Islanda. Negoziati con l’Ue per la parnership di difesa e sicurezza
di Giuseppe Gagliano –
Ursula von der Leyen ha nnunciato l’avvio dei negoziati tra l’Unione Europea e l’Islanda per un partenariato in materia di sicurezza e difesa, cosa che rappresenta un passo strategico in un contesto geopolitico sempre più complesso. Reykjavik, unico Paese NATO senza esercito, si trova oggi al centro di un delicato equilibrio tra l’Atlantico e l’Europa continentale, mentre gli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, spingono per un maggiore impegno militare dei partner nordici.
Il primo ministro islandese, Kristrun Frostadottir, ha definito l’accordo con Bruxelles come “vitale per proteggere le infrastrutture critiche e rafforzare la capacità di risposta alle minacce ibride”. La cooperazione con l’UE consentirà all’Islanda di accedere al progetto SAFE, che destina 150 miliardi di euro annui alla sicurezza e alla difesa europea. Un salto di qualità per un Paese che, pur non avendo forze armate permanenti, occupa una posizione strategica nel Nord Atlantico.
L’Islanda è da sempre un tassello fondamentale della NATO per il controllo del corridoio artico. Washington ha storicamente garantito la difesa del Paese attraverso accordi bilaterali, ma la nuova linea di Trump, con la richiesta di aumentare la spesa militare e le minacce di annettere la vicina Groenlandia, sta spingendo Reykjavik a diversificare le proprie alleanze.
Il ministro degli Esteri Þorgerour Katrin Gunnarsdottir ha sottolineato che il partenariato con l’UE non comprometterà gli impegni NATO, ma rappresenta un tentativo di bilanciare le pressioni americane. La strategia è chiara: rafforzare i legami con Bruxelles per non essere troppo dipendenti dalle mutevoli priorità della politica estera statunitense.
Il contesto dei negoziati di sicurezza si intreccia con un’altra questione cruciale: la possibile adesione dell’Islanda all’Unione Europea. Dopo anni di ambivalenza, un sondaggio recente mostra un aumento del sostegno popolare all’ingresso nell’UE, con il 54% favorevole. Frostadottir ha promesso un referendum entro il 2027 per decidere se riprendere i colloqui di adesione interrotti nel 2013.
La prospettiva di adottare l’euro e rafforzare l’integrazione economica è vista da molti come una garanzia di stabilità, soprattutto di fronte alle tensioni commerciali tra Washington e Bruxelles. Tuttavia, restano nodi sensibili come la pesca, l’agricoltura e la gestione delle risorse energetiche.
L’interesse dell’UE verso l’Islanda va oltre la politica economica. La sua posizione geografica è fondamentale per il controllo del Nord Atlantico, una rotta strategica per la proiezione militare e commerciale. In un’epoca di conflitti ibridi, la protezione delle infrastrutture critiche e delle comunicazioni sottomarine diventa una priorità condivisa.
Bruxelles mira a integrare l’Islanda nei meccanismi europei di difesa per ridurre la dipendenza collettiva dall’ombrello americano. Per Reykjavik, si tratta di una mossa pragmatica per affrontare le nuove minacce informatiche e ibride, pur evitando di costituire un esercito permanente.
Le mosse di Trump sulla Groenlandia, con minacce di annessione, aggiungono un elemento di incertezza per Reykjavik. La premier islandese ha avvertito che il Paese non deve scegliere l’adesione all’UE “per paura”, ma piuttosto per un calcolo strategico a lungo termine.
Il futuro dell’Islanda dipenderà dalla capacità di mantenere l’equilibrio tra l’ancoraggio all’Occidente atlantico e la progressiva integrazione europea. Se l’accordo di sicurezza con Bruxelles sarà un successo, potrebbe rappresentare il preludio a un ritorno dell’Islanda al tavolo dei negoziati di adesione all’UE.
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