L’Occidente non deve farsi ingannare da Putin

Quando penso all’eredità di mio marito, Aleksej Navalny, non riesco a separare il dolore personale dalla responsabilità politica. Aleksej è stato assassinato da Vladimir Putin senza che vi fosse alcun processo, in una prigione siberiana, a febbraio 2024. Il suo corpo non è mai stato restituito alla famiglia. Ma la sua voce, il suo coraggio e la sua battaglia per la libertà in Russia continuano a vivere.
Mio marito non ha mai smesso di credere nella possibilità di un futuro democratico per la Russia, nemmeno quando le repressioni diventavano più dure e la situazione interna peggiorava. Aveva compreso che la paura è lo strumento più potente di Putin: la paura paralizza, divide, costringe al silenzio. Per questo ci ha insegnato che l’unico antidoto è il coraggio, la capacità di dire la verità anche quando sembra impossibile.
In Russia oggi si può finire in prigione per un commento, un like sui social, persino per una frase detta in privato. Eppure, nonostante quest’atmosfera di terrore, esiste ancora una parte di popolo che non si piega, che continua a chiedere pace, libertà e giustizia. Un sondaggio clandestino ha mostrato che più della metà dei russi sostiene i negoziati di pace. Questo significa che la macchina della propaganda, pur potentissima, non riesce a spegnere del tutto il desiderio di libertà.
Il prezzo più alto, oggi, lo pagano gli ucraini, vittime dell’aggressione di Putin. Ma la guerra ha devastato anche la Russia: ha portato isolamento, censura, miseria e militarizzazione. Putin ha scelto di trasformare il mio Paese in una caserma, in una prigione a cielo aperto. È un dittatore che non mira a conquistare terre soltanto, ma a terrorizzare, a rendere la vita impossibile a chi non si piega.
Non c’è nulla di speciale in lui: è corrotto, avido, disposto a eliminare chiunque osi contraddirlo. Eppure, l’Occidente non deve farsi ingannare. Non ci sarà mai una pace duratura se verranno accettati i suoi ricatti. Non ci sarà sicurezza per l’Europa se il Cremlino continuerà a esportare guerra e menzogne. Lo vediamo chiaramente: Putin vuole testare l’Europa, spingersi sempre un po’ più avanti per capire fin dove può arrivare senza incontrare una reazione. Quando invia droni verso la Polonia o muove truppe al confine, non fa che mettere alla prova la nostra volontà. Ogni esitazione diventa per lui un incentivo a proseguire.
L’Europa sta discutendo un nuovo pacchetto di sanzioni, il diciannovesimo dall’inizio della guerra. Ma dobbiamo dirlo con chiarezza: finora non sono bastate. Non perché siano inutili in sé, ma perché hanno colpito soprattutto le persone comuni, lasciando liberi di viaggiare e commerciare proprio coloro che finanziano e sostengono l’economia di guerra di Putin. Se vogliamo fermarlo, le sanzioni devono colpire il cerchio del potere: oligarchi, funzionari della sicurezza, propagandisti che diffondono odio e menzogne. Limitare i visti turistici ai cittadini russi è un errore: molti di loro sono contrari alla guerra e cercano soltanto una via di fuga dal regime.
È difficile penetrare la mente di Putin, ma so che per lui questa guerra non è un mezzo, bensì un fine. Gli serve tenerla viva per minacciare il mondo, per dimostrare la sua forza, per alimentare la propaganda. Ogni trattativa di pace rischia di diventare per lui soltanto un gioco dilatorio, un modo per guadagnare tempo e continuare a opprimere l’Ucraina e la Russia.
Io so bene che nulla potrà restituirmi mio marito. Ma il suo sacrificio non deve essere vano. La sua lotta ci ha insegnato che anche il più piccolo atto di resistenza può diventare decisivo: dire una parola di verità, non accettare il silenzio, rifiutare la paura. È così che si costruisce un mondo diverso, migliore. L’Europa deve capire che il tempo della cautela è finito. È necessario colpire duramente e senza esitazioni chi alimenta la macchina di Putin. Non lasciate che il Cremlino vi spaventi. Perché, se cediamo oggi, domani sarà troppo tardi.
Testo raccolto alla prima Conferenza Europea di Ventotene per la libertà e la democrazia.
Questo è un articolo de Linkiesta Magazine 03/25 – Senza alternativa. Si può acquistare qui.
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