Povertà infantile in Inghilterra: la nuova emergenza sociale

Lug 9, 2025 - 17:30
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Povertà infantile in Inghilterra: la nuova emergenza sociale

L’immagine di un bambino inglese che dorme sul pavimento, senza un letto, mentre la madre salta i pasti per nutrirlo, non appartiene al passato vittoriano. È la realtà di oggi, che molte charities definiscono “quasi dickensiana”. Il Regno Unito, tra le principali economie mondiali, si trova a fronteggiare una crisi sociale che colpisce la parte più vulnerabile della popolazione: i minori. Con oltre 4 milioni di bambini in povertà relativa, la questione non è più soltanto statistica o politica, ma morale. La società civile lancia l’allarme, mentre il governo fatica a proporre risposte convincenti. In questo articolo esploreremo le cause profonde, gli effetti sulla vita dei bambini, le strategie proposte per arginare l’emergenza e il contesto storico che rende la definizione “dickensiana” più di una semplice figura retorica.

Un’emergenza invisibile: i numeri e le storie dietro le statistiche

Il Regno Unito è spesso associato a immagini di prosperità: la City di Londra, quartieri residenziali eleganti, turismo internazionale. Tuttavia, dietro questa facciata scintillante si nasconde una realtà molto meno patinata. Secondo le stime più aggiornate, oltre 4 milioni di bambini vivono in povertà relativa in Inghilterra. Ciò significa che un bambino su tre cresce in famiglie che non riescono a soddisfare i bisogni basilari, nonostante in molti casi i genitori lavorino a tempo pieno.

Organizzazioni come il Child Poverty Action Group descrivono scene drammatiche: bambini che dormono su pavimenti freddi perché la famiglia non può permettersi un letto, madri che saltano i pasti per dare qualcosa da mangiare ai figli, adolescenti che rinunciano a scuola o attività sociali perché non hanno denaro per i trasporti o un’uniforme.

Secondo Save the Children UK, la povertà minorile non è un destino inevitabile ma il risultato di scelte politiche. E la definizione di “quasi dickensiana” non è casuale: evoca un’Inghilterra vittoriana fatta di orfanotrofi, lavoro minorile e famiglie ammassate in tuguri malsani.

Le charities denunciano che la situazione non è frutto di un evento improvviso ma l’esito di oltre un decennio di politiche di austerità, tagli ai servizi sociali e un welfare sempre più frammentato. Il risultato è un Paese con un livello di diseguaglianza cresciuto in modo preoccupante.

Cause profonde: lavoro povero, tagli sociali e alloggi precari

Quando si parla di povertà infantile, l’immaginario comune pensa a famiglie disoccupate o marginalizzate. In realtà, una parte significativa di questi bambini vive in famiglie con almeno un genitore lavoratore. È il fenomeno del working poor, cresciuto vertiginosamente in Inghilterra.

Il costo della vita, in particolare per affitti e utenze, è aumentato molto più rapidamente dei salari. Molti genitori devono scegliere se pagare il riscaldamento o comprare cibo sufficiente. La situazione si è aggravata con l’inflazione post-pandemia e la crisi energetica.

Un altro fattore cruciale è stato il taglio ai benefici e ai servizi sociali. L’introduzione di Universal Credit, concepito per semplificare il welfare, ha finito per ridurre o ritardare l’accesso agli aiuti. Numerosi studi hanno dimostrato che le famiglie con bambini sono tra le più colpite da queste riforme.

Il problema dell’alloggio è altrettanto grave. La scarsità di case popolari, le liste d’attesa interminabili e l’aumento degli affitti hanno costretto molte famiglie a vivere in strutture temporanee o alloggi inadatti. Anche i dati governativi mostrano un aumento del numero di bambini che vivono in sistemazioni temporanee, spesso stanze d’albergo sovraffollate e senza spazi per studiare o giocare.

Questa combinazione di fattori produce non solo deprivazione materiale, ma un senso di insicurezza cronica che segna l’infanzia in modo profondo.

Effetti sulla salute e sul futuro dei bambini

Non si tratta solo di mancanza di soldi o cibo. La povertà minorile ha effetti devastanti sulla salute fisica e mentale.

Molti bambini crescono malnutriti, con diete povere di frutta, verdura e proteine. I casi di obesità infantile sono paradossalmente più alti nelle aree povere, legati a un’alimentazione a basso costo e di scarsa qualità.

Le condizioni abitative precarie aumentano il rischio di malattie respiratorie, come asma, a causa di muffa e umidità. Il sovraffollamento espone i bambini a stress e a mancanza di privacy, con impatti negativi sul benessere psicologico.

La salute mentale è un altro ambito critico. Vivere con l’ansia costante per i soldi, vedere i genitori stressati o depressi, sentire il peso dell’esclusione sociale: tutto questo può generare disturbi d’ansia, depressione o problemi comportamentali.

L’istruzione è colpita in modo drammatico. Molti bambini non hanno un posto tranquillo dove studiare, né i materiali necessari. Le charities raccontano di studenti che non possono partecipare alle gite scolastiche o che evitano di andare a scuola per vergogna di non avere l’uniforme.

Le conseguenze non si limitano all’infanzia: la povertà minorile è uno dei principali predittori della povertà adulta. Senza interventi mirati, si rischia di consolidare un ciclo intergenerazionale di svantaggio.

Il dibattito politico e le risposte istituzionali

Il governo britannico dichiara di essere impegnato a sostenere le famiglie. Le politiche ufficiali puntano a rendere il lavoro la “migliore via di uscita dalla povertà”. In teoria, un obiettivo condivisibile. Ma secondo molte associazioni il problema è che troppi lavoratori guadagnano troppo poco e non possono sostenere i costi della vita.

Gli aumenti del salario minimo non sono riusciti a tenere il passo con l’inflazione. I sussidi non sono indicizzati in modo adeguato. E le famiglie con più figli hanno visto restrizioni significative, come il famoso two-child limit, che riduce i benefici per il terzo figlio in poi.

Le charities chiedono un piano nazionale di contrasto alla povertà infantile, con obiettivi chiari e misurabili. Vorrebbero la cancellazione del limite ai due figli nei benefit, aumenti reali del credito universale, investimenti in alloggi sociali e un potenziamento dei servizi di consulenza e supporto per le famiglie.

Anche il The Guardian ha sottolineato la distanza tra le dichiarazioni governative e la realtà sul terreno. Non basta parlare di lavoro come soluzione universale se non si affrontano la precarietà, i bassi salari e i costi dell’alloggio.

Un’eredità storica: perché si parla di “quasi dickensiana”

Il termine dickensiano non è stato scelto a caso dalle charities. Charles Dickens è noto per aver descritto l’Inghilterra vittoriana, un’epoca di disuguaglianze abissali. Nei suoi romanzi i bambini lavorano in fabbrica o vivono in orfanotrofi lugubri, in condizioni di miseria che la società preferisce ignorare.

Oggi non vediamo più lavoro minorile nelle filande, ma persistono dinamiche simili: una società ricca e moderna che convive con sacche di povertà estrema, spesso nascoste alla vista.

La retorica dell’“equal opportunity” si scontra con i dati. La mobilità sociale è in calo, la disuguaglianza cresce. E le charities avvertono che senza interventi forti e sistemici, l’Inghilterra rischia di tornare a livelli di povertà infantile che si credevano superati da oltre un secolo.

Strategie e soluzioni proposte: la visione delle charities

Il Child Poverty Action Group e altre associazioni propongono misure molto concrete. Tra queste, un piano nazionale che miri a ridurre la povertà infantile entro date precise, come avvenne con successo nei primi anni 2000.

Chiedono aumenti sostanziali dei benefici per l’infanzia, rimozione del limite ai due figli, miglioramento delle tempistiche di pagamento del credito universale.

Serve anche un piano abitativo serio. Gli affitti elevati e la scarsità di case popolari costringono troppe famiglie a situazioni di emergenza. Investire in alloggi a prezzi calmierati sarebbe un passo cruciale.

Infine, si richiede un rafforzamento dei servizi di consulenza familiare, inclusi i genetic counsellors per le diagnosi mediche e i supporti psicologici per i bambini stressati dalla povertà.

Queste proposte non sono utopia: paesi con politiche di welfare più generose mostrano livelli di povertà infantile molto più bassi.


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