La gaffe di Maurizio Lupi, e il destino crudele di Milano

Da qualche giorno penso alle elezioni comunali di Milano del 2027, e mi convinco sempre più che, in mancanza del candidato di centrosinistra che mi piacerebbe votare come sindaco, Giorgio Gori, e in presenza invece di un candidato vecchio stampo come Pierfrancesco Majorino o di qualcuno del giro di giovani milionari che si percepiscono “Mamdani di zona uno”, mi sentirei costretto a mettere la croce sul candidato del centrodestra, se questo sarà, come si dice, Maurizio Lupi: non esattamente my cup of tea, ma certamente una persona seria, rispettabile e perbene, con in più l’esperienza da assessore all’urbanistica della giunta di Gabriele Albertini che una ventina di anni fa ha immaginato, progettato e rilanciato la Milano che oggi ammiriamo tutti tranne Pierfrancesco Majorino e il Pd mamdaniano.
Senonché, ho ascoltato Lupi intervistato a Radio Radicale a proposito dell’incredibile dichiarazione di Giuseppe Conte, che si è detto favorevole a delegare a Donald Trump – al Donald Trump che ha appena buttato nella spazzatura l’Europa con un documento strategico di sicurezza nazionale – la questione ucraina, esautorando del tutto i Paesi europei e l’Unione nel suo complesso.
Non è che da Lupi mi aspettassi una dichiarazione particolarmente brillante, un’analisi alla Anne Applebaum o un commento da editorialista moderato o conservatore dell’Economist, ma quello che ho sentito mi ha fatto piegare le ginocchia. Lupi si è maldestramente rallegrato della dichiarazione di Conte e, con un tono insolitamente pimpante, si è pure congratulato con il leader grillino per essere approdato alla stessa posizione di Giorgia Meloni e per aver lasciato isolata la povera Elly Schlein.
Ora, a parte che ufficialmente la posizione di Meloni non è questa – semmai è una posizione disordinatamente allineata a quella dell’Europa –, l’interpretazione di Lupi lascia intendere ciò che questo giornale, come al solito in solitudine, sospetta da tempo, e cioè che il richiamo della foresta trumpiano e neofascista (scusate i sinonimi), è la vera linea politica sull’Ucraina di questo governo.
Una linea che si differenzia da quella dei partner europei per il fatto che costoro dissimulano l’orrore che provano per le politiche autoritarie di Trump, illudendosi che, non facendo arrabbiare Trump, riusciranno a evitare guai peggiori. Mentre Meloni, invece, dissimula la condivisione ideologica totale col trumpismo per evitare di essere tagliata fuori del tutto dal consesso europeo, e forse anche perché potrebbe aver capito, col tempo e con la frequentazione, che di Trump non è che possa fidarsi.
Lupi ha ulteriormente peggiorato le cose spiegando a Radio Radicale che la linea della maggioranza è quella della vicinanza a Donald Trump, perché la stella polare del centrodestra è «l’alleanza euro-atlantica», non accorgendosi della contraddizione logica, visto che l’alleanza euro-atlantica è stata tranciata, per iscritto, da Donald Trump e dai suoi sgherri, i quali, in una versione più estesa di quel famigerato documento strategico, hanno pure individuato nell’Italia di Meloni, oltre che nell’Ungheria di Viktor Orbán, nella Polonia del presidente Karol Nawrocki e nell’Austria di… beh, sapete di chi, il ventre molle dell’Europa su cui fare leva per disarticolare l’Unione europea.
Se questi, come Maurizio Lupi, sono Noi Moderati, e quelle nell’incipit di questo articolo sono le premesse per la scelta del successore di Beppe Sala, noi antibipopulisti possiamo tranquillamente smettere di tormentarci e cominciare a prenotare, per quando sarà, una bella gita fuori porta.
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