‘Rearm Europe’, sulla sfiducia a von der Leyen il peso del nome della strategia per la difesa

Bruxelles – La mozione di censura contro la Commissione europea, ufficialmente, è dovuta alla questione dei vaccini anti-Covid e i contratti con Pfizer. Adesso però la presidente Ursula von der Leyen rischia di pagare altro. In Parlamento europeo c’è chi ritiene che questo sarà il momento per far pesare la svolta militarista dell’Ue. Nello specifico, confidano addetti ai lavori, la scelta di affibbiare il nome ‘Rearm Europe‘ alla strategia per la difesa. E’ quel ‘rearm’, riarmo, che ha fatto storcere il naso a destra come a sinistra, inducendo l’esecutivo comunitario al dietro front e al cambio di nome.
Oggi il piano per il riarmo è diventata la strategia ‘prontezza 2030’ (readiness 2030), un ‘rebranding’ dettato dalla necessità di correggere una comunicazione troppo spregiudicata. La levata di scudi del resto non è mancata, e si è registrata subito. I governi di Spagna e Italia hanno contestato la scelta del nome per il programma di rilancio industriale: da una parte il socialista Pedro Sanchez, dall’altra Giorgia Meloni, a riprova del fatto che corsa agli armamenti e guerra sono temi divisivi a sinistra come a destra.
Non solo. Perché dai banchi dei Verdi fu la spagnola Ana Miranda a scandire che “ci opponiamo fermamente a questo riarmo militarista”, a testimoniare quanto i greens non approvino nome e intenzioni dell’iniziativa. Il gruppo de laSinistra ha addirittura organizzato una campagna per fermare Rearm Europe.
Adesso in Parlamento sono pronti a scommettere che la mossa di von der Leyen, che ha praticamente scontentato tutti, possa essere usata contro di lei in questo voto di sfiducia che comunque non dovrebbe decretare la fine della Commissione europea. I popolari (Ppe) faranno quadrato attorno a von der Leyen, i liberali (Re) non dovrebbero far mancare il proprio sostegno. I socialisti (S&D) e i Verdi hanno fatto sapere di non voler sostenere un’iniziativa che arriva dall’estrema destra, e oltre tutto con l’obiettivo di creare scompiglio. Anche se i socialisti potrebbero non votare compatti, con membri che potrebbero ingrossare la lista degli astenuti per inviare un segnale politico di un sostegno non garantito. Con il sostegno di Ppe, S&D, Re e Verdi il collegio dei commissari è destinare a restare al proprio posto.
A difesa della Commissione ci saranno anche i voti di Fratelli d’Italia, delegazione in difficoltà per una mozione di censura partita dal gruppo dei conservatori (Ecr) di cui l’italiano Nicola Procaccini è co-presidente. Questa iniziativa, che genera malumori interni al Ppe, da una parte è un problema per i popolari che comunque provano a strizzare l’occhiolino ai conservatori da prima delle elezioni europee, ed è un nodo da sciogliere per il partito della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che pure ha in von der Leyen un’interlocutrice privilegiata.
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