Piantedosi, ministro della guerra ai migranti: ma i sequestri-vendetta del Viminale contro le navi delle Ong sono un flop

Ottobre 31, 2025 - 00:00
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Piantedosi, ministro della guerra ai migranti: ma i sequestri-vendetta del Viminale contro le navi delle Ong sono un flop

Mentre la nave del soccorso civile Mediterranea lascia finalmente il porto di Trapani, dove il ministro Piantedosi l’aveva sequestrata, illegittimamente secondo i giudici, vengono in mente le parole dello scrittore Joseph Conrad: “Una nave in darsena, circondata dalle banchine e dai muri, ha l’apparenza di una prigioniera che medita sulla libertà, con la tristezza di uno spirito libero, messo a freno…”.

Mediterranea era stata imprigionata, fermata, dal Ministero degli Interni. Sarebbe forse il caso, come ha fatto Trump rinominando il Ministero della Difesa in “Ministero della Guerra”, di rinominare anche quello italiano: “Ministero per il blocco ai soccorsi”, o più trumpianamente “Ministero della guerra ai migranti”. Il pretesto utilizzato per fermare l’attività di ricerca e soccorso, aveva a che fare con la “disobbedienza” ad un ordine sempre impartito dallo stesso ministro. Tra l’imbarazzo della Guardia Costiera e della Sanità Marittima, Piantedosi voleva imporre che dopo l’ultimo soccorso, i dieci ragazzi profughi Kurdi salvati dalla morte in mare, fossero sottoposti alla tortura di altri cinque giorni di navigazione, lungo tutta l’Italia tirrenica, su fino al mar Ligure, con destinazione Genova.

Migliaia di miglia, non solo non verso il “porto più vicino” come prevederebbe la Convenzione di Amburgo, ma fino a quello più lontano possibile. Le valutazioni dei medici sul “grave stato traumatico” dei dieci esseri umani soccorsi? Carta straccia per Piantedosi. Quando il comandante e il capomissione decisero di non obbedire a quell’ordine ingiusto, recandosi al porto di Trapani dove i naufraghi poterono sbarcare ed essere curati, Piantedosi mise in atto la rappresaglia: due mesi di sequestro della nave e diecimila euro di multa. Fece anche uno dei suoi tweet celebrativi dei suoi successi, quelli che ogni giorno ricordano il suo “eroismo” nella guerra contro i migranti: rivendicava la vendetta contro chi aveva osato “disobbedire allo Stato”, e dietro di lui come “un sol uomo”, tutte le truppe della destra. Da Salvini a Montaruli, da Donzelli a Donazzan. Il partito di Meloni, con tanto di card ufficiale, tronfio come sempre.

Quando Mediterranea ha vinto il ricorso davanti ad una giudice del Tribunale civile che ha immediatamente sospeso “un provvedimento immotivato, inutilmente penalizzante e dal dubbio profilo legale”, tutti muti. Nemmeno una parola. Il capomissione di Mediterranea, mentre la nave entrava nel porto di Trapani con i naufraghi, aveva rilasciato una dichiarazione forte: “trattano le persone come sacchi di immondizia”. Si riferiva alle milizie libiche, quelle che di giorno fanno la polizia di frontiera – usare il termine guardia costiera è un insulto alla storia dei corpi di salvataggio in mare di tutto il mondo – strapagati dall’Italia, e di notte arrotondano con il business del traffico di esseri umani; ma si riferiva anche al nostro Ministro, per il quale l’interesse per la salute dei migranti, chiusi in un lager libico o sopravvissuti in mare, è pari a zero. Sono solo “futura feccia” come diceva dei banlieusard il detenuto Sarkozy, che per coprire i finanziamenti illeciti alla sua campagna elettorale, ha solo scatenato una guerra. Sono sacchi di immondizia quando vengono gettati nei CPR, senza aver commesso alcun reato e trattati peggio del 41 bis. Sono sacchi di immondizia, e non esseri umani, quando l’autocrate Saied, in Tunisia, li deporta nel deserto, bambini compresi, o li fa ammazzare a bastonate in mezzo agli ulivi della periferia di Sfax.

Si è mai sentito Piantedosi richiamare qualcuno dei tagliagole con cui si intrattiene al Viminale, quelli tipo Almasri, al rispetto anche minimo dei diritti umani? Si è mai sentita la premier, tra un Piano Mattei e l’altro, protestare per le fosse comuni in Libia, per le torture, per gli annegamenti provocati dai suoi “amici” del governo di Tripoli o della giunta militare di Haftar? No, e non li sentiremo. Per chi considera persone sacchi di immondizia, non vi è ragione di farla tanto lunga. Ci vogliono discariche, si possono buttare a mare, si possono seppellire. E chi vuole l’immondizia a casa sua? Il “rusco”, come dicono a Bologna, bisogna buttarlo fuori da casa, non farlo entrare. Singolare che papa Leone abbia usato la stessa formula nel suo discorso ai movimenti popolari: “…migranti vulnerabili vittime di abusi e trattati come “spazzatura”. Qualcuno, nei giornali, ha cercato di “delimitare” agli Stati Uniti di Trump e delle deportazioni selvagge, questo riferimento del pontefice al trattamento disumano degli Stati contro le persone migranti.

Ci ha pensato il cardinale Czerny, prefetto del Dicastero per lo sviluppo umano integrale e molto vicino a papa Leone, a chiarire in una intervista: “Si riferiva anche all’Italia”. Ma tutti muti, anche davanti alle parole chiarissime di papa Leone. Come facevano con Francesco. Cattolicissimi, cristiani a tal punto da rivendicarlo con il rosario in mano durante i comizi, sempre in prima fila alla Messa domenicale, ma su questo muti. Il loro silenzio, da “sepolcri imbiancati”, evangelicamente parlando, permette oggi all’equipaggio di Mediterranea, una straordinaria crew proveniente da molti paesi, di sentire solo il rumore del mare. Perché, per fortuna, se un manipolo di potenti è arrivato a trattare degli esseri umani come spazzatura, ci sono migliaia di persone che invece li considerano per quello che sono: appartenenti alla comune famiglia umana.

La capomissione, Sheila Melosu, giovane donna palermitana, ha le idee chiare: “Sentiamo la necessità di intervenire in una situazione drammatica, quella del Mediterraneo centrale: solo nelle ultime due settimane si è avuta notizia di quattro naufragi con conseguenze tragiche, due nei pressi di Lampedusa, uno al largo delle coste tunisine di Madhia e uno a pochi metri dalla spiaggia libica di Sabratha, con decine di vite perdute in mare”. Secondo le Nazioni Unite, i morti accertati da inizio anno sono 1400. Decine di migliaia sono le vittime di catture e deportazioni nei lager libici, finanziate da Unione Europea, Italia e Malta. Mediterranea va incontro a questi fratelli e sorelle, per aiutare la vita e contro la morte. Come tutte le altre navi di soccorso che la società civile ha messo in mare per colmare il vuoto di istituzioni che vedono solo sacchi di spazzatura. Non è un vuoto di mezzi, di denaro, di eserciti, di tecnologie, di potere, quello delle istituzioni. È un vuoto etico, morale, umano. Il disumano si è accomodato tra di loro, ma non deve stare tranquillo. C’è chi agisce, con gioia e con speranza, per cacciarlo dalle nostre vite. Difronte a questa sfida, conta così tanto Piantedosi? Buon vento Mediterranea.

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