Nel dramma di Gaza anche il più grande massacro di giornalisti della storia

Lug 28, 2025 - 23:00
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Nel dramma di Gaza anche il più grande massacro di giornalisti della storia

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Sin dall’antichità è noto quanto sia difficile, se non impossibile, il rapporto tra comunicazione di guerra e libera informazione: a maggior ragione oggi, in situazioni di conflitto come a Gaza, dove si sta consumando il più grande massacro di giornalisti della storia. Focus a cura di Fabio Ascenzi.


Già nel V secolo a.C. fu Eschilo, il padre della tragedia greca, a dire che «in guerra la verità è la prima a morire». Dunque, il ruolo dei cronisti presenti fisicamente sullo scenario di un conflitto risulta fondamentale per avere notizie quanto più possibile depurate dalla propaganda dei belligeranti.

Non è un tema trascurabile, perché uccidere un giornalista significa anche uccidere un pezzo di quella verità evocata da Eschilo. E da qui originano pure le numerose difficoltà di conoscere cosa stia accadendo in questi mesi in Palestina e Cisgiordania.

Ma sarebbe irrispettoso affrontare questo aspetto specifico senza prima contestualizzarlo con le atrocità che sta subendo tutta la popolazione civile palestinese.

I numeri delle atrocità in corso a Gaza

Abbiamo le orecchie piene dalle diverse opinioni sulla proporzionalità o meno della reazione militare scatenata da Israele dopo gli attacchi terroristici subiti da Hamas il 7 ottobre 2023.

Quell’orripilante azione va condannata, senza se e senza ma, non dimenticando mai che essa stessa ha provocato la morte di circa 1.200 persone (di cui 800 civili) e la presa in ostaggio di oltre 250 persone.

Eppoi c’è la reazione pianificata dal Governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu. Pur nella difficoltà di reperire cifre ufficiali, risulterebbe che solo nei territori della Striscia ci siano stati, da allora, circa 60 mila morti e oltre 130 mila feriti.

L’Unicef ha calcolato, dramma nel dramma, che più di 50 mila bambini sono stati uccisi o feriti. Dati confermati anche da altre fonti, che riferiscono di oltre 15 mila minori uccisi e 34 mila feriti dall’inizio della guerra. Tra questi, quasi 900 neonati e oltre 4 mila sotto i 5 anni. Inoltre, si conterebbero circa 20 mila bambini rimasti orfani.

Una vergogna indelebile per chi sta compiendo questi crimini, ma che rende complici anche tutti quanti continuano a voltarsi dall’altra parte, nascondendosi dietro argomenti che non possono più trovare giustificazioni neppure nelle ciniche e ipocrite elucubrazioni di carattere geopolitico.

Il più grande massacro di giornalisti della storia

In questo contesto affiora anche il tema dell’informazione. Secondo Reporter senza Frontiere la Palestina è attualmente lo Stato più pericoloso al mondo per giornalisti e operatori dei media.

Analizzando diverse fonti ne risulterebbero oltre 200 uccisi nei primi 18 mesi del conflitto, almeno 42 dei quali durante l’esercizio delle loro funzioni. A questi si vanno poi a sommare più di 400 feriti e una cinquantina detenuti nelle carceri israeliane.

Considerato che l’esercito israeliano impedisce ai giornalisti stranieri l’accesso ai luoghi delle ostilità, nella maggior parte dei casi si tratta di operatori locali, spesso privi di protezione o supporto da parte di organizzazioni internazionali.

Un massacro che è parte integrante dell’orrore che si sta consumando nella Striscia, senza precedenti nella storia del giornalismo moderno e nella totale violazione del diritto internazionale ed umanitario.

Alcuni recenti studi rivelano che queste uccisioni superano, addirittura, la somma dei caduti in episodi bellici storici come la guerra civile americana, le due mondiali, quella di Corea, in Vietnam, nei Balcani e in Afghanistan per il conflitto seguito agli attentati in USA dell’11 settembre 2001.

Le reazioni delle organizzazioni dei giornalisti

La Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) ha definito il 2024 «uno degli anni più drammatici per i professionisti dell’informazione», denunciando apertamente «il massacro in corso in Palestina sotto gli occhi del mondo». Jodie Ginsberg, già presidente del Committee to Protect Journalists (CPJ), ha dichiarato che «la guerra a Gaza rappresenta un colpo senza precedenti alle norme internazionali di protezione dei giornalisti», aggiungendo che la crisi si inserisce in un contesto globale più ampio di erosione delle garanzie per chi esercita il diritto all’informazione.

Il 2024, infatti, è stato l’anno più nero da quando il CPJ ha iniziato a monitorare le morti degli operatori dell’informazione: 124 giornalisti uccisi in diciotto Paesi, con un aumento del 22% rispetto al 2023, in gran parte causato proprio dall’offensiva israeliana a Gaza.

Una situazione inaccettabile. Perché ogni persona uccisa aggiunge orrore e disumanità a questo conflitto. Ogni bambino ucciso soffoca sul nascere la speranza in un Futuro migliore. Ogni cronista locale ucciso spegne una luce di quei pochi riflettori indipendenti ancora puntati sulla tragedia di Gaza.

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