Indie Soul – Episodio #22

Lo sappiamo, le vacanze sono dietro l’angolo ma la passione per i giochi indie non si spegne mai in casa GameSoul: ecco quindi arrivare un nuovo episodio di Indie Soul, la rubrica di GameSoul.it dedicata ai titoli indipendenti, che ogni volta ci offre diverse proposte tutte da scoprire. Dopo aver viaggiato per mondi fantastici e contesti onirici nell’ultima puntata, oggi si fa un po’ più sul serio, con in coda un tocco delicato.
Si comincia con il frizzante Pipistrello and the Cursed Yoyo, che si presenta come primo titolo “yoyovania”… sarà in grado di dar vita a un nuovo genere? Si prosegue poi con il feroce e affascinante Dragon is Dead , action platform 2D che offre al giocatore tanti approcci al combattimento. Infine chiudiamo con un’esperienza che qualcuno potrebbe trovare autobiografica e altri riflessiva, ovvero la delicata storia di Until Then.
Vi ricordiamo che questi giochi sono disponibili solo in digitale, ma che da gamelife potete acquistare credito per PlayStation Store, Nintendo eShop, Microsoft Store e Steam, in negozio e online.
Ora è tempo di scoprire questo terzetto di indie, con il ventiduesimo appuntamento di Indie Soul!
Pipistrello and the Cursed YoYo è una ventata di aria nostalgica: un tributo alla magnifica era del Game Boy Advance, con uno stile di gioco simile ai vecchi Zelda, ma condita da una spiccata ironia moderna.
Il gioco ha come protagonista Pippit Pipistrello, il nipote un po’ svogliato della più grande magnate dell’energia della città. Grazie alle ricchezze della zia, il nostro giovane scapestrato può godersi la vita dedicandosi alla sua grande passione: lo yoyo! Tutto però cambia quando un gruppo di imprenditori locali decide di ribellarsi al monopolio della famiglia Pipistrello e, fatta irruzione nella residenza della zia, intrappola la sua anima in quattro mega-batterie… e nello yoyo di Pippit!
Per poter continuare la sua vita da fannullone, Pippit è costretto ad aiutare la zia a recuperare il suo corpo. Bisogna dire che la zia fa la sua grossa parte: essendo stata inglobata nello yoyo, è anche in grado di conferirgli alcune abilità molto particolari. Inizialmente potrete pensare che lo yoyo non sia altro che una banale a distanza, un po’ più carina perché in grado di rimbalzare sulle superfici, ma esplorando la mappa si sbloccheranno nuovi modi per utilizzare questo incredibile oggetto e i livelli si riempiranno di puzzle sempre più complessi.
Si potrà lanciare lo yoyo come se fosse un frisbee, utilizzarlo per correre sull’acqua o addirittura sulle pareti. Ma sbloccare nuovi utilizzi dello yoyo non è tutto: nella mappa si nascondono anche dei fuggitivi della famiglia Pipistrello, che aiuteranno Pippit nella sua impresa dandogli supporto al rifugio segreto. Ingegneri, economisti, scienziati, ce n’è di tutte le salse. La mia preferita è la cugina, che proporrà a Pippit dei contratti: per ottenere i potenziamenti, il giocatore entrerà in debito con questo personaggio e finché non avrà ripagato il debito (metà dei soldi guadagnati durante l’esplorazione andranno automaticamente adibiti a questa funzione) dovrà sopportare un malus. Per ottenere dei potenziamenti si dovrà quindi girare con una vita in meno, o con dello spazio in meno per l’equipaggiamento: insomma, bisognerà lavorare duro!
Chi è preoccupato che il sistema sia troppo difficile, può però stare tranquillo: Pipistrello and the Cursed Yoyo ha una sezione “difficoltà” molto peculiare. In questa sezione è possibile aggiustare svariati parametri: dalla salute a disposizione, ai danni subiti dal personaggio e dai nemici, ai soldi persi ad ogni sconfitta. Decidete voi dove avete bisogno di una mano o dove invece volete aumentare la sfida e settate la vostra avventura su misura.
I punti di forza di Pipistrello and the Cursed Yoyo sono numerosi: un sistema di gioco vario e divertente, puzzle complessi e soddisfacenti, ma soprattutto personaggi divertenti e ambientazioni molto diverse dal solito. Basta con i cupi castelli e i boss demoniaci, girate tra le strade di una metropoli ricca di cittadini strambi e affrontate i magnati dell’industria dei fast food e dell’intrattenimento! Scoprite la dura vita di chi lavora per le grandi imprese e fate la fila per rinnovare i vostri documenti! Anche le città possono essere spaventose… per fortuna gli sviluppatori (Pocket Trap) ce lo mostrano sempre in modo molto ironico.
Insomma, se volete un metroivania diverso, ma allo stesso tempo classico, divertente e dal grado di sfida liberamente aggiustabile, non perdetevi Pipistrello and the Cursed Yoyo. Il 98% degli utenti Steam non se n’è pentito! Lo trovate su Steam, Nintendo Switch, PlayStation e Xbox.
A cura di Giada Mattiolo
Dragon Is Dead, sviluppato da TeamSunset e pubblicato da PM Studios, inc., è un interessante ibrido tra un hack-and-slash frenetico, un platformer d’azione e un roguelite con elementi RPG stratificati. Pubblicato il 6 giugno 2025 (dopo un periodo di accesso anticipato iniziato il 7 giugno 2024), il gioco promette un’esperienza di combattimento intensa, arricchita da un sistema di progressione che invita alla sperimentazione, il tutto avvolto in una suggestiva e curatissima estetica pixel art. Ma quanto riesce a bilanciare tanto ambiziose e in che misura sa distinguersi in un panorama videoludico sempre più affollato di titoli ibridi?
Il prologo di Dragon Is Dead ci catapulta in un mondo sull’orlo del baratro, dove una catastrofe di proporzioni cosmiche ha sconvolto l’ordine naturale. Il leggendario Drago Nero Guernian, un tempo forza indomita capace di sfidare gli dèi stessi, è caduto. La sua morte, tuttavia, non ha portato liberazione, bensì una piaga insidiosa: dalla frattura dimensionale da cui è fuggito prima di esalare l’ultimo respiro, un’energia profana nota come la Corruzione si è diffusa implacabile, mutando e distorcendo ogni forma di vita e paesaggio che incontra sul suo cammino. In questo scenario di desolazione, noi assumiamo il ruolo di un “Successore”, un guerriero immortale scelto e benedetto dagli dèi della Luce, del Fuoco e dell’Acqua, investito del compito di indagare sulla vera natura della morte di Guernian e, in ultima analisi, purificare il mondo da questa crescente distorsione.
Ogni caduta in battaglia non segna una fine, bensì un nuovo inizio: si ritorna a Cliffshire, la nostra base operativa, ma con l’esperienza, l’equipaggiamento forgiato e il potere delle rune accumulate che permangono, alimentando il ciclo intrinseco del roguelite fatto di morte, rinascita e progressiva acquisizione di forza, per imparare dagli errori e perfezionare la propria strategia ad ogni nuova run.
Il sistema di combattimento si presenta come un platformer d’azione 2D dinamico, dove la padronanza delle schivate precise e l’attenta memorizzazione dei pattern di attacco dei nemici sono cruciali per la sopravvivenza e il successo. Ogni personaggio giocabile, inizialmente la Spellblade ma con la possibilità di sbloccare e scegliere tra il Berserker e l’Hunter, offre stili di gioco molto differenti, ciascuno con il proprio set di mosse, abilità e strategie ottimali. Tuttavia, il design dei livelli standard, al di fuori degli scontri con i boss, può risultare ripetitivo: le aree, pur apparendo vaste sulla mappa di gioco, tendono a essere simili tra loro, il che può rendere la progressione un po’ monotona tra un boss e l’altro. L’attacco base, pur essendo estremamente facile da eseguire, può alla lunga risultare noioso durante periodi prolungati di gioco, soprattutto quando non si hanno abilità speciali o sinergie attive che lo rendano più vario o potente. Questa semplicità iniziale, se non compensata da un rapido sviluppo delle abilità, può portare a una certa fatica nel continuare, ed è proprio qui che in parte intervengono in combo la progressione e il loot.
Questi aspetti sottolineano infatti la forza e la natura distintiva di Dragon Is Dead, mescolando in modo intelligente la gratificazione immediata del roguelite con la progressione persistente e avvincente tipica di un ARPG alla Diablo. A differenza di molti roguelike tradizionali, qui l’equipaggiamento, le rune e le gemme accumulate durante le run non vengono persi alla morte del personaggio, dando un costante senso di avanzamento.
Ogni personaggio giocabile possiede un proprio albero abilità predeterminato e unico, e queste ultime sono suddivise in cinque categorie distinte: Basic, Core, Assistant, Mastery e Ultimate, con le prime due che costituiscono le solide fondamenta su cui verranno costruite le build più efficaci. La sinergia tra equipaggiamento e abilità rischia, d’altro canto, di banalizzare le fasi iniziali di ogni nuova run, sul lungo periodo, poiché una volta che il nostro personaggio è “overpowered” la sfida va pian piano ad assottigliarsi fino a non sentirsi più.
Uno dei punti di forza più lampanti e innegabili di Dragon Is Dead è la dettagliatissima pixel art: lo stile visivo è subito riconoscibile e potrebbe richiamare titoli come Blasphemous, per le sue tinte “acquerellate” e l’estetica macabra e barocca che permea ogni scena, ma anche Castlevania per l’eleganza e la cura maniacale dei dettagli che richiamano i classici del passato. I personaggi sono animati in modo incredibilmente fluido e realistici, ogni movimento è reso con precisione, e gli sfondi sono lussureggianti e ricchi di particolari, contribuendo a creare un’atmosfera immersiva e profondamente suggestiva, quasi pittorica.
Dragon Is Dead è, in conclusione, un titolo dal grande potenziale, che spicca per i suoi punti di forza distintivi: la pixel art è un piacere per gli occhi, mentre il sistema di combattimento è gratificante e reattivo, con una progressione tra roguelite e ARPG ben implementata. Tuttavia, il gioco fatica a mantenere la sua freschezza a lungo termine a causa della ripetitività dei livelli procedurali e una narrazione che, pur interessante, non riesce a catturare pienamente. Nonostante solide basi nel combattimento e nel loot, non sempre implementa meccaniche che sfruttino in modo ottimale la ripetitività roguelite, rischiando di apparire come un’altra voce in un lungo elenco, pur con spunti originali. Merita in ogni caso attenzione, specialmente se si è disposti a sorvolare su carenze nella varietà a lungo termine e nella profondità narrativa.
Potete acquistare Dragon Is Dead su Steam.
A cura di Alessandra Borgonovo
Era da tempo che volevamo mettere le mani su questa avventura narrativa indie, uscita circa un anno fa su PC e PlayStation, raccogliendo il consenso unanime di critica e pubblico; così abbiamo approfittato dell’uscita su Nintendo Switch per poterne parlare, ma soprattutto per poter vivere un’intensa avventura.
Ambientato in un mondo colpito da poco da una catastrofe, Until Then racconta le vicissitudini di Mark, adolescente (sfaticato) che frequenta le scuole superiori, la cui vita verrà sconvolta da un incontro capace di generare una serie di eventi a catena che trasformeranno una tipica visual novel adolescenziale, in qualcosa di più profondo, ma anche oscuro se vogliamo.
Non intendiamo approfondire ulteriormente l’aspetto narrativo, visto che si tratta del fulcro di questo gioco, ma bisogna sottolineare quanto Until Then dietro un aspetto spensierato, quasi “chill”, sia capace di affrontare temi come la perdita, l’amicizia e l’amore, in maniera piuttosto profonda, nonché toccante.
Basterebbero le poche parole introduttive a far capire che c’è qualcosa di più, a spingerci a scoprire quello che è successo, ma Unti Then è capace di prendere per mano il videogiocatore e portarlo avanti fino alla fine senza che ci sia mai un momento di noia.
È facile nelle visual novel, basate fondamentalmente su testi e dialoghi, che questi a volte diventino pesanti e facciano perdere quella verve che non deve mai mancare in un videogioco. Sarà probabilmente anche merito degli “escamotage” narrativi usati, ma nemmeno durante i dialoghi più banali ci è venuta la tentazione di “skippare”, cosa tra l’altro non consentita.
Quando parliamo di escamotage, ci riferiamo al modo in cui questa storia viene narrata, ovvero anche attraverso l’utilizzo di strumenti come lo smartphone e di conseguenza chat con gli amici, social network con cui potremo interagire, email, etc.
È un modo sia rendere più “movimentati” ed interattivi i tanti dialoghi e la narrazione in generale, sia per farci immergere in prima persona nei panni di Mark, nella sua quotidianità. A rendere più immersiva e varia la narrazione ci pensano poi i tanti minigiochi che ci accompagneranno nell’avventura: nulla di così sensazionale, ma servono a spezzare ancor di più le fasi di dialogo, e soprattutto su Nintendo Switch diventano sicuramente più fruibili grazie all’utilizzo del touchscreen.
L’avventura è a dir poco scorrevole, non ci saranno fasi in cui non saprete cosa fare o dove andare, ma ciò non vuol dire che sarà meno interessante. Potrete interagire con determinati punti dell’ambiente e, durante i dialoghi o le interazioni con lo smartphone, decidere cosa dire o cosa fare, andando in qualche modo a condizionare il resto dell’avventura, nonché il finale.
Un aspetto di cui non vi abbiamo ancora parlato, è quello artistico: Until Then fa un’utilizzo encomiabile della pixel-art, non fermandosi ad uno statico 2D, ma facendo in modo che gli ambienti, le persone ed in generale il mondo circostante si muova come se si fosse in un contesto tridimensionale. Parliamo di finto 3D, ma che suscita una sensazione di profondità degli ambienti impareggiabile, coadiuvato da un sapiente utilizzo delle luci, anch’esse capaci di sembrare “vive”.
L’unico modo per capire di cosa parliamo è giocarci, perché anche nelle fasi di stand-by la sensazione è quella di un ambiente vivente, mai statico. Anche in quest’ottica, Switch si dimostra una fantastica alleata per Until Then, permettendo di godersi l’avventura anche un po’ alla volta. Potrete mettere la console in modalità riposo per riaccenderla e riprendere a giocare in un attimo, ma potrete anche lasciare il gioco in uno stand-by attivo e di tanto in tanto interagire, procedere con l’avventura, senza però interrompere mai il filo narrativo, senza spegnere quel mondo, accompagnati anche da una splendida controparte sonora.
Ogni scena è viva anche sotto l’aspetto sonoro: che si tratti di un brusio di fondo dell’ambiente scolastico, dei motorini che passano mentre siamo in camera, o degli animali che popolano le vie della città, ci sarà sempre un accompagnamento audio. Sarà poi nei momenti clou che subentreranno una serie di musiche sempre azzeccate e capaci di enfatizzare i dialoghi e le situazioni narrative, andando a completare un comparto artistico che accompagna egregiamente una trama ben scritta ed articolata.
Se siete amanti delle avventure in generale, non potete assolutamente lasciarvi scappare questa perla indie, portatela in vacanza con voi, e godetevela nei momenti di pace, di ferie. Se siete adolescenti vi aiuterà a riflettere su temi a voi familiari, se invece avete superato questa fase della vita da un pezzo, beh, sarà altrettanto costruttiva e capace di riaprire spiragli nascosti, belli o brutti che siano, ma comunque intensi.
Until Then è disponibile su Steam, PlayStation ma anche su Nintendo Switch: attenzione, al momento in cui vi scriviamo, dobbiamo segnalare alcuni crash (anche critici) su Switch 2, su cui gli sviluppatori stanno lavorando.
A cura di Pasquale Lello
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