Il rage-baiting è il modello industriale della disinformazione

Dicembre 4, 2025 - 11:00
 0
Il rage-baiting è il modello industriale della disinformazione

Una ricerca riportata dal Guardian ha identificato trecentocinquantaquattro account che utilizzano l’Ia per produrre video sessualizzanti e anti-immigrazione. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico, in un mese queste pagine avrebbero diffuso quarantatrèmila post e accumulato 4,5 miliardi di visualizzazioni, pubblicando video falsi spesso di bassa qualità, che mostrano persone immigrate in atteggiamenti minacciosi, o donne realizzate con l’Ai, stereotipicamente attraenti. 

Secondo l’organizzazione non-profit AI Forensics, alcuni di questi account stanno tentando di giocare con l’algoritmo, pubblicando una grande quantità di contenuti nella speranza che diventino virali, cavalcando il rage-baiting, termine che l’Oxford Dictionary ha scelto come parola dell’anno, e che indica il fenomeno per cui gli utenti pubblicano contenuti su internet con il preciso intento di attirare critiche e commenti sotto ai propri video o i propri post, promuovendone la viralità.

A far intuire la presenza delle Ia dietro a questi video di cui sopra, sono soprattutto i ritmi di pubblicazione: molti profili pubblicano infatti con ritmi incompatibili con la gestione umana, arrivando fino a settanta pubblicazioni al giorno, che molto spesso vengono diffuse alla stessa ora, indice della presenza di alcuni automatismi pensati per intercettare l’attenzione sui feed. 

Sulla spinta dei numeri di TikTok si è consolidata una nuova categoria di creator, con influencer che puntano su contenuti studiati per suscitare rabbia. Gli algoritmi di piattaforme come Instagram o Tik Tok tendono infatti a mostrare più spesso i contenuti che attirano molti commenti. La content creator Winta Zesu, per esempio, realizza dei video dove documenta la sua vita da modella a New York, ribadendo spesso che il suo unico problema è quello di essere troppo bella. L’ondata di odio ricevuta sotto i suoi post l’ha travolta, rendendola virale, e facendole guadagnare nel 2023 circa centocinquantamila dollari. Alla Bbc ha raccontato di ricevere molti commenti cattivi: «La gente dice “non sei la ragazza più carina” oppure “per favore, datti una calmata, hai troppa sicurezza».

Molti influencer hanno utilizzato il rage-baiting come strategia di promozione dei propri profili, forse nella speranza che tra gli insulti e le critiche, qualche utente si affezionasse al profilo, e diventasse fruitore e benefattore. O più semplicemente per monetizzare sulle visualizzazioni ricevute. 

A beneficiare del rage-bating non sono solo gli influencer, capaci di attirare attenzione, e relativi profitti alimentando polemiche permanenti su immigrazione, genere, sicurezza, o semplicemente facendo cose che fanno arrabbiare. A nutrire l’algoritmo della rabbia c’è anche un esercito di profili che diffondono contenuti realizzati dall’intelligenza artificiale, che producono disinformazione.

A inizio 2025, un’inchiesta realizzata dall’organizzazione non-profit di giornalismo investigativo Media Matters for America, aveva posto attenzione ad alcuni video andati virali su TikTok, che mostravano stereotipi razziali e pensieri antisemiti, spesso ritraendo le persone nere come scimmie e facendo ironia sui campi di concentramento. Probabilmente, i contenuti sono stati creati utilizzando Google’s Veo 3, un modello di intelligenza artificiale che genera video iperrealistici da prompt testuali, integrando automaticamente l’audio sincronizzato a voci e suoni ambientali.

Nel report realizzato da Media Matters for America si legge come gli utenti stessero anche pubblicando video fuorvianti generati dall’intelligenza artificiale su immigrati e manifestanti, rievocando traumi storici di gruppi emarginati, e raffigurando campi di concentramento e attacchi del Ku Klux Klan contro gli afroamericani.

Nel gennaio 2022 l’account Twitter del Partito Repubblicano del Texas pubblicò un meme mostrando persone in coda a New York City per sottoporsi a un test Covid. In sovrimpressione la scritta: «Se riesci ad aspettare in coda per ore per il test… puoi votare di persona». Il giornalista del Texas Tribune Erin Douglas commentò il meme sottolineando come il contenuto avesse rapidamente «suscitato rabbia nella sinistra, euforia nella destra», diventando uno dei post più popolari sulla piattaforma, quel giorno. 

«Il trucco per questi account come Texas Gop è sfruttare l’energia degli altri utenti per far diventare di tendenza le proprie idee o i propri account», ha detto all’Atlantic Sam Woolley, professore associato presso l’Università del Texas ad Austin, esperto tecnologie emergenti nella comunicazione politica. «Spesso usano tattiche manipolative per convincere le persone a rispondere, a patto che siano effettivamente coinvolte dal messaggio… Se riesci a coinvolgere abbastanza persone, non importa quanto siano coinvolte, il tuo messaggio diventerà virale».

L'articolo Il rage-baiting è il modello industriale della disinformazione proviene da Linkiesta.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News