Loro Piana in amministrazione giudiziaria, caporalato tra i fornitori cinesi del brand “made in Italy” del cashmere

Dopo i casi di Armani Operations, Manufactures Dior, Valentino Bags e Alviero Martini, tocca ad un altro gigante della moda “made in Italy” finire in amministrazione giudiziaria.
Il Tribunale di Milano ha infatti sottoposto alla misura di amministrazione giudiziaria per un anno Loro Piana, brand vercellese dell’alta moda specializzato nei prodotti in cashmere, con l’80 per cento del marchio finito nel 2013 nelle mani della Lvmh-Moet Hennessy Louis Vuitton della famiglia Arnault per due miliardi di euro, col “patriarca” Bernard stabilmente al quarto posto tra i “paperoni” del pianeta.
La società, pur non formalmente indagata e presieduta attualmente dal figlio di Bernard Arnault (per il 20% è ancora della famiglia Piana e vede alla vicepresidenza Pier Luigi Piana, ndr), è accusata dai giudici della Sezione misure di prevenzione di aver “colposamente agevolato” un sistema di “sfruttamento lavorativo” di operai cinesi che tra società appaltatrici e subappaltatrici lavoravano in opifici chiusi in più operazioni dei carabinieri del NIL dove veniva prodotto la merce a marchio Loro Piana.
In particolare l’azienda, che conta su 2300 dipendenti e un fatturato di 1,3 miliardi di euro, avrebbe affidato parte della produzione delle giacche in via diretta alla Evergreen Fashion Group srl. Quest’ultima, non avendo alcun reparto produttivo, subappaltava la produzione alla Sor-Man snc di Nova Milanese, che a sua volta scaricava la produzione dei capi di abbigliamento agli cinesi Clover Moda srl (a Baranzate) e Dai Meiying (a Senago). È qui che venivano impiegati operai asiatici “a nero”, spesso in condizione di clandestinità e costretti a lavorare in ambienti pericolosi, dormendo in alloggi abusivi e venendo sottoposti a carici di lavoro che comportavano turni notturni e nei festivi ben superiori a quelli contrattualmente previsti.
Un meccanismo studiato per ottenere un risultato ben chiaro: l’abbattimento dei costi e la massimizzazione dei profitti, che per i giudici della Sezione misure preventive “è stato perpetrato nel tempo in modo strutturale e colposamente alimentato dalla Loro Piana spa, che non ha verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici e sub-appaltatrici alle quali affidare la produzione, e negli anni non ha eseguito efficaci ispezioni o audit per appurare in concreto l’operatività della catena produttiva e le effettive condizioni lavorative”, ma soltanto controlli che “appaiono più formali che sostanziali”.
Un esempio a tal proposito lo fornisce il contitolare della Evergreen Fashion Group srl ai carabinieri: “Con la Loro Piana il costo pattuito era 118/128 euro a giacca. Io alle società cinesi pagavo 80 euro al pezzo se non facevano il taglio, 86 con il taglio, poi in base alle altre lavorazioni il prezzo poteva oscillare di 5 o 10 euro”, salvo poi finire in commercio a prezzi che variavano tra i mille e i 3mila euro.
I giudici hanno nominato la professionista padovana Micaela Cecca come amministratore giudiziario fissando per il 13 novembre la prima udienza per discutere del piano di risanamento aziendale e organizzativo. Negli ultimi anni Loro Piana era stata anche al centro di un’inchiesta giornalistica di Bloomberg che aveva raccontato le pratiche poco etiche dietro il reperimento dei suoi filati più pregiati in Perù: secondo il giornale l’azienda sfrutterebbe lavoratori peruviani e la cattività della vigogna delle Ande, un animale selvatico simile all’alpaca ma con un mantello più morbido e pregiato.
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