Seppellire | Indie Tales

Lug 3, 2025 - 15:00
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Seppellire | Indie Tales

Di Apolae

Che poi alla festa venga come vuole, tanto ci conosciamo un po’ tutti e anche le tipe nuove non si formalizzeranno, capirai, al massimo sorrideranno delle clip rosa lungo la scriminatura, del tatuaggio cringe, o della solita gonna plissettata. Non fregherà a me né frega a lei. È un vortice di fiori quando  piroetta, la mia Chiara, scarpe brutte e cavigliera sulle braci di una vita che scotta ma ancora non ferisce, ci concede il lusso dell’errore franco e lascia sbagliare, indolente e sguaiata, pungendo priva del veleno di troppi rimorsi.

Stamattina abbiamo discusso dei suoi troppi ex, lei ci è rimasta di stucco perché ignorava che avevo saputo. Chiamo e la rassicuro, Passo tra poco, Ok, Dai vestiti come ti pare, Ovvio. Riattacca dopo una risata divertita, come a farti capire che i pulsanti li schiaccia sempre lei. Prendo le chiavi e mi rendo conto sulle scale di essere senza mentine.

Andrea apre la porta e sussulta, non si aspettava di rivedere Chiara così presto dopo la rottura, o forse così sperava visto com’era stato piantato in asso. Tolto il dente via il dolore, penso guardando il suo cravattino. Riesce comunque a riprendersi subito e scambiare due bacetti di benvenuto. Mostra il salotto allestito per l’apericena, abbozza un sorriso stretto, agevola le presentazioni con una nuova coppia di amici e ripiega sulle notifiche telefoniche. Il teatro del più e del meno atrofizza le chiacchere a linee di monologhi che proviamo a stirare alla meglio. Faccio due giri di Spritz. Rancorosa Greta bisbiglia a Mara da poltrona a sgabello, Hai visto quelli, nel nucleo compatto del gruppo attorno al tavolino, trincerate dietro i calici attraverso i quali ci guarda sgattaiolare dalla porta sul retro che dà ai campi, il mio polso tra le unghia gialle di Chiara, prima di correre increduli verso le promesse del frutteto, correre e inciampare e ridere e rotolare tra le radici dei kiwi, le bucce lanose che ci pungicano le cosce, e lei pronta a farmi seppellire.

Di lì a poco ci chiamano seccati per la nostra assenza al brindisi, il festeggiato manda discreto un portavoce, forse Giorgio, al quale urleremo, Fatti gli affari tuoi. Ce lo saremo giocati Andrea, conoscendo la sua spocchia, ma la festa prosegue come uno schiacciasassi e non rimane che restare sdraiati sotto quel debole sole filtrato tra i viticci, almeno qualche minuto, su un opaco silenzio rotto dal gracchio di una gazza lontana, fino a quando le nostre dita intrecciate si gelano e allora una molle sbracciata per allontanarsi, lieve disagio, fingendo una carezza mancata, con la mente rivolta a quel seme nella terra che potrebbe germogliare, oppure no, mentre tu ci rimugini con un prurito nel petto e rimani indecisa.

A una cert’ora troviamo il coraggio di passare a salutare il salone semi-vuoto. C’è giusto Andrea chino a sparecchiare, un suo grugnito di ringraziamento per il regalo e il sollecito commiato, finché una scia di petricore ci scorta alla Panda scassata, parcheggiata quasi in un fosso per la foga che avevamo di squillare il campanello. Sulla via del ritorno una lite inevitabile, come una molla pigiata forte in una scatola chiusa male. Al suo umore da sagittario sta proprio sulle palle questa mia manìa di innamorarmi, progettare, appesantire. Volano parole grosse tutte d’un fiato, cose che vuoi infilarti di nuovo in bocca non appena le hai sputate fuori e invece rimbalzano tra i vetri dell’abitacolo appannato.

Chiara s’incazza e mi picchia sul braccio mentre stringo il volante per non invadere la carreggiata opposta, Sei uno stronzo, singhiozzando. Sono sconvolto e rischio di sbandare, con la pioggia a dirotto e le ruote che slittano e i deboli binocoli della nostra auto che illuminano a stento l’asfalto fradicio. Per strada soltanto noi, la statale tutta deserta alterna platani e semafori col giallo fisso, lungo un tratto in cui nessuno aggiungerà una parola. Prego che non mi lasci. Lei accende la radio, danno l’assolo finale di “Prendila così”. Poi posa la mano sulle mie dita attorno al cambio, come ogni volta in cui decide di darci l’ultima possibilità.

RACCONTO LIBERAMENTE ISPIRATO AL BRANO “KIWI” DI CALCUTTA

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Bio Autore

Si fa chiamare Apolae per scrivere liberamente. Suoi racconti compaiono online su varie riviste. Altri testi popolano la pagina Instagram apolae_fotoracconti. Ama la sua famiglia, la letteratura e la musica. Si impegna per coniugarle, ma non sa se riuscirà.

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