Rinnovabili ferme per (assenza di) decreto, il Governo fa ricorso sulle aree idonee

Lug 17, 2025 - 19:30
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Rinnovabili ferme per (assenza di) decreto, il Governo fa ricorso sulle aree idonee

A inizio giugno a margine di un evento ai Mercati di Traiano - Museo dei Fori imperiali, dove è intervenuto con delega della presidente Meloni, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto è stato molto chiaro: il suo dicastero non avrebbe presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar Lazio che ha smontato il decreto sulle Aree idonee alle rinnovabili, garantendo anzi di «star preparando un decreto interministeriale di adeguamento a quelli che sono gli indirizzi del Tar, quindi dando indicazioni più puntuali alle Regioni».

Tale adeguamento era imposto dal Tar entro 60 giorni dalla sentenza, scaduti il 13 luglio senza alcuna novità dal ministero dell’Ambiente. Fino a ieri, quando è arrivata una retromarcia a tempo scaduto: i dicasteri all’Ambiente, all’Agricoltura e alla Cultura hanno deciso d’impugnare al Consiglio di Stato la sentenza del Tar Lazio, con camera di consiglio fissata al 26 di agosto.

In questo modo si allunga al massimo possibile l’incertezza legislativa sul fronte delle rinnovabili: la partita sulle aree idonee avrebbe dovuto chiudersi già quattro anni fa a valle del Dlgs n. 199/2021, mentre il Governo Meloni ha atteso fino al 21 giugno 2024 per varare quel decreto poi affossato dal Tar, e adesso sta per partire un nuovo giro di giostra.

«La fiducia delle imprese e la credibilità degli indirizzi strategici del Paese richiedono coerenza, soprattutto quando si ha la responsabilità della politica energetica. Mentre prosegue il ritardo del nuovo Decreto Aree idonee, contrariamente alle dichiarazioni di un mese fa il Mase ha presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar Lazio che ha parzialmente annullato il decreto», commenta amaro il presidente di Asja energy e past president di Elettricità futura, Agostino Re Rebaudengo, a maggior ragione perché gli interventi per sanare la lacuna legislativa sono ben noti da tempo.

Le imprese delle rinnovabili, in ogni caso, non si arrendono. Contattato dalla redazione di greenreport, il presidente dell’Associazione nazionale energia del vento (Anev) Simone Togni – ovvero il soggetto che ha avanzato e vinto il ricorso al Tar Lazio, insieme ad altri operatori di settore – conferma che l’Anev si costituirà presentando appello incidentale, e che l’Avvocatura dello Stato non ha intenzione di chiedere i 7 giorni di rinvio proposti dall’Anev per motivi puramente pratici (avere il tempo necessario a preparare i mandati e l’atto). Si attendono dunque oltre quattro anni sul fronte legislativo, mentre in aula vige solerzia a senso unico.

«La spiegazione di tale comportamento schizofrenico è una sola: immobilismo. Altro che sicurezza energetica», commenta la responsabile Clima ed energia del Wwf Italia, Mariagrazia Midulla. Del resto come documenta Legambiente, per rispettare il pur timido obiettivo contenuto nel decreto Aree idonee del Governo Meloni, ovvero installare +80 GW dal 2021 al 2030, l’Italia dovrebbe fare spazio a nuovi impianti per un minimo di 10,38 GW/anno – che diventano +12 GW/anno per rispettare appieno i target RePowerEu fatti propri dal Piano elettrico 2030 elaborato dalla confindustriale Elettricità futura –, mentre anche nel 2024 si è fermata ampiamente sotto questa soglia (+7,48 GW). E nella prima parte del 2025 le installazioni hanno rallentato ancora: adesso sarebbe necessario accelerare, invece il Governo tira il freno a mano sulle rinnovabili.

Ad avanzare è solo la propaganda sul ritorno dell’energia dall’atomo, spacciando come soluzione per gli attuali, elevati costi in bolletta, la realizzazione dei primi 0,4 GW da nucleare nel 2035. A tutto vantaggio dello status quo, dominato da gas e petrolio.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia