Corte costituzionale: anche la madre intenzionale in una coppia di donne ha diritto al congedo di paternità

Lug 22, 2025 - 14:00
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Corte costituzionale: anche la madre intenzionale in una coppia di donne ha diritto al congedo di paternità

lentepubblica.it

Da oggi in Italia anche la madre intenzionale, vale a dire la donna che pur non avendo partorito il figlio lo cresce con responsabilità genitoriale insieme alla madre biologica, ha diritto al congedo di paternità obbligatorio, finora riservato ai soli padri.


A sancirlo è la sentenza della Corte costituzionale n. 115/2025, depositata ieri 21 luglio.

Il caso sollevato dalla Corte d’appello di Brescia

La questione di legittimità costituzionale sull’articolo 27-bis del decreto legislativo n. 151/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53) era stata sollevata dalla Corte d’appello di Brescia.

Nello specifico, i giudici di secondo grado avevano ritenuto discriminatoria la disposizione che consente al solo padre di fruire del congedo di paternità obbligatorio (10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100%), escludendo dal beneficio la seconda madre, nel caso in cui la coppia di genitori sia formata da due donne, pur se già riconosciute entrambe genitori dallo Stato italiano.

Il caso era scaturito da una denuncia subita dall’INPS, in quanto il sistema informatico per la richiesta di congedo non consentiva di inserire i codici fiscali di due donne come genitori, impedendo così di fatto alla seconda madre di inoltrare la richiesta.

Il Tribunale di primo grado aveva condannato l’Istituto di previdenza a modificare il sistema di ricezione delle domande amministrative; poi la decisione è stata impugnata in appello e da qui è partita la richiesta alla Corte costituzionale.

Cosa ha stabilito questa sentenza per le madri intenzionali lavoratrici

Finora solo la mamma biologica aveva diritto al congedo di maternità, mentre alla compagna non erano riconosciuti diritti.

Come si legge nelle motivazioni, la Consulta ha ritenuto manifestamente irragionevole la disparità di trattamento tra coppie genitoriali composte da persone di sesso diverso e coppie composte da due donne che risultano registrate come genitori dallo stato civile.

Costoro, infatti, osservano i giudici, condividendo un progetto di genitorialità, hanno assunto, al pari della coppia eterosessuale, la titolarità giuridica di quel fascio di doveri funzionali alle esigenze del minore che l’ordinamento considera inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale.

Quindi, ambedue risultano pienamente investite dei diritti e dei doveri di genitore, tra cui l’esigenza di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore, anche potendo usufruire appieno degli strumenti di conciliazione vita-lavoro previsti dalla normativa italiana per le coppie eterosessuali.

Così per la Corte «Nei termini della questione posta, che muove dal riconoscimento di compiti differenziati delle due figure della madre e del padre in un sistema assistenziale obbligatorio strutturato sulla infungibilità dei ruoli, è ben possibile identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella paterna all’interno delle coppie eterosessuali, distinguendo tra la madre biologica (colei che ha partorito) e la madre intenzionale, la quale ha condiviso l’impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato, e vi partecipa attivamente».

L’orientamento sessuale dei genitori non può mai diventare lesivo per i diritti del minore

L’orientamento sessuale, ha precisato ancora una volta la Consulta, non incide di per sé sull’idoneità all’assunzione della responsabilità genitoriale (concetto già ribadito nella sentenza n. 33 del 2021).

Risponde all’interesse del minore, che ha carattere di centralità sia nell’ordinamento nazionale (articoli 315-bis e 337- ter del codice civile) che sovranazionale, vedersi riconoscere lo stato di figlio della madre biologica e di quella intenzionale, che abbiano condiviso l’impegno di cura nei suoi confronti.

Sono gli stessi princìpi enunciati nella sentenza n. 68/2025, che ho avuto occasione di commentare, dove proprio per questo è stato sancito che entrambe le madri possono riconoscere il figlio alla nascita.

Solo la Corte costituzionale poteva rimuovere questa discriminazione.

Ma per rimuovere la discriminazione con effetti erga omnes era indispensabile questa pronuncia della Consulta.

Difatti, come obiettato nella costituzione in giudizio dell’INPS, l’ordine del giudice di modificare il sistema informatico si sarebbe risolto in un’inammissibile imposizione all’amministrazione di agire contra legem, poiché «L’iscrizione di atti di nascita da coppia omogenitoriale nei registri dello stato civile non consentirebbe di farne derivare tout court l’attribuzione di diritti specifici, laddove non espressamente contemplati dal legislatore, che in sede di recepimento della direttiva 2019/1158/UE non ha riconosciuto la tutela dei diritti previdenziali a “un secondo genitore equivalente” come suggerito dal legislatore eurounitario».

Così la Corte costituzionale, dopo aver svolto una ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale entro il quale trova riconoscimento l’istituto del congedo obbligatorio di paternità, ha rilevato che la sua negazione per la madre intenzionale di una coppia omoaffettiva composta da due donne «determina un’irragionevole disparità di trattamento rispetto alla situazione in cui il beneficio è riconosciuto al padre lavoratore in coppie composte da genitori di sesso diverso».

Motivo per cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 27-bis del d.lgs. n. 151 del 2001, come inserito dall’art. 2, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 105 del 2022, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale, in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile.

Insomma, a fronte dell’amore e dell’affettività educativa non esistono genitori di serie A e genitori di serie B. Ma soprattutto nessun loro orientamento sessuale può pregiudicare quei diritti incomprimibili che la nostra Costituzione riconosce ai minori.

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