Affidamento diretto e compensi SIA: il RUP non può ridurre oltre il 20%
lentepubblica.it
L’assetto delineato dal nuovo Codice dei contratti pubblici in materia di servizi di architettura e ingegneria (SIA) costituisce uno dei punti di maggiore evoluzione rispetto al quadro previgente. Focus a cura del Dott. Luca Leccisotti.
La disciplina si innesta sul principio dell’equo compenso, ora recepito anche in via legislativa, e sul tentativo di bilanciare la libertà negoziale delle stazioni appaltanti con la tutela del valore professionale della prestazione tecnica. In tale cornice, il quesito n. 3425 del 13 maggio 2025 del Servizio Supporto Giuridico assume rilievo paradigmatico: affronta la questione se, in caso di affidamento diretto ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera b), del d.lgs. 36/2023, il RUP possa ridurre i corrispettivi determinati secondo l’Allegato I.13 nella misura del 20%, e se tale riduzione sia legittima anche se operata “a monte”, cioè dalla stazione appaltante, e non come ribasso offerto dal professionista.
La risposta ministeriale, in linea con l’interpretazione più prudente della norma, chiarisce che la riduzione è ammissibile, ma entro un limite tassativo del 20%, fissato dall’articolo 41, comma 15-quater, del d.lgs. 36/2023. In nessun caso il corrispettivo contrattuale potrà scendere sotto l’80% dell’importo determinato secondo i criteri dell’Allegato I.13. Tale soglia non rappresenta una mera raccomandazione, ma un vincolo legale funzionale all’attuazione del principio di equo compenso, applicabile in modo pieno anche alle amministrazioni pubbliche.
La determinazione dei corrispettivi dei servizi di architettura e ingegneria
L’articolo 41, nel nuovo impianto codicistico, disciplina la determinazione dei corrispettivi dei servizi di architettura e ingegneria, prevedendo al comma 15-bis che “i corrispettivi da porre a base di gara sono determinati secondo i criteri e le tabelle dell’Allegato I.13” e, al comma 15-quater, introdotto dal d.lgs. 209/2023, che “nei casi di affidamento diretto a norma dell’articolo 50, comma 1, lettera b), i corrispettivi determinati secondo i criteri dell’Allegato I.13 possono essere ridotti in percentuale non superiore al venti per cento”. La ratio della disposizione è duplice: da un lato, evitare che il ricorso all’affidamento diretto, caratterizzato da un margine di discrezionalità più ampio, diventi terreno di compressione indebita del valore economico della prestazione professionale; dall’altro, garantire che l’amministrazione mantenga comunque una certa flessibilità negoziale, entro confini misurati di ragionevolezza.
Le novità rispetto al vecchio Codice
L’innovazione rispetto al passato è evidente. Nel regime del d.lgs. 50/2016, la determinazione del corrispettivo professionale non era accompagnata da un limite quantitativo esplicito alle riduzioni, e la prassi aveva generato interpretazioni disomogenee. Molte stazioni appaltanti, in assenza di vincoli testuali, procedevano a riduzioni consistenti dei compensi in sede di affidamento diretto, giustificate dall’esigenza di contenere la spesa pubblica. Tuttavia, la giurisprudenza contabile e amministrativa aveva più volte sottolineato il rischio di tali pratiche. La Corte dei conti, sez. reg. controllo Toscana (deliberazione n. 189/2020), aveva ammonito che “la riduzione arbitraria dei corrispettivi professionali può determinare un indebito svilimento della prestazione intellettuale e una violazione del principio di equo compenso di cui alla legge n. 49/2023”.
Il legislatore del 2023 ha dunque inteso introdurre un punto di equilibrio, sancendo in modo chiaro un margine massimo del 20%. Il Servizio Supporto Giuridico, nel quesito citato, ribadisce che la disposizione deve essere letta “avuto riguardo alle peculiarità dell’affidamento diretto, caratterizzato dalla discrezionalità della stazione appaltante nella scelta dell’operatore economico, nonché dall’assenza di un confronto competitivo”. Proprio questa assenza di competizione, osserva il Ministero, giustifica la previsione di un tetto massimo di riduzione: l’assenza di gara rende la stazione appaltante l’unico soggetto in grado di incidere sul prezzo, e la norma serve a impedire che tale potere si traduca in un’indebita compressione del valore del lavoro tecnico.
L’equo compenso nell’affidamentio diretto
In altri termini, l’equo compenso diventa, nel contesto dell’affidamento diretto, una regola di ordine pubblico economico: non è disponibile né dalle parti né dal RUP, e deve orientare ogni determinazione del corrispettivo. La logica è coerente con la legge 21 aprile 2023, n. 49, che ha esteso il principio di equo compenso anche ai rapporti tra professionisti e pubbliche amministrazioni, sancendo che “è nullo ogni accordo che preveda un compenso inferiore a quello determinato in base ai parametri ministeriali, se sproporzionato rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto”.
Gli effetti sul RUP
L’aggancio sistematico tra legge sull’equo compenso e codice dei contratti pubblici produce un effetto di grande rilievo pratico: il RUP non può più giustificare una riduzione dei corrispettivi al di sotto del 20% invocando la discrezionalità amministrativa o la necessità di risparmio. Ogni riduzione ulteriore integrerebbe una violazione di legge, potenzialmente produttiva di responsabilità contabile e disciplinare.
In concreto, dunque, il RUP che procede all’affidamento diretto di un incarico SIA deve rispettare una sequenza logica: prima determinare il corrispettivo secondo i parametri dell’Allegato I.13, applicando le tabelle ministeriali in relazione a prestazioni, classi e categorie; poi, valutare se ricorrano ragioni di riduzione, motivandole espressamente e contenendole entro il limite del 20%. Tale motivazione deve essere ancorata a elementi oggettivi, come la minore complessità della prestazione, la ridotta durata dell’incarico o l’assenza di attività accessorie.
Orientamenti giuridici
La giurisprudenza amministrativa, pur non ancora consolidata sulla nuova norma, ha espresso orientamenti coerenti. Il TAR Lazio, Roma, sez. II, 28 febbraio 2024, n. 2451, ha affermato che “la determinazione del compenso professionale negli affidamenti diretti deve rispettare il principio dell’equo compenso e il parametro minimo di proporzionalità fissato dal Codice; ogni compressione non motivata integra violazione dei principi di buona amministrazione e correttezza contrattuale”. Analogamente, il TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 14 dicembre 2023, n. 1423, ha precisato che “l’applicazione dei parametri dell’Allegato I.13 non è facoltativa ma obbligatoria, anche in assenza di procedura competitiva, costituendo presidio di trasparenza e imparzialità”.
Da ciò deriva un primo corollario operativo: nei provvedimenti di affidamento diretto, il RUP deve sempre indicare, in modo puntuale, l’importo determinato secondo l’Allegato I.13 e l’eventuale riduzione applicata, specificandone la motivazione e la percentuale, entro il limite legale. L’omessa indicazione costituisce vizio di legittimità e può dar luogo a rilievi da parte dell’ANAC o della Corte dei conti.
Simmetria economica
La ratio del 20% è altresì riconducibile a un principio di simmetria economica: la stazione appaltante può pretendere dal professionista una riduzione analoga a quella che si potrebbe ottenere mediante un ribasso competitivo, ma non può imporre tagli strutturali. Come osservato dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 855/2023, “la disciplina dell’equo compenso persegue l’obiettivo di conciliare la sostenibilità economica delle prestazioni intellettuali con l’esigenza di economicità dell’azione pubblica, entro limiti predeterminati che escludono pratiche di compressione indebita del valore professionale”.
Un ulteriore aspetto riguarda la distinzione terminologica tra “riduzione” e “ribasso”. L’articolo 41, comma 15-bis, utilizza il termine “ribasso” con riferimento alle procedure competitive, mentre il comma 15-quater parla di “riduzione”. La differenza non è casuale: il ribasso è frutto di un’offerta formulata dal concorrente in sede di gara; la riduzione, invece, è una decisione della stazione appaltante nell’ambito dell’affidamento diretto. L’una presuppone un confronto di mercato; l’altra è esercizio di discrezionalità amministrativa.
L’applicazione nel caso specifico e nella dottrina giuridica
Nel caso di specie, la risposta del Servizio Supporto Giuridico sottolinea che la riduzione del 20% “può essere operata dalla stazione appaltante anche a monte, indipendentemente dalle modalità di individuazione dell’operatore economico”, purché il risultato finale non superi la soglia minima dell’80%. In pratica, il RUP può proporre al professionista un corrispettivo già ridotto, ma non può scendere ulteriormente né può richiedere ulteriori ribassi.
Tale interpretazione trova conferma anche in dottrina. Alcuni commentatori (si veda S. Usai, Equo compenso e corrispettivi SIA nel nuovo Codice dei contratti, in Appalti e Contratti, 2024) hanno osservato che la previsione del 20% costituisce un “limite invalicabile di sostenibilità contrattuale”, destinato a preservare la qualità della progettazione e, più in generale, l’interesse pubblico alla realizzazione di opere sicure e durature.
La ratio di tutela si comprende appieno se si considera che la fase progettuale incide in modo determinante sulla qualità dell’intera opera pubblica. Il contenimento eccessivo dei compensi dei progettisti si traduce, di fatto, in una riduzione della qualità progettuale e in un aumento dei rischi in fase esecutiva. L’esperienza passata, segnata da affidamenti sottocosto e contenziosi, ha mostrato che il risparmio apparente nella fase iniziale spesso si traduce in maggiori costi successivi.
Il legislatore ha quindi introdotto un sistema di tutela a monte, stabilendo che l’importo contrattuale “non può essere inferiore all’80% dell’importo calcolato a norma dell’Allegato I.13”. Tale disposizione, oltre a costituire un presidio di equità, impone al RUP un obbligo di vigilanza sostanziale: assicurare che il compenso sia adeguato alla complessità e all’importanza dell’incarico.
L’equo compenso e la violazione del limite del 20%
Dal punto di vista procedurale, il rispetto del principio di equo compenso e dei parametri dell’Allegato I.13 va garantito già nella fase di determinazione dell’importo a base di affidamento. Ciò implica che la determinazione del RUP dovrà contenere un richiamo espresso all’articolo 41 e all’Allegato I.13, con allegazione del calcolo analitico. L’ANAC, con il Bando tipo n. 1/2023 e le linee guida sull’affidamento dei servizi tecnici, ha ribadito che la mancata applicazione dei parametri costituisce violazione dei principi di trasparenza e concorrenza e può determinare l’annullamento dell’affidamento.
Conseguenze di un’eventuale violazione del limite del 20%
Le conseguenze di un’eventuale violazione del limite del 20% non sono soltanto formali. Oltre al possibile annullamento dell’affidamento, si può configurare una responsabilità erariale del RUP per danno da illecito risparmio di spesa. Infatti, la Corte dei conti (sez. giur. Lazio, sent. 62/2022) ha precisato che “la determinazione di compensi professionali in misura inferiore ai minimi di legge integra un danno erariale indiretto, consistente nel rischio di contenzioso e di paralisi delle attività di progettazione”.
Dal punto di vista del professionista, la violazione del limite produce la nullità della clausola contrattuale ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 49/2023, con diritto al ricalcolo del compenso secondo i parametri ministeriali. Il professionista potrà agire in giudizio per ottenere la differenza, senza che l’amministrazione possa eccepire la sottoscrizione del contratto come accettazione del minor importo.
In prospettiva evolutiva, la disposizione dell’articolo 41, comma 15-quater, rappresenta un primo tentativo di rendere operativo il principio di equo compenso nel settore pubblico, ma lascia ancora margini interpretativi. Una possibile evoluzione normativa potrebbe riguardare la previsione di linee guida uniformi per la motivazione delle riduzioni fino al 20%, al fine di evitare disparità applicative tra stazioni appaltanti.
Dal punto di vista organizzativo, si potrebbe ipotizzare che le stazioni appaltanti più complesse, come le amministrazioni sanitarie o universitarie, adottino regolamenti interni che definiscano criteri oggettivi per la riduzione dei compensi, correlati alla tipologia e alla durata delle prestazioni.
Coordinamento con il principio del risultato
Un ulteriore sviluppo riguarda il coordinamento con il principio del risultato, sancito dall’articolo 1 del d.lgs. 36/2023. La determinazione del corrispettivo non è più un mero adempimento contabile, ma un atto funzionale al raggiungimento del risultato contrattuale: un compenso troppo basso compromette la qualità della prestazione e dunque l’efficacia dell’azione amministrativa. In questa prospettiva, l’equo compenso diventa uno strumento di efficienza, non un vincolo burocratico.
Da ultimo, si può prospettare una maggiore integrazione con gli strumenti di programmazione triennale. I corrispettivi SIA dovrebbero essere stimati nella fase di programmazione, tenendo conto del limite del 20%, in modo da evitare successive rideterminazioni e contenziosi.
Il principoio dell’equo compenso rinnovato
In conclusione, il principio dell’equo compenso, nell’ambito degli affidamenti diretti di servizi di architettura e ingegneria, si consolida come un vero e proprio limite legale all’autonomia della stazione appaltante. Il RUP non può ridurre liberamente i compensi, ma deve muoversi entro un quadro normativo chiaro, motivando ogni scelta e assicurando il rispetto della proporzionalità tra compenso e prestazione. La soglia dell’80% non è una formalità, ma una garanzia di qualità, di legalità e di efficienza.
Il messaggio per gli operatori è chiaro: contenere la spesa pubblica è doveroso, ma non a scapito della qualità progettuale e del rispetto del lavoro professionale. L’amministrazione che rispetta l’equo compenso non solo tutela i diritti dei tecnici, ma salvaguarda anche la propria responsabilità e la qualità del risultato. In un sistema che tende a misurare tutto in termini di efficienza, ricordare che la qualità si paga — e che il diritto amministrativo non è una scorciatoia contabile — resta la migliore garanzia di una spesa pubblica sana e produttiva.
The post Affidamento diretto e compensi SIA: il RUP non può ridurre oltre il 20% appeared first on lentepubblica.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




