Gaza. 44 casi di suicidio tra i soldati dell’Idf

di Daniela Binello –
Alcuni media israeliani riportano che sarebbero almeno 44 i soldati che si sono suicidati dall’inizio del conflitto a Gaza, perpetrato da Israele dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Tutti con traumi psicologici derivanti dall’avere partecipato attivamente ai combattimenti. I suicidi fra le truppe dell’Idf rivelerebbero, perciò, la profondità del disagio psicologico vissuto da alcuni militari impiegati nelle prime linee dell’esercito.
L’ultimo caso, citato dalle Forze di Difesa israeliane, è quello di Dan Phillipson, originario della Norvegia, che si è tolto la vita alcuni giorni fa con un’arma da fuoco, mentre si trovava in una base di addestramento nel sud del paese. Il giovane non è deceduto immediatamente, ma una volta trasportato in ospedale a causa delle gravi ferite riportate. Il suo decesso è il quarto di questo tipo nelle ultime due settimane.
Channel 12 (Keshet 12 in ebraico), un’emittente televisiva israeliana, riferisce più nel dettaglio, in un suo servizio, che il soldato della Brigata Nahal si è suicidato alcuni giorni fa in una base militare sulle Alture del Golan, diventando così il terzo militare dell’Idf che nell’arco delle ultime due settimane ha deciso di porre fine alla sua esistenza.
Il quotidiano israeliano Yediot Aharonot (Ultime Notizie), sempre sul caso di quello che risulta essere l’ultimo soldato israeliano morto suicida, racconta che il militare aveva prestato servizio a Gaza per oltre un anno, mentre un altro commilitone della Brigata Golani si sarebbe sparato all’interno della base Sde Teman nel deserto del Negev, dopo essere stato sottoposto a un’indagine condotta dalla polizia militare, in seguito alla quale è riuscito a usare l’arma del suo compagno di stanza per suicidarsi, dato che la sua gli era stata confiscata.
Il sito online Walla (Veramente) riporta anche alcuni dettagli sul terzo caso. Quello di un soldato che si è suicidato durante lo stesso periodo, dopo mesi di sofferenza psicologica legata alle azioni di guerra compiute a Gaza e in Libano, i cui ricordi evidentemente lo tormentavano.
Inoltre il quotidiano israeliano Haaretz (Il Paese) svela che la maggior parte dei soldati che si suicidano appartiene alle forze dei riservisti che integrano il servizio attivo. Quest’anno il fenomeno dei casi di suicidio, secondo Haaretz, sarebbe in aumento rispetto ai 21 casi del 2024.
Da più fonti quindi emergono gli indicatori di un certo deterioramento dello stato psicologico dei soldati israeliani, con tre suicidi registrati negli ultimi dieci giorni fra i riservisti. Tutti soldati che avevano partecipato agli attacchi contro Gaza, il cui vissuto avrebbe gravemente compromesso la loro stato mentale.
Nello stesso contesto, l’esercito israeliano sta anche affrontando una crisi di personale, cosa che ha spinto i vertici dell’Idf ad adottare misure eccezionali, tra cui il coinvolgimento di unità d’élite anche per lo svolgimento di missioni tradizionali sul campo, che però non sono commisurate all’addestramento ricevuto.
Per esempio, la 98ma Divisione Paracadutisti, che comprende unità d’assalto, ha eseguito missioni di fanteria sul terreno, nonostante la mancanza di una necessaria preparazione specifica, il che si riflette negativamente sulle effettive prestazioni sul campo.
Sempre secondo Canale 12, circa 20mila soldati soffrono di sintomi di stress post-traumatico e in un altro servizio trasmesso ci sono le testimonianze di soldati che hanno confermato che è in corso una negoziazione con il comando per prolungare il servizio militare di un altro anno, oltre al fatto che a volte le operazioni sul campo si protraggono per più di dodici ore consecutive al giorno. Una situazione che sta portando diversi soldati a rifiutarsi di tornare a combattere, ma la conseguenza di questa specie di ammutinamento è a volte l’incarcerazione.
Si può parlare, quindi, di una imminente crisi strutturale nel reclutamento e di morale basso nell’esercito israeliano? Secondo l’Istituto israeliano per gli studi sulla sicurezza nazionale l’esercito sta affrontando una delle più gravi crisi di personale mai avute finora. L’esercito avrebbe bisogno di decine di migliaia di soldati, alla luce del continuo logoramento su più fronti, ma non dispone di così tante unità per organizzare il turn-over.
Un sondaggio condotto dallo stesso Istituto mostra che il 71 per cento degli israeliani ritiene che l’esonero degli ebrei Haredi (ultra-ortodossi) dal servizio militare indebolisca la motivazione di tutti gli altri, mentre il 42 per cento ritiene che tale esonero influisca sulla volontà d’incoraggiare i propri figli ad arruolarsi nell’esercito.
La crisi si riflette anche nella struttura del servizio militare, in quanto l’establishment cerca di prolungare i periodi di reclutamento e di mantenere i soldati in servizio il più a lungo possibile, esasperando sentimenti di logoramento e insoddisfazione da parte dei militari.
Nell’ombra del massacro dei civili palestinesi della Striscia di Gaza si nascondono anche queste morti, per suicidio, che raccontano il volto spesso più nascosto delle azioni di combattimento. Non si tratta di uccisioni causate da bombe o proiettili, dalla fame e dalla sete, da malattie e dal caldo opprimente che tormenta i gazawi. Queste sono altre morti. Morti per suicidio che riguardano alcuni soldati israeliani che non sono riusciti a sopportare il ricordo di ciò che hanno visto con i propri occhi e di ciò che hanno fatto in esecuzione di ordini.
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