“Giustizia e Pace” e “Maman Congo”: segni di speranza a Bukavu
Testimonianza di speranza dal martoriato Sud Kivu. “Vogliamo che la voce degli abitanti dell’est della Repubblica Democratica del Congo si faccia sentire nelle trattative di pace”, dice all’agenzia missionaria vaticana Fides l’avvocato Néné Bintu Iragi. Presidente della Società Civile del Sud-Kivu. Coordinatrice del collettivo “Maman Congo” che riunisce le donne sfollate. Membro della Commissione diocesana “Giustizia e Pace” di Bukavu.
E’ attesa un’intesa definitiva ma al momento si registrano degli intoppi. Sulla situazione nel Nord e Sud Kivu e sulle prospettive della pace spiega Néné Bintu Iragi: ” Quando i ribelli sono entrati a Bukavu mi trovavo a Dar es- Salaam (Tanzania) per un incontro sul processo di pace avviato a Nairobi e Luanda. Ero lì come portavoce della popolazione del Sud Kivu per affermare che questa credeva ancora al percorso di pace avviato in precedenza. Purtroppo le cose sono andate diversamente. Già prima della mia partenza per la Tanzania erano apparsi sui social media dei messaggi di minaccia contro gli esponenti della società civile locale”. Poi, prosegue la giurista, “lungo il mio viaggio di ritorno in patria, mentre mi trovavo a Bujumbura, in Burundi, ho appreso della caduta di Bukavu. Non potevo rientrarvi perché nel corso dell’assalto dell’M23 le prigioni di Bukavu sono state svuotate dei loro carcerati. Tra questi vi sono delle persone che nel mio lavoro di avvocato difensore della popolazione avevo contribuito a far condannare. Si tratta di banditi pericolosi che taglieggiavano i viaggiatori lungo le strade nazionali spesso uccidendoli”.

Speranza di pace
Aggiunge Néné Bintu Iragi: “La nostra speranza di pace è basata sulla risoluzione 2773 adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu il 21 febbraio 2025 che chiede la cessazione dell’ostilità, il ritiro immediato dell’esercito ruandese e dell’M23 e la protezione dei civili.
Il processo di pace avviato dal presidente statunitense Donald Trump parla di tutto tranne che delle vittime congolesi. Inoltre nella firma dell’accordo il 27 giugno a Washington non sono stati coinvolti né il Senato né l’Assemblea Nazionale. Eravamo disposti ad accettare tutto questo pur di avere la pace, ma lo stesso giorno della firma le uccisioni dei civili sono continuate impunemente a 15 km da Bukavu”. Per quanto riguarda l’altro mediatore, “il Qatar ha investimenti sia nella Repubblica Democratica del Congo sia in Ruanda In particolare la raffineria d’oro ruandese che utilizza il minerale saccheggiato in Congo è stata costruita con finanziamenti qatariani cosi come la compagnia aerea ruandese è nelle mani di Doha. Quindi “il Qatar non è un mediatore neutrale perché ha degli interessi da tutelare in entrambi i Paesi. Vogliamo un accordo inclusivo che prenda in considerazione la popolazione congolese ma anche tutte le altre parti coinvolte nel conflitto nell’est della Repubblica Democratica del Congo compresi Burundi e Uganda”.
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