorio lombardo, includendo aree agricole, istituti venatori, poli industriali e perfino centri urbani, senza alcuna limitazione temporale.

Tale estensione illimitata – tanto geografica quanto cronologica – suscita allarme per le potenziali conseguenze in termini di sicurezza pubblica e per l’assenza di un chiaro sistema di monitoraggio.

La retorica della tutela igienico-sanitaria e della salvaguardia della biodiversità rischia così di fungere da alibi normativo per una liberalizzazione incontrollata dell’attività venatoria travestita da controllo faunistico.

La denuncia: un modello regressivo e privo di fondamento scientifico

Lndc Animal Protection ha espresso ferma opposizione al provvedimento, evidenziando come esso sancisca una pericolosa inversione di rotta rispetto ai principi della gestione non cruenta e integrata della fauna urbana.

L’organizzazione sottolinea l’assenza di garanzie minime in merito alla tracciabilità degli interventi, alla qualificazione degli operatori, al rispetto del principio di proporzionalità e alla valutazione preventiva dell’efficacia reale delle misure adottate.

L’annuncio, da parte di Federcaccia Brescia, dell’attivazione di corsi per operatori armati destinati al controllo delle specie target, evidenzia come il nuovo piano stia già producendo effetti anticipatori in termini di militarizzazione della gestione faunistica.

In tale quadro, l’approccio ecologico basato su metodi alternativi – come sterilizzazione, dissuasione, rimozione delle fonti alimentari – viene sistematicamente escluso, relegato a soluzioni residuali nonostante l’ampio supporto scientifico che ne dimostra l’efficacia.

L’allarme sollevato dall’associazione è rafforzato da quanto accaduto il 2 giugno scorso nelle campagne del milanese. Alcune attiviste, impegnate nel soccorso di piccioni feriti da arma da fuoco, sarebbero state aggredite da un soggetto armato, il quale avrebbe continuato a sparare nonostante la presenza di civili.

Alla richiesta di interrompere l’azione, l’uomo avrebbe reagito con violenza, sostenendo di operare su autorizzazione comunale. Se tale affermazione fosse confermata, essa configurerebbe un uso improprio della delega istituzionale, con gravi ricadute su legalità e ordine pubblico.

Il rischio sistemico: una deriva normativa senza presidi

Il piano lombardo, così come concepito, rischia di generare un precedente giuridico altamente destabilizzante. In assenza di controlli indipendenti, di limiti operativi e di criteri oggettivi di attivazione, l’intervento armato viene autorizzato in modo talmente ampio da compromettere i presupposti minimi di legalità costituzionale e sicurezza collettiva.

In tale contesto, la possibilità di abusi e interventi arbitrari – mascherati da azioni di controllo – diventa tutt’altro che remota.

Lndc Animal Protection ha annunciato l’attivazione del proprio ufficio legale per valutare la percorribilità di un ricorso al Tar, contestando il provvedimento sotto il profilo dell’illegittimità amministrativa e della violazione dei principi costituzionali in materia ambientale, di tutela della salute pubblica e di gestione della fauna.

Un’alternativa possibile: etica e gestione sostenibile

La gestione faunistica urbana non può e non deve tradursi in una liberalizzazione delle armi nei centri abitati. L’alternativa – concreta, già sperimentata e fondata su basi scientifiche – esiste: si tratta di strategie non cruente basate su sterilizzazione controllata, dissuasori, gestione delle risorse alimentari e sensibilizzazione della cittadinanza.

Modelli di questo tipo hanno già dimostrato, in contesti nazionali e internazionali, un’efficacia superiore e un impatto nullo in termini di sicurezza.

Affidare la tutela della biodiversità urbana alle doppiette, al contrario, rappresenta una pericolosa regressione. L’interesse venatorio, per quanto storicamente radicato, non può prevalere sul principio costituzionale di protezione ambientale e sulla necessità di garantire la coesione civile nei contesti urbani.

Crediti immagine: Depositphotos

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