Ponte Morandi, l’affondo del pm su Castellucci: “Le sue scelte strategiche lo rendono responsabile”


Genova. La sua posizione è stata tenuta per ultima ma oggi il pm Marco Airoldi ha dedicato a Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Aspi e della controllante Atlantia (attualmente in carcere per la strage del bus di Avellino dopo la condanna a 6 anni) l’intera udienza. Domani per lui e gli altri 56 imputati per il crollo del ponte Morandi arriveranno, dopo quattro mesi di requisitoria dell’accusa le richieste di condanna.
Il pm Marco Airoldi ha parlato del “regno molto lungo” di Castellucci, che era arrivato in autostrade nel 2001, come direttore generale, e vi è rimasto fino a poco dopo il disastro del 14 agosto 2018.
Le “scelte strategiche” di Castellucci secondo il pm
Per l’accusa l’ex ad ha fatto una serie di scelte strategiche per l’azienda, scelte che potevano essere compiute solo da chi occupava il livello apicale della società. E che portarono, stando ai pm, alle mancanze in fatto di manutenzione e sorveglianza per massimizzare i profitti. “Castellucci non è sotto processo perché era un amministratore delegato – ha detto il pm – ma perché nello svolgimento della sua attività non solo aveva informazioni sul viadotto Polcevera ma anche perché ne ha preso in carico concretamente la gestione”.
Il pm ha parlato quindi delle scelte strategiche compiute da Castellucci. Una di queste è quella che arriva nel 2007, quando si stipula la nuova convenzione tra concedente e concessionario, vale a dire tra Anas e Autostrade e in cui si prevede che per i 10 anni successivi gli utili per la concessionaria ammonteranno a più di 6 miliardi e 200 milioni. Nello stesso anno viene stipulata la nuova convenzione tra Aspi e la controllata Spea, da cui emerge un “progressivo strangolamento di Spea, a cui piano piano viene ridotto il compenso. “Con la nuova convenzione Spea deve sobbarcarsi a sue spese – ha ricordato Airoldi – le attività di sorveglianza più onerose”. Tra le scelte strategiche compiute da Castellucci c’è quella di “far sorvegliare la rete a proprio uomini affidando la sorveglianza a soggetto non indipendente” “Una legittima ma una delle scelte possibili” sottolinea il pm ricordando che “dopo il crollo non è stata più conseguita anche dallo stesso concessionario” che ha invece scelto di affidarsi a soggetti esterni. Per l’accusa l’ingegnere Giovanni Castellucci non doveva andare sugli stralli, ma doveva dire di andare a fare i controlli e non lo fece” perché la filosofia aziendale era che “Aspi era l’unico centro di profitto” e bisognava ridurre i costi.
Altro anno chiave è il 2010. Airoldi ha ricordano la riunione di induction di cui ha parlato il teste-chiave Ganni Mion (qui l’articolo) dove l’ex direttore generale di Aspi Riccardo Mollo, alla domanda dello stesso Mion su chi certificava “l’agibilità” del viadotto (dopo che in quella riunione alcuni tecnici avevano detto che quel viadotto era a rischio per un difetto di progettazione) rispose che la sicurezza “ce la autocertifichiamo”, E Castellucci – secondo l’accusa – a quel punto chiese a Galatà (amministratore delegato di Spea) una nota sulla situazione del viadotto Polcevera specificando che quella relazione doveva essere firmata da Spea. In quella nota si affermava che il ponte Morandi era “sotto un monitoraggio costante” e non aveva problemi strutturali e non necessitava di interventi strutturali urgenti.
Ancora, nell’affondo dell’accusa ci sono le spese per la manutenzione “preventiva” del Morandi: “Dal 2009 al crollo – ha detto il pm mostrando i dati – per il Morandi sono stati spesi 193mila euro, soldi che si spendono per la ristrutturazione di un’abitazione”. L’accusa ha citato il catalogo dei rischi del 2013 in cui era scritto nero su bianco ‘“Crollo de viadotto Polcevera per ritardati interventi di manutenzione’. Questa è per il pm “quasi una pistola fumante” perché “il rischio è connesso a un ritardo nella manutenzione: il rischio è che l’opera potrebbe cadere per ritardo nella manutenzione e questo dipende dalla volontà di chi deve gestirlo, non da un terremoto o da un’eruzione vulcanica”.
E ancora nel 2015, tutti gli studi affidati ad esterni ma senza i controlli straordinari e senza poi realizzare i suggerimenti ricevuti. “Castellucci avrebbe dovuto dire che andava fatta una verifica di sicurezza ma il suo intervento è stato quello delle note senza accertamenti”. Insomma, l’ex ad conosceva le condizioni del ponte, le criticità permangono dal 2009 e per “sue scelte strategiche non è stato fatto nulla tant’è che dopo sette anni siamo ancora pieni di cantieri per l’effetto crollo”.
Castellucci in videocollegamento dal carcere di Opera
Castellucci ha seguito l’udienza in videocollegamento, dal carcere di Opera, a Milano, dove è detenuto. Non ha rilasciato dichiarazioni spontanee. Lo farà più avanti, al momento dell’arringa dei suoi difensori. Proprio uno dei suoi avvocati, Giovanni Paolo Accinni, al termine dell’udienza ha ribadito ai giornalisti che il suo assistito “è in carcere ingiustamente per Avellino” e la sua posizione è quella di un martire “di un San Sebastiano senza frecce“. Accinni non ha voluto entrare nei dettagli della sua arringa, che arriverà tra qualche mese, ma si è limitato a commentare: “E’ davvero credibile e logico che in 50 anni di vita del ponte in cui si sono avvicendati moltissimo soggetti che tra loro nemmeno si conoscevano fossero tutti conniventi o dei poco di buono? A me pare proprio di no”.
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