Fedez, spoiler sul suo libro: fine con Chiara e citazione a Selvaggia

Lug 13, 2025 - 06:30
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Fedez, spoiler sul suo libro: fine con Chiara e citazione a Selvaggia

Durante una chiacchierata con Gabriele Vagnato, Fedez ha annunciato un nuovo progetto, che nulla ha a che fare con la musica. Il rapper milanese la settimana scorsa ha rivelato che da qualche tempo è impegnato nella scrittura di un libro, che però non si concentrerà sui dettagli gossippari della sua vita (a quello c’ha già pensato il suo ex bff Fabrizio Corona): “Sto scrivendo un libro e lo sto scrivendo a quattro mani. La casa editrice voleva che io raccontassi i cavoli miei, invece io scrivendolo sto cercando di elaborare degli episodi della mia vita e di dargli un senso e sta venendo veramente bello“.

Fedez ieri su Instagram ha pubblicato due piccoli estratti di questo libro, che in effetti non sembra affatto un elenco dei fatti più salienti di cui è stato protagonista in questi anni. Dall’anticipazione condivisa sui social sembra quasi un flusso di coscienza messo in ordine in prosa poetica, in cui si legge non tanto com’è andata la rottura con Chiara Ferragni, ma cosa hanno scaturito certi eventi e quello che c’era nella sua testa in quel periodo. Fedez tra le righe ha raccontato della crisi con la moglie, del comeback sanremese, senza farsi mancare una citazione alla sua nemesi, Selvaggia Lucarelli, che da sempre lo chiama “falena” (perché secondo lei è attratto dalla luce degli altri).

Dalla fine del matrimonio al ritorno al Festival di Sanremo.

“Uno scontro tra due parti di sé stessi, che non prevede che entrambe sopravvivano. Il corpo resterà in vita dopo l’amputazione? Ero su quel palco, incapace di gestire il caos, ma anche in mille altri posti. In tutte le case dell’ultimo anno, su tutti i letti d’ospedale, sui divani dei litigi, nei locali dove mi sono rifugiato e ho fatto casini. Davanti alle facce che ho lasciato si coprissero di lacrime, le facce di chi, sfinito, sfinita, mi ha detto basta.

Ho tenuto gli occhi chiusi per non essere travolto, per arrivare alla fine della sola canzone che avrei potuto cantare in questo momento: tornare su quel palco, dove è iniziata la fine di tutto. Dove ho esagerato, mi è stato detto, urlato. Dove non ho avuto rispetto. Tornarci con un pezzo che è stato il mio modo di vedere davvero quello che ci è successo, quello che ho fatto. Poi ho aperto gli occhi, le pupille nere, ultradilatate. Petrolio, buco nero, “il paziente non è cosciente”.

Come con le sostanze, come coi farmaci che avrebbero dovuto salvarmi e non l’hanno fatto. Questa che leggerete è la storia di uno che non ce l’ha fatta. Le persone credono che io decida, pianifichi, organizzi: io sono il manipolatore, lo stratega, io sono la falena. Ma la verità è che, dall’inizio, c’è una parte di me che non ha deciso quasi niente. Sin dal principio è stata una corsa, una fuga. Assecondare tutti gli impulsi, specie quelli sbagliati. Come l’attacco della base di Battito. Avevo vent’anni: era esattamente già così. Non voler più prenderle, non voler accontentarsi solo della seconda scelta, umanità di serie C.

Dai margini al centro. Così, inizi a correre: arraffi, agguanti, fai male agli altri, ti fai molto male. Dai margini al centro, per poi tornare indietro, e ricominciare. La fama è simile a un girone infernale: c’è tanta luce ed è un massacro che tutti amano spiare. Ambizione? Narcisismo? Io so solo che ho quasi smesso di vivere: io non so quanto mi resta da vivere. Quando sto da solo, i demoni arrivano. Proprio i demoni, senza volto o con il mio: con gli occhi neri, come i miei a Sanremo. Dita lunghe e sguardi vuoti. E quindi esco. Parlo con gente. Gente che conosco da sempre o che ho appena conosciuto, non importa. Tutti loro hanno lo stesso problema. Le persone che frequento soffrono della stessa patologia”.

Fedez, quando ha pensato di dire basta.

“Del suicidi0. Non è il salto. Non è il colpo. Non è l’atto in sé. È tutto quello che succede prima. È la gestazione. Figlia di un lungo periodo di progettazione di tale atto. Un feto che cresce nel buio del cranio, che ti sussurra piano, ogni giorno, “basta”. Io ci sono arrivato dopo aver mollato gli psicofarmaci di botto come si butta via un pacchetto di sigarette vuoto. Uno dice: “sono solo pillole.” Ma quelle bastarde erano diventate la mia pelle, la mia lingua, il mio pensiero. E quando le ho mollate il cervello ha cominciato a urlare. Come quando ti disintossichi dall’eroina. Dieci giorni. Crampi. Le gambe come blocchi di carne molle. I sogni si mangiavano la realtà, mi svegliavo e non capivo se ero sveglio o solo in un altro livello di inferno. Un tunnel. Ma mica con la luce in fondo. Solo cemento e buio e i miei occhi. Il dopo è stato peggio. Perché il corpo ha smesso di tremare, la testa era una stanza chiusa a chiave. Il mio cervello gridava per avere la sua dose e non c’era nessuno”.

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Redazione Redazione Eventi e News