Nei ristoranti americani le porzioni si sono ridotte ed è tornata la carne

Agosto 19, 2025 - 10:00
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Nei ristoranti americani le porzioni si sono ridotte ed è tornata la carne

Al ristorante Tucci di NoHo, zona cool di New York City, le porzioni ridotte sono sempre più apprezzate e decisamente non povere, né di gusto né sullo scontrino: una sola arancina con caviale a 12 dollari (invece di tre a 34 dollari) o una singola polpetta a 10 dollari (contro tre da 27 dollari). Stessa cosa al Clinton Hall, che propone il “Teeny‑Weeny Mini Meal”, con hamburger in versione mignon e mini‐beer/margarita/vino: una curiosa via di mezzo tra sapore intenso e proporzioni ridotte. Ma anche tanti altri locali di lusso offrono bocconi gourmet singoli o piatti à la carte pensati per chi consuma poco. E il trend non sembra essere solo appannaggio della città più trendy del mondo. A Londra, alcuni ristoranti di tono stanno offrendo skinny‑slice puddings (dolci in mezza porzione) o bistecche da 200 grammi in alternativa alle classiche da 350 grammi. Il ristorante di lusso Otto’s ha creato un menu da 350 sterline in sei portate, ciascuna estremamente raffinata e a porzione ridotta: caviale, foie gras, pollo di Bresse, dolci sofisticati, pensati per clienti che desiderano lusso ma in quantità contenute.

È l’effetto del caro prezzi? Non solo, evidentemente, come osserva il New York Times. È una risposta di marketing e comunicazione all’effetto Ozempic, Mounjaro o Wegovy, i farmaci GLP‑1 che riducono significativamente l’appetito. Secondo Bar & Restaurant News, circa il sei per cento della popolazione adulta americana li utilizza e i ristoranti si stanno adeguando alla nuova clientela sempre altospendente ma meno altomangiante, proponendo mezze porzioni, piatti personalizzabili nelle dimensioni e nelle dosi e menu personalizzati per non perdere questo target, nuovo ma significativo.

I pazienti in cura con questi medicinali hanno un nuovo rapporto con il cibo e non vogliono cedere alle diete che impongono piatti salutari o poveri: sono naturalmente portati a mangiare meno, ma vogliono che quel poco sia comunque buono, gustoso, appagante. I ristoratori colgono l’opportunità di limitare il food cost, dando in cambio una sensazione di guilty pleasure al palato e alla vista.

Anche perché non potrebbero fare diversamente. Un sondaggio di Morgan Stanley segnala che 63 per cento degli utenti di GLP‑1 spende meno in ristorazione e consegne a domicilio: a causa del calo dell’appetito e del consumo di alcol di questi che erano in passato grandi clienti, alcuni ristoranti stanno introducendo porzioni ridotte di vino e cocktail “charger per mantenere i loro margini di guadagno. E andrà sempre più in questa direzione: vista la previsione di aumento dell’uso di questo tipo di farmaci, che quando diventerà generico e quindi molto più economico sarà sempre più diffuso.

E se alcuni ristoranti diminuiscono le porzioni, altri che avevano fatto scelte di benessere ritornano sui propri passi, dimostrando quando sia sempre il mercato a comandare le scelte, soprattutto quelle di lungo periodo. La presa di coscienza di un mondo troppo carnivoro da parte di uno degli chef tre stelle più acclamati al mondo, Daniel Humm del mitico Eleven Madison Park di New York, aveva stupito molti: lo chef dopo il Covid aveva deciso di preparare solo piatti veg, e la critica per qualche anno l’ha premiato. Qualche giorno fa, il ritorno sui propri passi: si vende meno vino, coi piatti di verdure, si fanno meno eventi aziendali, se non ci sono carne e pesce nel menu. E per tenere in piedi un ristorante, queste due voci sono determinanti. Quando i conti devono quadrare e il ristorante nasce per fare business, non si fanno sconti a nessuno, nemmeno ai buoni propositi e alla sostenibilità.

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Redazione Redazione Eventi e News