Le erbe sono le nuove protagoniste

Agosto 13, 2025 - 00:00
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Le erbe sono le nuove protagoniste

C’è chi le erbe le raccoglie a mano, sui crinali profumati di lavanda e timo. Chi le fa fermentare in kombucha che sanno di bosco, chi le mette nel gelato con lo stesso rigore di un botanico. E poi c’è chi, da sempre, alle erbe ha dedicato la vita intera.

Graziano Perugini le conosce per nome, per stagione, per inclinazione. Non le coltiva, le cerca. Le studia, le onora. È l’erborista selvatico, il master herbalist di Tassoni, e il suo laboratorio naturale sono le colline sopra Gardone. Un paesaggio di piante officinali, di spontaneità e di agricoltura selvatica. Graziano è un vero signore delle erbe, che ha scelto di abitare i monti per stare più vicino alla natura che ama. Non è una passione, è un modo di stare al mondo. Stessa poesia e dedizione per Harald Gasser e Petra Ottavi che con la loro realtà altoatesina si propongono di prevenire l’estinzione di varietà di frutta e verdura autentiche e tradizionali, per progredire in armonia con la natura. Niente sovrasemina, sovrafertilizzazione o utilizzo di mezzi non naturali nei loro orti, campi e foreste. Ci spiegano: «Questo per noi, è l’unico modo per garantire una coltivazione sostenibile dei campi, anche in vista del futuro dei nostri figli. Siamo convinti che questo ecosistema cresciuto naturalmente sarà più sano e più sostenibile e “produttivo” se sarà ugualmente diversificato. Numerose prove empiriche supportano la coltivazione di colture miste, che intendiamo come supporto a questa conoscenza intuitiva. Seguendo alcuni principi della permacultura, il prodotto viene lavorato naturalmente dal seme al frutto». Coltivano in Alto Adige oltre 800 rarità ortofrutticole dimenticate con la permacoltura: «Abbiamo creato una matrice vegetale che ci aiuta a organizzare e sistemare i nostri campi. Alcune verdure, piantate accanto ai vicini giusti, promuovono la crescita e la salute delle piante, mentre altri amici verdi tengono lontane le malattie. Ad esempio, piantiamo calendule e basilico tra i nostri cespugli di pomodori per combattere l’oidio, o fagioli accanto a un campo di patate perché sono azotofissatori e hanno un effetto positivo sul raccolto. I cespugli di lavanda piantati tra i cavoli sopprimono la sovrappopolazione della mosca del cavolo, e la camomilla aiuta la crescita di molti ortaggi. Le nostre anatre adorano stanare le lumache tra le aiuole e la nostra colonia di lombrichi smuove il terreno, promuovendo così l’equilibrio naturale. Un’ampia varietà di animali contribuisce attivamente al lavoro sul campo; anche i cosiddetti “parassiti” diventano utili quando combattono i “parassiti” della pianta vicina».

Antesignana dei raccoglitori è la cuoca selvatica, che da anni ha fatto del foraging, il modo nuovo di dare valore alla raccolta delle erbe spontanee, uno stile di vita e di racconto: è fitoalimurgia, etnobotanica, cuoca, scrittrice e ha un approccio olistico e lieve a questo universo. 

Lo stesso sguardo curioso e rigoroso lo ritroviamo, con una forma del tutto diversa, in quello che Stefano Guizzetti sta facendo con Ciacco, il suo progetto di gelateria sperimentale partito da Parma e arrivato anche a Milano. Quest’estate, nel suo laboratorio, le erbe e le piante non si contano per ingrediente ma per famiglie botaniche. Nascono così gusti inediti e affascinanti: Myrtacee (mirto, chiodi di garofano, feijoa, miele di eucalipto), Cupressacee (cipresso e ginepro), Lamiacee (menta, melissa, salvia, timo, lavanda, rosmarino, basilico), Fabaceae (arachidi, ceci, fieno greco, fava tonka, erba medica). C’è perfino un gusto dedicato alle Pinacee, con pigne, corteccia d’abete rosso e legno di cedro. Ogni due settimane, due nuovi gusti vengono messi in rotazione nei punti vendita, serviti in coppetta, cono o vaschetta. Un’enciclopedia vegetale che si scioglie in bocca.

Dalle gelaterie ai boschi, il passo è breve. Basta seguire le bollicine naturali. Quelle, ad esempio, di Feral, che fermenta linfa di betulla con ortica, achillea, rafano e verbena per uno “spumante” selvatico e poetico. O quelle di FRUI Kombucha, che esplora da tempo le possibilità gustative e salutari dell’ortica. In Valbelluna, invece, i ragazzi di Funky Fermenteria trasformano in kombucha i fiori di sambuco e gli aghi di abete rosso raccolti nei boschi. Il risultato è una bevanda che racconta un paesaggio, prima ancora di dissetare.

Ci sono poi realtà che coltivano e trasformano le erbe con un senso di cura quasi religioso. Come Alma Toscana, che nella loro tenuta in Valdichiana raccoglie a mano erbe aromatiche che poi essiccano al buio in una vecchia vinsantaia, per preservarne ogni sfumatura aromatica. Il sale? Quello delle miniere di Volterra, “il più puro d’Italia”, spiegano. Nascono così barattoli pieni di profumi intensi e rispettosi, che bastano da soli a far vibrare un piatto. Profumieri del gusto, più che artigiani.

Anche Orti Geometrici, in Abruzzo, lavora con una logica affine: salvia sclarea, elicriso e altre varietà coltivate con precisione quasi zen diventano base per bevande fermentate dal carattere forte e raffinato. Ogni bottiglia è una mappa botanica da decifrare sorso dopo sorso.

E poi ci sono quelli che con le erbe raccontano anche un pensiero politico, ecologico, poetico. Come Selvatica Lab, una comunità creativa che usa foglie di fico e raccolte spontanee per dare voce a un paesaggio che resiste, che custodisce, che si fa racconto. O come la collaborazione tra Tibi e Biula, che ha dato vita a un kefir di linfa di betulla wild della Val Varaita: una bevanda che è quasi una formula magica, da bere con attenzione, come si beve una storia.

Quello che accomuna tutti questi progetti è un cambio di sguardo. Non si parte più dalla pianta come ingrediente, ma la si vede come soggetto. Si entra nel mondo vegetale per affinità, per studio, per amore. E lo si lascia parlare, anche nei piatti, nei coni e nei bicchieri. È un’Italia di artigiani che, mentre il mondo si affanna, sa ancora trovare un’erba buona, una fermentazione viva, un gusto che prima non esisteva.

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