Germania. Il governo Merz espelle 81 criminali afgani

Lug 21, 2025 - 14:00
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Germania. Il governo Merz espelle 81 criminali afgani

di Giuseppe Gagliano

La decisione di Berlino di espellere 81 cittadini afghani condannati per reati gravi segna un cambio di passo che va ben oltre la gestione dell’immigrazione. Il governo guidato da Friedrich Merz ha voluto inviare un segnale politico forte, rivolto non solo ai cittadini tedeschi, ma anche alle cancellerie europee che osservano con attenzione il dibattito sempre più acceso sulla sicurezza e il controllo delle frontiere.
Gli espulsi, colpevoli di violenze sessuali, omicidi e traffico di droga, sono stati rimpatriati in Afghanistan nonostante l’assenza di relazioni diplomatiche ufficiali con il governo talebano. Per realizzare l’operazione Berlino ha attivato una triangolazione diplomatica con il Qatar, confermando ancora una volta come le questioni migratorie abbiano ormai assunto una dimensione geopolitica complessa, in cui la sicurezza nazionale si intreccia con i delicati equilibri internazionali.
Il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt ha dichiarato che «i criminali stranieri non hanno diritto a restare sul suolo tedesco». Una dichiarazione che ricalca la narrativa di un governo deciso a ripristinare l’ordine e a rispondere all’esasperazione di una parte consistente dell’opinione pubblica. Non è un caso che il cancelliere Merz punti ora a esportare questo “modello tedesco” anche in altri scenari, come la Siria, e a proporlo come base per un coordinamento europeo più stretto sulle espulsioni verso Paesi terzi.
Tuttavia, dietro questa scelta si intravede un preciso calcolo politico. La Germania vive un momento di frattura sociale sul tema dell’immigrazione: da un lato chi invoca apertura e rispetto dei diritti umani; dall’altro chi pretende fermezza e protezione. La mossa di Merz mira a consolidare la sua leadership tra gli elettori più sensibili al tema della sicurezza, in un’Europa dove il vento populista soffia forte e spinge molti governi verso politiche restrittive.
Il ritorno forzato di cittadini afghani pone inoltre interrogativi sulla gestione dei rapporti con Kabul. Berlino ha ribadito che l’intesa logistica non rappresenta una legittimazione del regime talebano, ma nei fatti la Germania è stata costretta ad attivare canali di comunicazione indiretti per garantire il successo dell’operazione. Una dinamica che conferma come la migrazione sia ormai terreno di negoziazione geopolitica: Qatar, Turchia e altri attori regionali si propongono come intermediari indispensabili tra l’Europa e Paesi difficili da gestire diplomaticamente.
Parallelamente alla decisione tedesca, si è svolto un incontro strategico a Berlino con cinque ministri dell’Interno europei. L’obiettivo: rafforzare la cooperazione per le espulsioni collettive. È un indizio di come la questione migratoria stia diventando il banco di prova per una nuova dottrina europea che coniuga sicurezza interna e politica estera.
Il rischio tuttavia è che la ricerca di consenso interno attraverso queste misure non risolva le radici del problema. Espellere 81 criminali può galvanizzare l’elettorato per qualche settimana, ma non affronta le fragilità sistemiche di un continente che fatica a bilanciare solidarietà e controllo.
L’operazione di Berlino rappresenta un tentativo di riaffermare l’autorità dello Stato e la centralità del diritto. Ma solleva anche dubbi: come reagiranno i talebani all’arrivo forzato di cittadini indesiderati? E quale sarà l’impatto sui flussi migratori in rotta verso l’Europa?
Friedrich Merz ha scelto la via della fermezza per riconquistare la fiducia dei tedeschi e proporre un nuovo paradigma europeo. Resta da vedere se questo approccio rafforzerà la stabilità o se diventerà l’ennesimo terreno di scontro tra sicurezza e diritti, tra pragmatismo e ideologia.

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