Inflazione al 4%: rallenta il caro vita nel Regno Unito

Giugno 19, 2025 - 06:30
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Inflazione al 4%: rallenta il caro vita nel Regno Unito

Il Regno Unito ha registrato un nuovo rallentamento dell’inflazione a maggio 2025: il Consumer Prices Index è sceso al 4,0%, portando un segnale positivo per l’economia e per le prospettive future dei tassi d’interesse. Non si è ancora raggiunto il traguardo del 2%, ma secondo analisti e mercati, la traiettoria è finalmente quella giusta. Questo dato riapre il dibattito sul ruolo della Bank of England e sull’ipotesi di un taglio dei tassi entro fine anno.

Inflazione al 4%: un rallentamento incoraggiante

Secondo i dati pubblicati dall’Office for National Statistics, l’inflazione nel Regno Unito è scesa dal 4,4% al 4,0% su base annua nel mese di maggio 2025. Si tratta di un calo superiore alle previsioni degli economisti, che avevano stimato un valore intermedio del 4,2%.

L’indice CPIH, che include anche i costi abitativi dei proprietari di casa, è calato al 3,5%, rafforzando il segnale di un’inflazione in fase di moderazione.

Questo rallentamento non rappresenta ancora il raggiungimento dell’obiettivo del 2% fissato dalla Bank of England, ma indica che le misure restrittive adottate negli ultimi due anni stanno cominciando a produrre effetti concreti.

Quali settori stanno spingendo il calo dei prezzi

Il raffreddamento dei prezzi è stato guidato soprattutto dalla flessione nei seguenti settori:

  • Energia e carburanti, i cui costi sono tornati su livelli più stabili rispetto ai picchi del 2022

  • Abbigliamento e calzature, che hanno mostrato una variazione modesta

  • Alimenti e bevande non alcoliche, dove i prezzi hanno rallentato l’ascesa, pur restando elevati

Al contrario, l’inflazione dei servizi resta ancora al 5,7%, segnalando una pressione ancora presente su salari, turismo, ristorazione e trasporti locali.

Le ragioni del rallentamento

Diversi fattori hanno contribuito al raffreddamento dell’inflazione nel Regno Unito. In primo luogo, la stabilizzazione dei prezzi dell’energia rispetto ai picchi del 2022-2023 ha avuto un impatto diretto sulle bollette domestiche e sui costi per le imprese. A ciò si aggiunge un rallentamento dei consumi interni, legato all’erosione del potere d’acquisto accumulata negli anni precedenti.

Un altro elemento rilevante è rappresentato dall’effetto dei tassi d’interesse elevati, che da settembre 2023 sono stati mantenuti dalla Bank of England al 5,25%. Questo livello, tra i più alti degli ultimi 15 anni, ha reso più costosi i mutui, i prestiti al consumo e gli investimenti privati, contribuendo a raffreddare l’economia e, con essa, la domanda.

Non da ultimo, il governo britannico ha evitato misure espansive, mantenendo una linea di bilancio prudente e rinviando interventi fiscali che potessero sostenere la spesa delle famiglie.

La posizione della Bank of England

Il Consiglio di Politica Monetaria della Bank of England si riunirà il 1° agosto 2025. Finora, l’istituto centrale ha mantenuto un approccio cauto, sottolineando la necessità di vedere dati coerenti nel medio termine prima di modificare la traiettoria dei tassi.

Se i prossimi dati macroeconomici confermeranno il rallentamento dell’inflazione “core” (ossia al netto di energia e alimentari), la Banca potrebbe prendere in considerazione un primo taglio di 25 punti base, riportando il tasso al 5,00%.

Secondo le dichiarazioni del vice governatore Dave Ramsden, “la priorità resta garantire che l’inflazione resti ancorata al 2%, ma è legittimo iniziare a discutere il ruolo dei tassi nel sostenere la crescita”.

In sostanza, la BoE vuole evitare un’eccessiva stretta, che rischierebbe di spingere l’economia in recessione. Ma non vuole neppure agire troppo in fretta, per non vedere una nuova impennata dei prezzi.

Effetti su famiglie e mutui

Se davvero iniziasse un ciclo di taglio dei tassi, le famiglie britanniche potrebbero finalmente beneficiare di una boccata d’ossigeno. L’ondata di mutui a tasso variabile contratti tra il 2020 e il 2022 ha esposto molti cittadini a forti aumenti nelle rate mensili, con una crescita media dei costi dell’80% rispetto ai valori pre-pandemia.

Un taglio dei tassi anche solo dello 0,25% si tradurrebbe in una riduzione di circa £30-£50 al mese per una famiglia media con mutuo. Cifre modeste, ma significative in un contesto in cui molte famiglie sono al limite della sostenibilità finanziaria.

Anche il settore immobiliare potrebbe trarne beneficio, con una leggera ripresa delle compravendite e una stabilizzazione dei prezzi, che negli ultimi due anni hanno subito una brusca correzione.

Tuttavia, i benefici non saranno immediati. Molti contratti sono a tasso fisso e dovranno essere rinegoziati alla scadenza. Inoltre, la trasmissione delle politiche monetarie all’economia reale richiede sempre diversi mesi.

Impatti su imprese e credito

Anche le imprese potrebbero beneficiare dell’inversione della politica monetaria. In particolare, le PMI che dipendono dal credito bancario per gli investimenti o per la gestione del capitale circolante hanno subito un forte aumento dei costi negli ultimi 24 mesi.

Un abbassamento dei tassi faciliterebbe nuovi investimenti in tecnologia, personale e internazionalizzazione, settori chiave per l’economia britannica post-Brexit. Le associazioni di categoria, come la Federation of Small Businesses, hanno già chiesto alla BoE di “non attendere troppo” per sostenere la competitività del tessuto imprenditoriale.

Sul fronte delle grandi imprese, la fiducia dei mercati sta migliorando. L’abbassamento dell’inflazione riduce i rischi di stagflazione e consente una migliore pianificazione dei costi operativi, elemento fondamentale per chi lavora in filiere internazionali.

Cosa dicono gli analisti

Le previsioni sono ancora divise. Alcuni analisti, tra cui quelli di Barclays e Morgan Stanley, ritengono che la BoE taglierà i tassi una sola volta nel 2025, a meno di sorprese al ribasso su inflazione e occupazione.

Altri, come gli economisti di ING e Capital Economics, prevedono almeno due tagli da 0,25% entro la fine dell’anno, portando il tasso al 4,75% entro Natale.

Il punto critico resta l’inflazione dei servizi, che tende a reagire più lentamente. I salari nel Regno Unito sono ancora in crescita, il che potrebbe spingere i prezzi verso l’alto nei prossimi mesi. Ma se la domanda resterà debole, l’effetto potrebbe essere compensato.

L’effetto Brexit sul quadro macroeconomico

La politica monetaria non può essere separata dal contesto più ampio. Le difficoltà economiche post-Brexit continuano a influenzare il Regno Unito, soprattutto in termini di costi di importazione, carenza di manodopera e difficoltà logistiche.

Il rallentamento dell’inflazione offre un’opportunità, ma non risolve le fragilità strutturali del sistema economico britannico. Il costo della vita rimane elevato, e le diseguaglianze tra regioni, settori e classi sociali restano pronunciate.

Anche per questo motivo, la BoE dovrà calibrare attentamente le sue prossime mosse, in stretto coordinamento con le politiche fiscali del Tesoro.

Verso una nuova fase economica?

Il rallentamento dell’inflazione al 4% rappresenta un segnale positivo per l’economia britannica, ma non è ancora sufficiente per dichiarare chiusa la fase critica. È un passo nella giusta direzione, ma resta da vedere se la tendenza sarà confermata nei mesi estivi.

In questo quadro apparentemente più stabile, si inserisce però un fattore di incertezza rilevante: il conflitto tra Iran e Israele, riesploso cinque giorni fa con attacchi diretti che hanno attirato l’attenzione delle cancellerie internazionali. Le prime conseguenze economiche si sono già fatte sentire: il prezzo del petrolio è salito da 68 a 73 dollari al barile, secondo dati aggiornati al 17 giugno.

Pur non trattandosi ancora di un’impennata, la volatilità dei mercati energetici è aumentata sensibilmente. Qualsiasi escalation militare in Medio Oriente, soprattutto se coinvolgesse lo Stretto di Hormuz — da cui transita circa un terzo del greggio mondiale — potrebbe avere ripercussioni significative sul costo dell’energia.

Questo renderebbe molto più complesso il lavoro della Bank of England, che potrebbe dover sospendere o ritardare eventuali tagli ai tassi d’interesse, nel timore di una nuova spinta inflazionistica dovuta all’aumento dei costi energetici.

In sintesi, il Regno Unito si trova a un bivio delicato: da un lato, l’inflazione in calo e una politica monetaria che potrebbe presto cambiare passo; dall’altro, una crisi internazionale in evoluzione, capace di rimettere in discussione gli equilibri raggiunti. La traiettoria dell’economia nei prossimi mesi dipenderà dunque non solo da dati interni, ma anche da fattori globali altamente imprevedibili.

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