Quanto costa la complessità normativa europea

Dicembre 10, 2025 - 19:00
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Quanto costa la complessità normativa europea

lentepubblica.it

I costi della complessa regolamentazione europea pesano su innovazione e crescita. Ecco perché servono leggi più semplici, chiare ed efficaci.


Sulle pagine di questo notiziario ci eravamo già occupati dei costi relativi alle cattive leggi in Italia (https://lentepubblica.it/cittadini-e-imprese/cattive-leggi-economia-fragile-quando-la-burocrazia-frena-il-paese/).

Il miglioramento della regolamentazione è diventato un tema centrale nel processo legislativo dell’Ue. Ci si riferisce al tentativo di garantire che le leggi non siano solo efficaci e necessarie, ma anche trasparenti, proporzionate, basate su dati concreti e facili da attuare. Si tratta di principi fondamentali per mantenere la fiducia dei cittadini, promuovere la competitività e migliorare la qualità e la legittimità complessive della governance dell’Ue. Sebbene negli anni siano stati compiuti progressi significativi, rimangono considerevoli ostacoli. Le imprese europee continuano a ritenere che la regolamentazione sia un ostacolo alla crescita, più di quanto non valga per le loro controparti Usa. E la questione è particolarmente preoccupante se pensiamo alle ambizioni europee su competitività e innovazione, nelle cui recenti discussioni sono stati infatti esaminati anche questi parametri.

Le criticità: norme complesse, costi elevati e scarsa trasparenza

In particolare, la farraginosità e la scarsa qualità delle norme riducono gli spazi per l’innovazione e distruggono ricchezza. Troppe regole strangolano la crescita. Ma non è solo questione di quantità: anche la farraginosità e la scarsa qualità delle norme riducono gli spazi per l’innovazione e distruggono ricchezza.

Tuttavia, l’impegno dell’Ue per una migliore regolamentazione non mira all’alleggerimento degli standard, ma accade sovente che le valutazioni d’impatto non vengono applicate. Inoltre, la segretezza dei negoziati trilaterali continua a minare la trasparenza e i processi di consultazione. Il futuro della regolamentazione dell’UE dipende non solo da un minor numero di leggi, ma anche da leggi migliori, elaborate sulla base di dati concreti, attuate in modo equo e valutate regolarmente per il loro impatto nel mondo reale.

Regolamentazione europea: i dati secondo la ricerca Epicenter–IBL

Una ricerca di Epicenter centro studi europeo in collaborazione con l’Istituto Bruno Leoni, studia la qualità del diritto dell’Unione europea e offre utili spunti per ridurne i costi impliciti. È importante comprendere il nesso tra il modo in cui sono scritte le leggi e gli incentivi o disincentivi che questo determina sull’attività economica. Nel corso del tempo, la qualità delle norme europee sembra essersi deteriorata; inoltre, queste vengono rese ancora più intricate dopo i passaggi al Parlamento europeo che, invece di correggere le storture della Commissione, finiscono per aggiungere disordine e burocrazia. Per esempio, “le direttive UE dal 2022 al 2024 presentano strutture sintattiche sempre più complesse, con una media di 38,6 parole e 250 caratteri per frase e 1,9 virgole per frase.

Complessità sintattica e dimensione degli atti

Queste cifre sono in netto contrasto con la raccomandazione della Plain English Campaign del Regno Unito di non superare le 20 parole per frase”. Non solo: “Dato che molte direttive dell’UE superano le 30.000 parole e presentano frasi lunghe e complesse con una media di quasi 39 parole, una qualsiasi direttiva potrebbe realisticamente richiedere da quattro a sei ore di lettura per un non esperto disposto a concentrarsi nell’impresa”. E ancora: “In media, gli atti giuridici coprono 24,4 pagine e contengono 11,7 articoli, anche se la loro lunghezza varia notevolmente di anno in anno. La lunghezza media più elevata è stata registrata nel 2023 (33,3 pagine), mentre quella più breve nel 2024 (19,2 pagine).

Il settore dell’energia ha prodotto gli atti più lunghi (68,7 pagine; 17,3 articoli), seguito dal settore “ambiente, consumatori e protezione della salute” (40 pagine; 14,4 articoli). Al contrario, i settori “libertà, sicurezza e giustizia” (8,4 pagine, 7,9 articoli) e “questioni generali, finanziarie e istituzionali” (9 pagine, 4 articoli) hanno prodotto gli atti più concisi”. Queste complessità si estendono alle Valutazioni di impatto, non sempre realizzate e spesso insufficienti o a loro volta scritte in modo incomprensibile, e all’iter delle norme, raramente pianificato in anticipo.

Perché migliorare la regolamentazione conviene all’Italia e all’UE

Il modo in cui le leggi vengono scritte genera due tipologie di costi: da un lato, la necessità per le persone di avvalersi di consulenze di esperti la cui principale funzione è “tradurre” le leggi in lingua corrente. Dall’altro, la complessità sintattica spesso si traduce in incertezza interpretativa, lasciando quindi ai tribunali l’ultima parola, con ovvie conseguenze in termini di tempi e costi per accertare il reale contenuto delle leggi. L’impatto di tutto questo è macroscopico. Un recente studio sull’Italia – che certo in materia di arzigogoli normativi può dare lezioni al mondo – ha stimato il costo della complessità normativa (intesa appunto come comprensibilità letterale delle norme) nell’enorme cifra di 110 miliardi di euro, pari al 5% del Pil.

Migliorare la qualità del diritto è fondamentale. Il processo deve partire necessariamente da Bruxelles, perché gran parte delle norme nazionali derivano direttamente o indirettamente da input europei: l’Italia è bravissima a complicare le cose semplici, ma se già il punto di partenza è zeppo di intoppi lessicali, la ricetta per il declino è servita.

La ricerca in formato PDF: IBL_Focus_384-Epicenter

Roberto Onorati

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