Da oltre 2 miliardi a neanche 800 milioni: il Mase taglia drasticamente i fondi Pnrr per le Cer

Una specie di terremoto sta scuotendo utenti, operatori del settore e non solo, dopo che con un post su Linkedin il presidente del Gse, Paolo Arrigoni, ha rilanciato il comunicato del Mase di venerdì 21 novembre che annunciava la rimodulazione della dotazione finanziaria per le Cer, passata da 2,2 miliardi di euro a 795,5 milioni.
Ma cosa sta succedendo? Come ha ricostruito il sito specializzato Punto CER, il settore delle Comunità energetiche rinnovabili subisce un taglio drastico dei fondi: da 2,2 miliardi a 795,5 milioni (-64%). Questo ridimensionamento mette in crisi le aziende che avevano investito in personale, formazione e strutture dedicate alle Cer sulla base delle politiche pubbliche.
Giovanni Montagnani, presidente Cer Vergante Rinnovabile, spiega: «Il Pnrr doveva finanziare la transizione. Oggi sta creando debiti alle imprese e pericoli per gli operai, bloccato da un software che non c'è e da comunicazioni via social. Ecco il cortocircuito in tre punti: 1) Il paradosso dei pagamenti: Ci sono pratiche di febbraio approvate, con contratto firmato. Tutto in regola, ma i soldi non arrivano. Il motivo tecnico? Non esiste ancora il portale per erogarli. Siamo ostaggi di un codice informatico che non c'è. 2) La gestione via social: A 10 giorni dalla scadenza del bando (30 novembre), non esce un decreto, ma un post su LinkedIn del Presidente del GSE che annuncia il taglio di 2/3 dei fondi. Le regole cambiano a partita finita, bruciando i business plan di migliaia di aziende. 3) I rischi per i lavoratori aumentano: La scadenza per i lavori resta ferrea: giugno. I mesi persi da loro per valutare le pratiche (siamo fermi a quelle di luglio) diventano tempo sottratto ai cantieri. Per stare nei tempi, gli installatori dovranno correre. E questo non è mai un bene per le condizioni e la sicurezza di chi lavora».
Vittorio Marletto, Energia per l’Italia, evidenzia così il cuore della vicenda: «Il taglio dei fondi Pnrr alle Comunità energetiche rinnovabili è un passo indietro che rischia di indebolire uno dei pilastri più promettenti della transizione energetica italiana. Le Cer non sono solo impianti: sono un motore economico che crea lavoro, innovazione e valore nei territori, ma soprattutto un modello che mette i cittadini al centro, trasformandoli in protagonisti attivi del cambiamento energetico. Ridurre oggi le risorse significa frenare investimenti, rallentare progetti già avviati e minare la fiducia di imprese e comunità che hanno creduto in questo percorso. Chiediamo al governo stabilità e continuità: la transizione non può essere costruita a colpi di continue inversioni di percorso».
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