Là dove la terra racconta: la cucina viva di Trattoriamo

Là dove la terra racconta: la cucina viva di Trattoriamo
Un nome che nasce dal rumore dei campi
Il nome Trattoriamo non è stato scelto a tavolino. È nato nel silenzio rotto solo dal passaggio lento dei trattori, là dove la campagna respira davvero. È una parola che sa di fatica, di terra umida sotto le scarpe, di mani sporche e schiene curve. Ma è anche una parola che si apre, che accoglie, che cuoce e serve. Unisce il trattore alla trattoria, il campo alla tavola, l’origine alla destinazione.
In ogni gesto del contadino, che scava la terra o la smuove col trattore, c’è la stessa intenzione di chi, in cucina, mescola un sugo lento o impasta a mani nude. Trattoriamo è tutto questo: un ritorno, ma anche un inizio. Un movimento che porta in superficie quello che era sepolto, e lo mette nel piatto.
Una cucina che non si inventa, ma si ricorda.
Dove il passato e il futuro si siedono allo stesso tavolo
Nel cuore di Roccazzo, una contrada che il tempo ha reso saggia, sorge Trattoriamo. Qui, la calma degli ulivi accompagna il passo, e il vento sa di origano e pane caldo. Non è solo un ristorante. È un posto dove il cibo si prende il tempo che serve, come una conversazione che non ha fretta.
Le ricette antiche non sono oggetti da museo, ma diventano vive, si lasciano toccare, cambiare, evolvere. Le idee nuove arrivano leggere, senza rompere nulla, e si mescolano alle radici con rispetto. Trattoriamo non segue le mode. Ascolta la memoria, ma non ha paura del presente.
Giuseppe Cardaci e un gruppo che si muove come una sola anima
Dietro a ogni piatto c’è una storia, e dietro a ogni storia ci sono volti. C’è Giuseppe Cardaci, che è entrato da poco ma ha già portato un’energia che profuma di futuro. Si muove in cucina con quella passione che non si può fingere. Coinvolge tutti. Spinge senza urlare. Suggerisce senza imporsi. E intorno a lui, uno staff che non sembra un gruppo di lavoro, ma una famiglia in continuo fermento.
Qui nessuno lavora per abitudine. Ogni servizio è un atto d’amore. Ogni piatto è un gesto che viene da dentro.
Un menù che ascolta le stagioni e le persone
I fornelli di Trattoriamo si accendono quando i prodotti arrivano. Non prima. Non si cucina per riempire un foglio stampato, ma per onorare ciò che cresce. Tutto parte dal territorio. Dal contadino che ha raccolto il pomodoro stamattina. Dal fornaio che ha impastato all’alba. Dal macellaio che conosce ogni animale per nome.
Il menù cambia spesso. Segue il mese, il tempo, le esigenze. Qui chi è celiaco, vegano o vegetariano non deve chiedere il permesso. Trova già posto, già piatto, già pensiero. Gli antipasti raccontano la terra, i primi amano la pasta fatta a mano, i secondi sanno di carne vera: tagliate, fiorentine, maiale, pollo, manzo. Ogni pezzo viene trattato con la stessa cura che si darebbe a un ricordo di famiglia.
Una pizza che profuma di nostalgia felice
Le pizze di Trattoriamo non vogliono stupire. Vogliono ricordare. Profumano di quelle serate semplici, tra il 1990 e il 2000, quando bastava una pizza sul tavolo e due chiacchiere per sentirsi bene.
Gli impasti nascono da farine campane mescolate a cereali selezionati, scelti non per moda, ma per gusto e digeribilità. Nessun ingrediente surgelato, nessuna scorciatoia. Solo mozzarella buona e salsa come si faceva una volta. Il risultato è una pizza che non fa scena, ma fa casa.
Andrea d’Asta: un sogno che cammina tra le mani di Matteo e Pamela
Tutto questo non esisterebbe senza Andrea d’Asta. Il suo sogno non è nato davanti a un business plan, ma guardando Matteo, suo figlio di appena sei mesi. E abbracciando Pamela, sua compagna nella vita e nella visione.
Per anni, Andrea d’Asta ha vissuto con il desiderio chiuso in tasca. Ha fatto mille lavori, ha cambiato città, ha imparato a servire, vendere, ascoltare. Ma con Matteo tra le braccia, ha sentito che era il momento di piantare qualcosa di vero.
Trattoriamo è nato da questo gesto: piantare un sogno per vederlo crescere insieme a un figlio.
Un cammino che parte da lontano e torna sempre a casa
Andrea d’Asta è nato a Ragusa, è cresciuto tra Siracusa, Chiaramonte Gulfi e Scicli. Ha studiato Scienze della Comunicazione a Urbino, seduto tra i banchi dove insegnava Benedetta Barzini, musa di Dalì e Warhol, e donna capace di mescolare moda e pensiero.
Poi la vita l’ha portato ovunque: barman in Emilia, cameriere tra l’Italia, l’Inghilterra, la Danimarca, gli Stati Uniti. Ha venduto prodotti alimentari, ha rappresentato aziende di caffè. Ogni tappa sembrava diversa, ma tutte portavano qui: a un ristorante nella campagna di Roccazzo, dove finalmente tutto aveva senso.
Una casa che accoglie chiunque entri, senza chiedere nulla
Nel suo ristorante, Andrea d’Asta ha scelto una sola regola: “Siamo tutti figli dello stesso Dio.”
Non importa da dove vieni, cosa credi, cosa mangi o cosa non puoi mangiare. A Trattoriamo nessuno resta fuori. Non solo tra i clienti, ma anche tra chi lavora. Ognuno conta. Ognuno vale.
Trattoriamo non è solo un luogo dove si mangia. È un luogo dove ci si sente visti, dove si viene accolti così come si è.
Una casa fatta di pane, sorrisi e rispetto.
Un posto dove il cibo racconta la verità.
E dove, ogni volta, si ha voglia di tornare.
A cura di Mattiacarlotta Parrino
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Una vita piena di bollicine a tutti!
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