Ucraina. Putin tende la mano. Ma la guerra continua

Maggio 3, 2025 - 09:30
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Ucraina. Putin tende la mano. Ma la guerra continua

di Giuseppe Gagliano –

Un cessate-il-fuoco di tre giorni, dall’8 al 10 maggio, per commemorare la vittoria contro il nazismo. È la proposta avanzata da Vladimir Putin per fermare temporaneamente il conflitto in Ucraina. Un gesto simbolico, secondo il Cremlino, che dovrebbe aprire la strada a “negoziati diretti senza precondizioni”. Ma la realtà della guerra, e della diplomazia, è ben più complessa.
Secondo il portavoce Dmitry Peskov, Putin sarebbe pronto a sedersi al tavolo. Ma a una condizione implicita quanto inamovibile: gli obiettivi strategici della Russia devono essere raggiunti. Pace sì, ma solo alle condizioni di Mosca. Non è una novità. È la stessa logica della guerra che dura da febbraio 2022: guadagnare terreno con le armi per negoziare con la forza.
Dall’altra parte Washington spinge per una soluzione “rapida”. Trump, che ha fatto della pace in Ucraina una bandiera per la sua campagna, pretende risultati, ma anche visibilità. Il suo inviato speciale Keith Kellogg ha bocciato la tregua russa come “assurda” e rilanciato una proposta di cessate il fuoco più ambiziosa: almeno 30 giorni, con la cessazione totale delle ostilità. Ma nel frattempo le armi continuano a parlare.
Kie, dal canto suo non si fida. Zelensky ha definito la proposta russa una “manipolazione”, una manovra propagandistica pensata per i riflettori della parata più che per salvare vite umane. “Contano le persone, non le celebrazioni”, ha dichiarato. Un rifiuto netto, che denuncia l’assenza di condizioni minime di fiducia reciproca.
Il balletto diplomatico va così avanti nel vuoto. La proposta di Putin, anziché aprire uno spiraglio, ha messo in evidenza la distanza abissale tra le parti. L’Occidente resta diviso tra chi cerca una via d’uscita e chi scommette ancora sulla logica del logoramento. L’Ucraina, esausta e martoriata, continua a resistere, ma sempre più isolata. E Mosca, pur colpita dalle sanzioni e dalle perdite, non arretra.
Così a due anni dall’inizio dell’invasione, ogni “apertura” si rivela un esercizio di retorica. La pace non è un orizzonte, ma una parola usata come strumento di pressione. E mentre i leader parlano di “cessate il fuoco”, sul fronte si continua a morire.

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Redazione Redazione Eventi e News