Giancarlo Caselli e gli insulti agli avvocati: la leggerezza dell’ex procuratore

A proposito della presenza degli avvocati nei consigli giudiziari e della lodevole iniziativa voluta dall’Ordine di Milano (di cui si è molto parlato in questi giorni), è intervenuto, da ultimo, il dott. Giancarlo Caselli con un editoriale pubblicato sul “Fatto Quotidiano”.
È difficile non rimanere profondamente offesi dal linguaggio e dalle argomentazioni del dott. Caselli, che, nonostante il suo lungo passato in magistratura, sembra aver perso il rispetto dei ruoli e, in particolare, il rispetto dovuto a una professione fondamentale nel sistema giudiziario: quella forense. Se davvero fosse da considerarsi uno dei magistrati più autorevoli nella storia del nostro Paese (come qualcuno si è affrettato a sostenere), una simile reputazione non appare coerente con un atteggiamento di completo disprezzo nei confronti della classe forense. Il linguaggio utilizzato dal dott. Caselli è carico di un pregiudizio che appare tanto chiaro quanto imbarazzante. Questo è un atteggiamento che non solo riduce la professione legale a un dibattito di carattere personale, ma riflette anche una mentalità inadeguata per chi ha ricoperto cariche di tale importanza.
È difficile credere che un magistrato di esperienza e prestigio possa considerare la classe forense una massa di incompetenti o, peggio ancora, di collusi con la criminalità. Tale linguaggio non fa altro che alimentare un clima di sfiducia e polarizzazione, allontanando ulteriormente la possibilità di un dialogo costruttivo tra le diverse professioni legali. Non è solo il linguaggio a destare preoccupazione. Le accuse rivolte agli avvocati si muovono su un terreno minato di generalizzazioni infondate. Caselli sembra dividere i legali in categorie che spaziano dai “consiglieri mafiosi” agli “avvocaticchi” in cerca di rivincite personali, fino a coloro che, accusando i giudici di mancanze, cercano di nascondere le proprie sconfitte. Questa tetra visione del mondo forense manca di qualsiasi fondamento e risulta offensiva per migliaia di professionisti che, ogni giorno, lavorano per garantire il rispetto della legge e dei diritti dei cittadini.
È ironico pensare che questo insieme di insulti possa provenire da qualcuno che, nella sua carriera, ha accumulato una serie di insuccessi. La carriera del dott. Caselli è segnata da un elenco di processi contro figure di spicco, come Andreotti, Mannino e Carnevale e Contrada (le cui violazioni di legge per un processo ingiusto sono costate all’Italia più di una condanna a livello internazionale) culminati in esiti negativi per l’accusa. La sua difficoltà ad ottenere risultati significativi in campo processuale per i casi più importanti naturalmente non gli nega il diritto di esprimere critiche, ma di certo non lo rende un’autorità idonea a giudicare le competenze degli avvocati. Di fronte a questa situazione, alcuni hanno ipotizzato di proporre una querela collettiva contro il dott. Caselli, ma credo che sarebbe preferibile ignorarlo. In un clima giuridico già difficile, è fondamentale rivendicare un concetto di giustizia che si fondi sul dialogo e sul rispetto reciproco tra le diverse figure professionali. L’insulto e l’illazione non possono sostituire il confronto costruttivo e il dibattito aperto.
In conclusione, mentre Caselli potrebbe continuare a lanciare strali e a costruire una narrazione negativa intorno alla professione forense, noi avvocati, come operatori del diritto, dobbiamo alzare la voce per promuovere un clima di collaborazione e comprensione. È attraverso il dialogo e non attraverso l’arroganza e la divisione che possiamo aspirare a una giustizia veramente equa. Ignorare le provocazioni di chi non contribuisce in modo costruttivo al dibattito non è solo un atto di saggezza, ma anche una scelta necessaria per il rafforzamento di un sistema giuridico che ha bisogno di tutto il sostegno e la comprensione che merita. Il Dott. Caselli può essere perdonato solo se ci dimentichiamo quel che ha scritto.
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