Savona suona l’allarme: “Euro digitale subito contro l’assalto delle stablecoin”
Ora c’è la consapevolezza. L’audizione sugli stablecoin del presidente Consob, Paolo Savona, alla Commissione d’inchiesta sul sistema bancario è stata chiara. “Le criptovalute aggirano le norme antiriciclaggio e creano rischi sistemici – ha detto Savona – Dobbiamo rispondere con un euro digitale coperto da garanzia statale e con un safe asset Bce competitivo”. Il rischio è la migrazione del risparmio degli italiani – oltre 6 mila miliardi, tre volte il Pil – verso token privati in dollari che “promettono facili guadagni”, avverte Savona, esortando governo e Parlamento ad “accettare la sfida di mercato”.
Ma cosa sono gli stablecoin o dollari tokenizzati? Le stablecoin sono gettoni digitali ancorati a valute tradizionali (per l’83 per cento al dollaro). Leader di mercato come Tether e Usd Coin hanno superato i 250 miliardi di dollari di capitalizzazione in cinque anni, drenando liquidità globale e accrescendo la domanda di Treasury bond Usa. A Washington il Genius Act impone riserve 1:1 e licenze federali: questa stretta legislativa (e bipartisan) mira a legittimare i token “on shore”, escludere gli operatori opachi e consolidare l’egemonia del biglietto verde.
Oltre ai dazi, sulle istituzioni europee grava un’altra pressione: la corsa delle stablecoin. Bruxelles prova a farvi fronte su due binari. Da un lato c’è il regolamento Mica, già in vigore, che costringe chi emette token in euro a tenere almeno il 60 per cento delle riserve presso banche dell’Unione. Dall’altro avanza l’euro digitale, ora in fase di test: sarebbe un gettone di banca centrale, utilizzabile tanto nei pagamenti al dettaglio quanto in quelli fra istituti, ma con soglie di detenzione studiate per evitare la fuga dei depositi dalle banche tradizionali. Il tempo, però, è tiranno. Se il progetto della Bce slittasse oltre il 2027-28, temono banchieri e analisti, il mercato potrebbe già aver scelto i dollari “tokenizzati”, relegando l’euro a ruolo di comprimario. Restano poi nodi delicati: la scarsa trasparenza delle riserve che sostengono molte stablecoin, il conflitto d’interessi per cui gli interessi sui Treasury vanno agli emittenti e non agli utenti, e il pericolo di un’uscita di capitali dall’Eurozona verso asset digitali in dollari, con effetti negativi sulla trasmissione della politica monetaria della Bce.
Savona immagina un euro digitale, privo di interesse ma protetto dallo Stato, da affiancare a un safe asset della Bce che replichi i rendimenti oggi promessi dai token privati; le criptovalute resterebbero appannaggio degli investitori professionali e la vigilanza finanziaria sarebbe separata dalle funzioni di banca centrale per presidiare meglio la stabilità del sistema. Un annuncio tempestivo di questa architettura, sostiene, basterebbe a frenare la corsa alle stablecoin e a impedire che il risparmio italiano finisca in dollari tokenizzati. Che cosa c’è in gioco. La tokenizzazione della moneta non è mera innovazione tech: è lotta per la sovranità monetaria. Gli Stati Uniti vogliono “internalizzare” i benefici delle stablecoin e “esternalizzare” la loro influenza; l’Europa deve decidere se farsi trascinare o giocare d’anticipo. L’euro digitale, se ben disegnato e lanciato in tempo, può ridurre il rischio di dollarizzazione 2.0 e proteggere la ricchezza delle famiglie italiane.
Le stablecoin nascono come soluzione tecnica alla volatilità delle criptovalute, ma si sono trasformate in strumento di potere monetario. Washington lo ha intuito e spinge per un quadro normativo che internalizzi i benefici e esternalizzi l’influenza. L’Europa, stretto tra prudenza regolatoria e necessità di innovare, deve scegliere la velocità: un euro digitale competitivo, affiancato da un safe asset e da regole chiare, può ridurre la dipendenza dal dollaro tokenizzato e proteggere il risparmio dei cittadini. Le parole di Paolo Savona sono un monito: accettare la sfida del mercato non significa arrendersi, ma governare il cambiamento con strumenti nuovi. In gioco non c’è solo la sicurezza dei pagamenti digitali. C’è la sovranità economica dell’eurozona, la capacità di finanziare la propria crescita e la tutela di una ricchezza – quella delle famiglie italiane – che resta uno dei pilastri del Paese.
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