Caro riarmo: ma quanto ci costi…

di Dario Rivolta * –
Anche nel recente incontro di Roma i partecipanti hanno continuato a ripetere come sia indispensabile per tutti i Paesi europei stanziare nuovi fondi da destinare agli armamenti. Mettiamo pure da parte per un momento il fatto che si tratterebbe in buona parte di soldi che servirebbero anche per “aiutare” l’Ucraina, perché su questo e su quanto ci costa aver sostenuto e sostenere quel Paese in guerra torneremo dopo.
Nel frattempo, per capire quale sia la situazione attuale nel campo delle spese per la “difesa” (tra virgolette poiché, come abbiamo visto negli ultimi decenni, si è spesso trattato di “offesa”) facciamo un po’ di conti e vediamo chi sono o potrebbero essere gli aggressori che parteciperanno alla futura guerra.
I dati sono riportati dall’International Institute for Strategic Studies britannico, che definisce se stesso come “massima autorità mondiale sul conflitto politico-militare”. Vediamoli:
Spese nei settori della difesa (2024) inclusi: gli stipendi per il personale militare e civile, le pensioni, ricerca e sviluppo (per alcuni), forze aggregate para-militari, l’aiuto all’Ucraina (per alcuni) e le missioni fuori confine (i dati sono espressi in miliardi di dollari):
Stati Uniti – 968
Cina – 235
Russia – 146
Germania – 86
Gran Bretagna – 81 (incluso aiuti all’Ucraina)
India – 74
Arabia Saudita – 72
Francia – 64
Giappone – 53
Corea del Sud – 44
Australia – 36
Italia – 35
Israele – 34
Ucraina – 28 (la maggior parte come prestito)
Polonia – 28
Vediamo invece ora chi sono i maggiori esportatori di armi (fonte: SIPRI arm transfert database –Stockholm International Peace Research Institute, svedese, citato da ISPI)
USA – 43%
Francia – 9,6%
Russia – 7,8%
Cina – 5,9%
Germania – 5,6%
Italia – 4,8%
Altri – 23,3%
Secondo il SIPRI circa due terzi (66%) delle armi importate dai membri europei della NATO negli ultimi cinque anni sono state di fabbricazione statunitense.
Per gli aiuti all’Ucraina, alla fine del 2024 al Kiel Institute (tedesco) risulta quanto segue:
– aiuti finanziari: USA 44 miliardi di Euro, Europa (membri + Bruxelles) 50 miliardi, altri 20 miliardi.
– aiuti umanitari: USA 2 miliardi di Euro, Europa 10 miliardi (e i finanziamenti vari?), altri 3 miliardi.
– aiuti militari (ma la NATO non proibiva di mandare armamenti a Paesi in guerra?): USA 68 miliardi, Europa 53 miliardi, altri 16 miliardi.
Secondo la Banca Mondiale (citata dall’ISPI) per ricostruire il Paese, e senza contare le distruzioni avvenute negli ultimi 6 mesi, al fine di rendere possibile l’adeguamento agli standard europei e permetterne l’ammissione alla UE, nel periodo 2024-2033 serviranno almeno 486 miliardi di Euro. Da dove si prenderanno? Forse l’élite attualmente al potere nella Unione Europea intende sacrificare ciò che rimane del nostro welfare per aiutare l’Ucraina e nello stesso tempo procedere a un forte riarmo generalizzato di tutti i paesi membri.
Sembra tutto chiaro e già definito, salvo che, di là da quanto ci raccontano i nostri politici europei con la complicità di giornalisti servili, almeno sul riarmo esistono alcuni problemi.
Si parla sempre della necessità che si costruisca una difesa europea e ciò sarebbe bellissimo, ma nessuno dice da chi saranno costituiti gli eserciti, chi li comanderà e quale sarà il potere politico che ne deciderà l’uso. Poiché non esiste una Europa politica e le decisioni sono prese da “Consigli Europei dei Ministri” senza né consultare né avere l’avallo dei cittadini, potremmo forse trovarci ad entrare in una guerra senza nemmeno sapere da chi sia stata ordinata e perché?
I problemi però sono anche altri. Sappiamo che messe insieme le spese per armamenti di tutti gli Stati dell’Unione più la Gran Bretagna si avvicinano già almeno ai 500 miliardi, e ora si vorrebbe aggiungerne altri 800 nell’arco di qualche anno. Ebbene, il grande problema delle forze armate europee è che, salvo per i reparti assegnati alla NATO ove le armi sono tutte standardizzate (e soprattutto americane), nel resto degli armamenti ci sono doppioni in abbondanza, sistemi e materiali diversi, procedure non collimanti e perfino Ricerca e Sviluppo alternativi tra loro. Proprio perché l’Unione non ha alcuna valenza o potere politico, anche nel caso che davvero si dovessero spendere tutti quei soldi ogni Paese farà per conto suo e le disomogeneità si perpetueranno. Un esempio disponibile dell’andazzo europeo nel settore è dato dalla Germania (la fonte è il Kiel Institute): tra il 2020 e il 2024 gli ordini del ministero della Difesa tedesco sono andati per il 50% ad aziende della Germania, il 30% ad aziende joint venture tra tedeschi e stranieri e il restante ad aziende americane. Praticamente nessun ordine ad aziende europee non tedesche. Anche per i sistemi d’arma più moderni previsti da European Sky Shield Initiative Francia e Italia sono escluse perché parteciperebbero soltanto se fosse accettato il proprio sistema anti-aereo. Per i caccia di sesta generazione ci sono addirittura due cordate: Francia, Germania e Spagna contro Italia, Gran Bretagna e Giappone.
Come non bastasse, l’ISPI cita uno studio che prevede che per raggiungere il numero di carri armati funzionanti che la Germania aveva nel 2004 occorrerebbe aspettare il 2066 e per gli obici va ancora peggio: bisogna attendere il 2121.
Tutto bene? Dove sta la logica delle scelte che si vorrebbero fare?
* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.
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