Cpr, Consulta: “Disciplina vigente non rispetta libertà personali”
Con la sentenza n. 96 depositata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione), sollevate dal Giudice di pace di Roma in relazione alla disciplina del trattenimento degli stranieri nei Centri di permanenza per i rimpatri. Le censure si fondavano su una presunta violazione di numerosi articoli della Costituzione – tra cui l’articolo 13, secondo comma, sulla libertà personale, e l’articolo 117, primo comma, in relazione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – oltre agli articoli 2, 3, 10, 24, 25, 32 e 111 della Carta costituzionale.
In particolare, ricorda la Corte, il giudice rimettente aveva sollevato la questione sulla mancanza di una disciplina primaria che regolasse in modo chiaro e dettagliato le modalità del trattenimento nei Cpr, “ritenendola in contrasto con la riserva assoluta di legge in materia di privazione della libertà personale“, prevista dall’articolo 13 della Costituzione. Inoltre, aveva denunciato una disparità di trattamento tra le persone trattenute nei Cpr e i detenuti in carcere, questi ultimi tutelati dalle garanzie dell’ordinamento penitenziario.
La Corte, si legge in una nota, ha riconosciuto l’esistenza di un effettivo vulnus normativo, evidenziando come la disposizione censurata non definisca adeguatamente i “modi” della restrizione della libertà personale, lasciando spazio a norme regolamentari e provvedimenti amministrativi discrezionali. Il trattenimento nei Cpr -secondo la Corte – “comporta un ‘assoggettamento fisico all’altrui potere‘, con ricadute dirette sulla libertà individuale“. Nonostante questa constatazione, la Corte ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate in riferimento agli articoli 13 e 117, affermando che non spetta a lei colmare il vuoto legislativo, ma “è compito esclusivo del Parlamento introdurre una disciplina organica che tuteli pienamente i diritti fondamentali delle persone trattenute”.
Inammissibile è stata dichiarata anche la questione riferita agli altri articoli costituzionali, per incompleta ricostruzione del quadro normativo. Secondo la Corte, infatti, “non si è tenuto conto di strumenti di tutela già presenti nel nostro ordinamento, come il ricorso al giudice civile con l’articolo 2043 del codice civile (risarcimento per danni) e, soprattutto, l’articolo 700 del codice di procedura civile, che permette una tutela cautelare urgente in caso di lesione dei diritti fondamentali”.
La sentenza – precisa la Corte – rappresenta dunque un “monito al legislatore, chiamato a intervenire per garantire una disciplina chiara, precisa e rispettosa della Costituzione, in un ambito particolarmente delicato, dove si intrecciano sicurezza pubblica, immigrazione e diritti umani. L’inadeguatezza della normativa vigente è stata riconosciuta, ma l’iniziativa per colmarla non può che venire dal Parlamento, in un quadro normativo che garantisca certezza del diritto e dignità delle persone”.
Viminale: “Già al lavoro su altra norma”
La legge istitutiva dei CPR risale al 98 (legge Turco Napolitano). L’odierna pronuncia della Corte Costituzionale mette in luce quindi una carenza risalente nel tempo senza tuttavia mettere in discussione la legittimità dell’utilizzo dei CPR per il rimpatrio dei migranti irregolari. Lo si apprende da fonti del Viminale, che proseguono: “Sul punto gli uffici del Viminale erano già impegnati nella redazione di una norma di rango primario“.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




