Alex Cotoia assolto anche in Cassazione, è la fine dell’incubo: uccise il padre per legittima difesa

Ottobre 31, 2025 - 00:00
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Alex Cotoia assolto anche in Cassazione, è la fine dell’incubo: uccise il padre per legittima difesa

Assolto in via definitiva e dunque uomo libero. Dopo un lungo e complesso iter giudiziario, che ha alternato assoluzione e verdetti di colpevolezza, la Corte di Cassazione chiude la vicenda processuale di Alex Cotoia.

Si tratta del giovane che il 30 aprile 2020, quando era appena 18enne, colpì con 34 fendenti, usando sei diversi coltelli, il padre Giuseppe Pompa per “legittima difesa” nella loro abitazione di Collegno. Quella sera fu lo stesso Alex a chiamare i carabinieri e a confessare di aver ucciso il padre: un delitto efferato nato da anni di violenza domestica da parte del padre, rivolta verso i figli ma soprattutto verso la madre Maria. Quella sera, all’ennesima prevaricazione nei confronti della donna, Alex provò prima a farle da scudo umano, poi afferrò i coltelli e colpì ripetutamente il padre.

Il ragazzo non negherà mai quanto accaduto, sottolineando di aver ucciso il padre per “istinto di sopravvivenza”. L’iter giudiziario è però complesso e non chiaro: Alex viene assolto in primo grado dove gli viene riconosciuta la “legittima difesa”, quindi condannato a 6 anni e 20 giorni di reclusione in Appello, verdetto annullato dalla Cassazione che rinvia ad una nuova corte per un processo d’Appello bis.

Qui la Procura generale ampia le accuse nei confronti del giovane, punta sul fatto che Cotoia (il ragazzo ha ottenuto il cambio di cognome, adottando quello della madre) abbia ucciso “con rabbia” e individua nel fratello Loris il complice. Cotoia, oggi 22enne, viene nuovamente assolto ma la Procura aveva di nuovo fatto presentato ricorso. Una tesi che per gli ermellini non trova conferme: i giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte nella serata di mercoledì ha dichiarato “inammissibile” il ricorso della Procura generale confermando così la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Torino. Nessuna “rabbia” o “odio e frustrazione”, ma una difesa strenua “fino a quando ha constatato che era inerme e non costituiva più un pericolo”: è questa la tesi cristallizzata dalla Cassazione.

Giuseppe Pompa è stato descritto dai giudici del processo d’Appello bis come una persona in preda ad una “gelosia patologica” e ad un “insopprimibile desiderio di imporsi sui familiari”. Il clima in casa era ormai da tempo quello di “una pesantissima sopraffazione del marito nei confronti della moglie” e, la sera della morte, l’uomo sembrava in preda a una rabbia ormai “incontrollabile”. “Anche a voler ritenere che Alex – scrivevano i giudici nella sentenza – abbia agito nella erronea convinzione che il padre intendesse armarsi di un coltello e, per questa ragione, lo abbia affrontato”, ci sono elementi concreti e “idonei a indurre nell’imputato la ragionevole persuasione di trovarsi in pericolo”. Quindi “è possibile ritenere integrati gli elementi della legittima difesa putativa“.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia