Max Mara si ritira dal ‘Polo della moda’. “Clima di strumentalizzazione”
A fronte del “clima di divisione e strumentalizzazione” creatosi attorno al ‘Polo della moda’, in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, il gruppo Max Mara ha annunciato il suo “ritiro definitivo” dal progetto. A comunicarlo ufficialmente è il presidente, Luigi Maramotti, in una nota che ufficializza l’abbandono dell’investimento – confermato già più di un anno fa – da 100 milioni di euro che avrebbe dovuto riqualificare l’area delle ex Fiere di Reggio Emilia, a fianco del Campus Max Mara da anni operativo nell’area settentrionale della città, ai piedi di uno dei ponti di Calatrava.
La mossa arriva in seguito a settimane di polemiche che hanno visto il player italiano accusato di soprusi e maltrattamenti ai danni dei 210 lavoratori, perlopiù donne, impegnati nella sede di Manifattura San Maurizio di Reggio Emilia, fiore all’occhiello del gruppo. “Ci hanno chiamate mucche da mungere. Ci hanno detto che siamo grasse, obese, e ci hanno consigliato gli esercizi da fare a casa per dimagrire. Ci pagano praticamente a cottimo e controllano anche quante volte andiamo in bagno, ma siamo tutte donne, abbiamo il ciclo: è disumano. Ora basta”, si leggeva su Il Fatto Quotidiano, che aveva riportato la voce delle lavoratrici poi confluita, per la prima volta dopo oltre quarant’anni, in uno sciopero storico di due giornate proclamato dalle sigle sindacali Filctem-Cgil, intaccando così l’immagine fino a questo momento immacolata di una delle produzioni considerate tra le eccellenze dell’italianità.
Tra i reparti dove si confezionano capi d’abbigliamento e, soprattutto, i celebri cappotti targati Max Mara, le lavoratrici raccontano si celi un clima tossico e insostenibile all’insegna di turni massacranti, insulti e pressioni costanti. “Se chiedi di ascoltare un po’ di musica mentre lavori, ti rispondono che sei lì per produrre, non per godertela. E se un giorno vai più piano, ti fanno sentire colpevole. Ogni minuto conta, ogni gesto è cronometrato. Siamo sotto sorveglianza costante”.
La riposta dell’azienda ha tardato ad arrivare. Dall’iniziale “non abbiamo dichiarazioni da rilasciare in merito”, Max Mara ha poi preso la parola con una nota diffusa solo ieri, che vuole smentire le accuse che hanno incendiato le scorse settimane: “Da sempre mettiamo al centro dell’attenzione l’impegno quotidiano, i nostri collaboratori, il rispetto delle regole e la qualità del prodotto, convinti che sia questo il modo più autentico per contribuire a dare valore al nostro territorio e al nostro Paese. Oggi, tuttavia, a causa di una campagna caratterizzata da disinformazione, sensazionalismo e superficialità sentiamo il dovere di prendere parola ed intervenire, sia per rispetto della verità che a tutela delle persone che ogni giorno, da quasi 75 anni, lavorano per la reputazione ed il prestigio di Max Mara Fashion Group”.
Ancora: “Intendiamo smentire che vi sia all’interno di Max Mara Fashion Group un clima lesivo della dignità delle persone, come confermato dall’intervento pubblico di una folta rappresentanza di lavoratrici della Manifatture di San Maurizio. Per coerenza con il nostro stile abbiamo atteso alcuni giorni prima di intervenire pubblicamente sulle notizie che riguardano le nostre politiche del lavoro: la nostra azienda non è abituata a commentare, ma a lavorare”.
Contestualmente, il gruppo ha annunciato anche il suo “ritiro definitivo” dall’ambizioso progetto del ‘Polo della Moda’ insieme al Comune di Reggio Emilia. La scelta di abbandonare il progetto, riportata dalla stampa locale, è stata comunicata dal presidente del gruppo, Luigi Maramotti, in una lettera al sindaco Marco Massari, e sarebbe il risultato del “clima di divisione e strumentalizzazione” che ha reso impossibile la prosecuzione di un piano di sviluppo considerato strategico per la città. “Nonostante l’impegno profuso dai nostri collaboratori, dai professionisti e dai funzionari dell’amministrazione pubblica, che ringraziamo, dobbiamo prendere atto delle perplessità e delle divisioni emerse”, ha dichiarato Maramotti.
Il punto di rottura sarebbe stato il consiglio comunale del 23 giugno, il cui dibattito si è concentrato non tanto sulle promesse urbanistiche ed economiche del progetto, ma sugli equilibri industriali interni al Gruppo Max Mara, anche alla luce dei recenti accadimenti. “Il voto favorevole di gran parte dei consiglieri – ha continuato il presidente – è stato in realtà un voto condizionato a future verifiche sul comportamento del nostro gruppo, come se avessimo bisogno di stimoli esterni per rispettare la legalità ed i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori”.
La nota pubblicata dal gruppo, inoltre, dichiarava “sconcerto per le dichiarazioni pubbliche del sindaco Massari relative alle condizioni di lavoro in un’azienda controllata, la Manifatture di San Maurizio”. Il sindaco, secondo Max Mara, non avrebbe “in nessun modo cercato di approfondire la fondatezza dei fatti riportati prima di esprimersi pubblicamente, allineandosi con le affermazioni unilaterali di una singola componente sindacale. Un semplice confronto informativo preventivo sarebbe stato sufficiente a chiarire la nostra posizione, come peraltro dimostrato da una lettera aperta e circostanziata inviata ai media e firmata da numerose collaboratrici e collaboratori”.
La società, inoltre, ha precisato di non voler procedere all’acquisizione dell’area, a fronte dell’attuale clima di incertezza. “Non possiamo esporci ad attacchi diffamatori che minino ingiustamente il marchio MaxMara alla vigilia del 75° anniversario dalla fondazione”, ha concluso Maramotti.
Nonostante il ritiro dal ‘Polo della moda’, la proprietà “conferma l’intenzione di continuare a investire nelle aziende del gruppo anche sul territorio. MaxMara si augura che il lavoro di analisi svolto sull’area possa comunque essere utile in futuro per individuare un soggetto attuatore in grado di realizzare un progetto alternativo per l’area in oggetto che garantisca la crescita della città”.
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