Soho, anima storica e culturale di Londra
Nel cuore pulsante di Londra esiste un quartiere che ha saputo reinventarsi più volte nel corso dei secoli senza mai perdere il suo carattere ribelle e artistico: Soho. A pochi passi da Oxford Circus e da Piccadilly, questa zona si è trasformata da terreno di caccia a crocevia multiculturale, da rifugio di immigrati a centro della nightlife londinese. Oggi, Soho è uno dei simboli della capitale britannica, un luogo che continua ad attirare artisti, turisti, ristoratori, imprenditori e sognatori. Ma la sua storia, ricca di contrasti, è ciò che lo rende davvero unico.
Dalle origini rurali alla città: una storia fatta di rivoluzioni
Il quartiere di Soho, così centrale e animato nel tessuto urbano londinese odierno, affonda le sue radici in un passato decisamente più tranquillo. Fino al tardo XVI secolo, l’intera area era conosciuta semplicemente come So-Hoe Fields — una distesa aperta di campi, boschi e pascoli, utilizzata principalmente per la caccia e per attività agricole.
Il nome “Soho” stesso sembra derivare da un grido di caccia in voga all’epoca, simile al moderno “Tally-ho!”. Questo richiama immediatamente l’uso originario del territorio come riserva venatoria reale, dove nobili e cacciatori si radunavano per inseguire selvaggina nei prati a ovest delle mura della vecchia Londra.
Tuttavia, a partire dal XVII secolo, la situazione iniziò a cambiare drasticamente. Dopo il devastante Great Fire of London del 1666, molti cittadini benestanti, artigiani e imprenditori fuggirono dalle zone centrali distrutte per cercare una sistemazione nelle aree meno affollate a ovest della City. Soho, situato appena oltre il confine di Westminster, apparve da subito come una scelta logica e strategica per la ricostruzione.
Il terreno che sarebbe poi diventato Soho fu inizialmente parte della Manor of St. James, una grande proprietà reale appartenente alla corona inglese. Intorno al 1677, la tenuta passò al conte di Portland, William Bentinck, uno dei consiglieri più fidati di Guglielmo III d’Orange. Bentinck intraprese un ambizioso progetto urbanistico con l’obiettivo di rendere Soho una zona residenziale di prestigio. Così nacquero le prime piazze eleganti, come Soho Square(originariamente chiamata King’s Square in onore di Carlo II) e Golden Square, simboli di un quartiere destinato a ospitare l’élite politica, commerciale e culturale della città.

Coloratissime vetrine indipendenti a Moor Street, uno dei tanti angoli nascosti di Soho.
L’architettura del primo sviluppo fu ispirata da uno stile tardo-rinascimentale con influssi olandesi e francesi. Le residenze signorili si alternavano a giardini privati e a piccole cappelle, come quella degli ugonotti protestanti in Dean Street, rifugiatisi a Londra per sfuggire alle persecuzioni religiose in Francia dopo la revoca dell’Editto di Nantes nel 1685. La comunità ugonotta lasciò un segno profondo: introdusse nuove tecniche artigianali, contribuì alla nascita di una vivace industria tessile e favorì una precoce multiculturalità che sarebbe poi diventata il marchio distintivo di Soho.
Durante il XVIII secolo, però, l’attrattiva dell’aristocrazia per Soho iniziò a diminuire. I nobili si spostarono verso nuove zone in espansione, come Mayfair e Belgravia, lasciando il quartiere in mano a una classe media emergente, composta da artisti, commercianti, immigrati e lavoratori manuali. Le grandi dimore vennero suddivise in appartamenti, botteghe o pensioni a basso costo. Questo cambiamento demografico trasformò Soho in un microcosmo sociale dove convivevano professionisti, intellettuali, immigrati e famiglie operaie, spesso in condizioni igieniche e abitative precarie.
Una delle pagine più note — e fondamentali dal punto di vista storico — è legata all’epidemia di colera del 1854. Soho, densamente popolato e con un sistema fognario inadeguato, fu duramente colpito dal morbo. Il dottor John Snow, medico e pioniere dell’epidemiologia moderna, intuì che la causa dell’epidemia fosse l’acqua contaminata proveniente da una specifica pompa in Broad Street (oggi Broadwick Street). Ordinando la rimozione della leva della pompa, Snow riuscì a contenere il contagio, dimostrando per la prima volta l’importanza delle infrastrutture sanitarie urbane. L’evento è commemorato da una targa e da una replica della pompa, diventate meta di “pellegrinaggio” per studiosi e visitatori.
La seconda metà del XIX secolo vide il moltiplicarsi delle comunità migranti: italiani, greci, cinesi e ebrei dell’Europa orientale si stabilirono nel quartiere, portando con sé cibo, lingua, religione e mestieri. In particolare, la Little Italy di Clerkenwell, vicinissima a Soho, influenzò l’identità gastronomica dell’area con panifici, salumerie e trattorie ancora oggi presenti.
Nel frattempo, Soho stava anche assumendo una reputazione più oscura. La sua centralità, unita ai prezzi più accessibili rispetto ad altri quartieri del West End, attirò un gran numero di locali notturni, bordelli e case da gioco. Molti dei teatri minori londinesi trovavano spazio qui, così come le prime sale di musica dal vivo. La mancanza di una pianificazione urbana rigida lasciava spazio alla sperimentazione e all’illegalità, rendendo Soho un territorio libero — o quantomeno tollerato — dove le convenzioni sociali venivano sfidate notte dopo notte.
Un altro elemento fondamentale nello sviluppo di Soho fu la vicinanza a Charing Cross Road e Tottenham Court Road, due delle arterie commerciali più importanti di Londra. L’introduzione della metropolitana di Londra (in particolare le linee Central e Northern) rese il quartiere facilmente raggiungibile sin dai primi anni del Novecento, facilitando l’afflusso di visitatori, musicisti, lavoratori, ma anche marginalità urbana.
All’alba del XX secolo, Soho si presentava già come un quartiere stratificato, in bilico tra eleganza decadente e modernità tumultuosa, patria di artisti e criminali, ristoratori e visionari. Era ormai chiaro: Soho non sarebbe mai stato un quartiere qualsiasi.
Arte, musica e controcultura: il lato creativo di Soho
Nel corso del Novecento, Soho consolidò la sua identità come epicentro dell’arte, della musica e della cultura alternativa londinese. Le sue strade strette e labirintiche divennero il palcoscenico di movimenti creativi e rivoluzionari, di fermenti intellettuali e avanguardie che resero il quartiere un riferimento imprescindibile per generazioni di artisti, scrittori e musicisti.
Dagli anni Venti agli anni Cinquanta, Soho fu punto d’incontro di scrittori e drammaturghi, molti dei quali frequentavano club letterari e bar underground. Tra i volti noti spicca quello di George Orwell, che visse per un periodo nei pressi di Dean Street, e che si ispirò al tessuto sociale del quartiere per la sua narrazione realista. Dylan Thomas, poeta gallese, era invece assiduo frequentatore del Wheatsheaf Pub, luogo di ritrovo di artisti bohémien e scrittori radicali.

Un tuffo nella storia del rock: all’interno di uno dei mitici negozi di strumenti musicali di Soho.
Soho ha avuto un ruolo chiave nella nascita e diffusione del jazz britannico. Negli anni Cinquanta, locali come Ronnie Scott’s Jazz Club, fondato nel 1959 in Frith Street, divennero templi della musica dal vivo. Ronnie Scott, sassofonista e icona del jazz londinese, ospitò nomi internazionali come Ella Fitzgerald, Miles Davis e Chet Baker. Ancora oggi il club rimane un punto fermo della scena musicale della capitale. È possibile approfondire la sua storia tramite il sito ufficiale del Ronnie Scott’s.
Accanto al jazz, esplose la cultura dei cabaret e del burlesque. Club come The Raymond Revuebar, aperto nel 1958 da Paul Raymond, introdussero una forma di intrattenimento audace e provocatorio, che rese Soho un centro della rivoluzione sessuale e della libertà espressiva. Raymond stesso sarebbe poi diventato noto come il “re di Soho”, acquistando numerosi edifici e trasformando il volto del quartiere.
Gli anni Sessanta e Settanta segnarono l’arrivo della controcultura giovanile. Soho divenne il cuore della British Invasion, quel movimento musicale che vide band inglesi conquistare il mondo: The Rolling Stones registrarono i loro primi brani presso gli studi Regent Sound Studios al numero 4 di Denmark Street, mentre David Bowie si esibiva nei club locali sotto il nome di Ziggy Stardust. Denmark Street — ribattezzata “Tin Pan Alley” — fu a lungo il centro nevralgico della produzione musicale del Regno Unito, paragonabile a quanto avveniva a New York negli stessi anni. Numerosi studi di registrazione, negozi di strumenti musicali e case discografiche operarono nella zona, molti dei quali documentati oggi dal Denmark Street Music Walk of Fame.
Parallelamente, nacquero anche nuove forme di espressione artistica legate al teatro sperimentale. Il Soho Theatre, fondato nel 1969, rappresentò una nuova casa per testi indipendenti, commedie radicali e performance ibride. Ancora oggi, nella sua sede di Dean Street, ospita produzioni innovative, con un focus su drammaturgia contemporanea e temi sociali. Info e programmazione sul sito ufficiale del Soho Theatre.
Negli anni Ottanta, Soho si impose anche come centro nevralgico della comunità LGBTQ+. Locali come il G-A-Y Bar, Heaven (vicino Charing Cross) e Freedom Bar crearono spazi sicuri e inclusivi in un periodo in cui la visibilità queer era ancora ostacolata dalla normativa e dal pregiudizio. Parallelamente, il quartiere divenne una roccaforte di attivismo, soprattutto durante gli anni più duri della crisi dell’HIV/AIDS. In questo contesto, la storica libreria Gay’s The Word — fondata nel 1979 a Marchmont Street, poco lontano da Soho — contribuì a fornire strumenti culturali e supporto alla comunità.
Negli anni Novanta e Duemila, l’identità artistica di Soho ha continuato a evolversi. Con l’affermarsi del digitale e del design, il quartiere ha accolto studi creativi, gallerie indipendenti e spazi multidisciplinari. L’apertura del Photographers’ Gallery nel 2008, oggi con sede in Ramillies Street, ha confermato la vocazione del quartiere per la sperimentazione visiva. La galleria è oggi uno dei punti di riferimento per la fotografia contemporanea in Europa: per mostre in corso e collezioni permanenti, si rimanda al Photographers’ Gallery official website.
Tuttavia, l’anima autentica e sotterranea di Soho resiste anche nei piccoli club, nei basement teatrali, nei bar aperti fino a notte fonda dove si mescolano spoken word, performance queer, musica live, DJ set e visual art. Spazi come The French House in Dean Street, The Groucho Club, o Bar Italia sono solo alcuni dei luoghi simbolo ancora attivi, capaci di conservare lo spirito eversivo del quartiere.
Anche nel campo del cinema, Soho si è ritagliato un ruolo di primo piano. La presenza degli Soho Film Studios, delle case di produzione indipendenti e dei laboratori di post-produzione ha fatto di quest’area il cuore pulsante dell’industria audiovisiva britannica. Gran parte delle colonne sonore dei film di Christopher Nolan, così come effetti speciali di blockbuster come Harry Potter, sono stati finalizzati nei sound studio di Soho.
Oggi, il quartiere continua a essere un laboratorio creativo. Pur tra le pressioni della gentrificazione e degli affitti in costante crescita, nuove generazioni di artisti scelgono Soho per l’energia culturale che sprigiona a ogni angolo. Il Comune di Westminster, consapevole della necessità di proteggere questo patrimonio immateriale, ha inserito Soho in vari programmi di tutela culturale e rigenerazione urbana, con fondi specifici destinati a spazi creativi e all’arte pubblica.
Monumenti, piazze storiche e luoghi simbolo
Nonostante le sue dimensioni contenute, Soho è ricco di monumenti, piazze storiche e luoghi iconici che raccontano i suoi secoli di trasformazioni. Il quartiere, infatti, non è solo cuore della vita notturna e dell’arte alternativa, ma anche custode di una serie di simboli urbani che testimoniano il suo ruolo centrale nella storia sociale e culturale di Londra.
Uno dei luoghi più celebri è senza dubbio Soho Square, una piazza elegante risalente alla fine del Seicento. Al centro si trova una bizzarra capanna in stile Tudor, spesso scambiata per un edificio antico, ma in realtà costruita nel 1925 come ingresso per i rifugi antiaerei sotterranei. Intorno, la piazza è circondata da edifici georgiani e vittoriani, oggi sede di studi creativi, enti culturali e anche dell’House of St Barnabas, un’organizzazione benefica attiva sin dal 1846 che oggi ospita eventi culturali e concerti privati (approfondimento sul sito dell’House of St Barnabas).

Un’opera murale su Broadwick Street che celebra l’identità culturale e artistica del quartiere di Soho.
Altro punto focale è Carnaby Street, legata indissolubilmente alla Swinging London degli anni Sessanta. Questa strada pedonale, un tempo casa di boutique rivoluzionarie come Granny Takes a Trip e Lord John, è ancora oggi un riferimento per la moda indipendente. Oggi ospita decine di marchi emergenti, concept store, bar e ristoranti, e ogni anno viene addobbata con installazioni luminose che ne fanno una meta imperdibile nel periodo natalizio. Il sito ufficiale Carnaby.co.uk offre un elenco aggiornato degli eventi e dei negozi presenti.
Un altro luogo carico di significato è Chinatown, che si sviluppa attorno a Gerrard Street. Anche se ufficialmente è parte del distretto di Westminster, Chinatown è da sempre un’estensione organica di Soho. Oltre agli inconfondibili archi tradizionali cinesi, ospita alcuni dei migliori ristoranti asiatici della città e botteghe etniche frequentate da una clientela internazionale. L’atmosfera durante il Capodanno Cinese è particolarmente suggestiva e coinvolgente, con sfilate, fuochi d’artificio e performance tradizionali. Informazioni aggiornate si trovano su Chinatown London.
Tra i monumenti culturali, merita attenzione anche il Dean Street Townhouse, ex sede della London Society for the Abolition of Slavery. Oggi è un elegante ristorante e hotel, ma conserva ancora alcune caratteristiche architettoniche originali del XVIII secolo, inclusi interni in legno e dipinti antichi. Lo stesso edificio è stato frequentato da Karl Marx, che visse brevemente a Soho con la sua famiglia durante il suo esilio londinese.
Sempre su Dean Street si trova il site commemorativo di Dr. John Snow, medico che nel 1854 fermò un’epidemia di colera individuandone la fonte in una pompa d’acqua contaminata. Oggi, una pompa d’acqua replica — accanto al pub John Snow — rende omaggio al suo pionieristico lavoro nella medicina e nella sanità pubblica. Questa storia è spesso citata come l’inizio dell’epidemiologia moderna e viene approfondita nel John Snow Archive.
Tra i luoghi simbolo di Soho non possiamo dimenticare il Bar Italia, aperto nel 1949 in Frith Street. È uno dei simboli della presenza italiana a Londra nel dopoguerra e punto d’incontro di artisti, musicisti, scrittori. Si dice che Francis Bacon, Lucian Freud e persino Quentin Crisp siano passati più volte per un espresso tra queste mura. Ancora oggi, è tra i pochi caffè aperti fino a notte fonda, e mantiene intatta la sua estetica retrò.
A livello religioso, St. Patrick’s Church è la chiesa cattolica storica di Soho. Inaugurata nel 1792, fu uno dei primi luoghi di culto cattolici riaperti a Londra dopo la Riforma protestante. La sua presenza testimonia la multiculturalità storica del quartiere, che ha ospitato ondate successive di migranti irlandesi, italiani, francesi e asiatici. Il sito St Patrick’s Soho offre risorse sulla storia della chiesa e sulle attività attuali.
Non mancano i tributi all’eredità musicale del quartiere. In Wardour Street, una targa ricorda il leggendario Marquee Club, tempio del rock che dal 1958 al 2008 ospitò esibizioni storiche di The Who, Pink Floyd, Led Zeppelin e Jimi Hendrix. Anche se il club non esiste più, il sito Marquee Club Archive ne conserva la memoria.
Infine, un cenno merita il sistema di pub e teatri nascosti, veri gioielli disseminati nel quartiere. Luoghi come il Coach & Horses, connesso al giornalista Jeffrey Bernard, o il Prince Edward Theatre, che ancora oggi ospita musical di grande successo, arricchiscono la trama urbana di Soho con riferimenti alla sua cultura vivace e iconoclasta.
I personaggi che hanno abitato e amato Soho
Soho, più di qualunque altro quartiere londinese, è stato la casa spirituale — e spesso reale — di una lunga schiera di personaggi straordinari: scrittori, artisti, attivisti, attori, musicisti, intellettuali, outsider. Le sue strade e i suoi pub sono stati rifugio per chi cercava ispirazione, libertà o semplicemente un posto dove vivere senza conformarsi.
Uno dei nomi più legati a Soho è senza dubbio Francis Bacon, pittore anglo-irlandese tra i più importanti del XX secolo. Frequentatore abituale del Colony Room Club in Dean Street — un piccolo club privato aperto solo ai membri, famoso per l’atmosfera densa di fumo e gin — Bacon fece del quartiere la sua seconda casa. Insieme a lui, passavano di lì figure come Lucian Freud e George Melly, creando un microcosmo di arte, provocazione e spirito bohémien che ha influenzato un’intera generazione.
Altro grande personaggio sohodiano fu Jeffrey Bernard, giornalista e scrittore noto per la sua rubrica Low Life su The Spectator, in cui raccontava con ironia e disincanto la sua vita tra i bar e i bookmaker del quartiere. Il suo ritrovo preferito era il Coach & Horses in Greek Street, oggi noto anche per aver ispirato la pièce teatrale Jeffrey Bernard is Unwell. Il pub, ancora in attività, conserva fotografie e citazioni legate a Bernard, mantenendo vivo il suo spirito dissacrante.
Negli anni Sessanta e Settanta, Soho divenne anche terreno fertile per la cultura musicale. David Bowie frequentava spesso gli studi di registrazione della zona, così come Elton John, che agli inizi della sua carriera suonava in alcuni dei club del quartiere. Il Ronnie Scott’s Jazz Club in Frith Street, attivo dal 1959, vide sul suo palco artisti del calibro di Chet Baker, Ella Fitzgerald e Miles Davis. È qui che Jimi Hendrix suonò la sua ultima esibizione pubblica nel 1970, la notte prima della sua tragica morte.
Nel mondo della letteratura e della satira, George Orwell visse un breve periodo a Soho durante gli anni Trenta, quando lavorava in librerie e scriveva sotto pseudonimo. Le sue prime osservazioni sociali sulla classe operaia e sulla Londra nascosta affondano le radici proprio nei vicoli del quartiere. Più tardi, la scena editoriale alternativa trovò sede in Old Compton Street, dove sorsero piccole case editrici, riviste indipendenti e librerie radicali, come Better Books.
Soho è stato anche rifugio per molte figure della comunità LGBTQ+, a partire dagli anni Cinquanta, quando Old Compton Street divenne epicentro della cultura gay londinese. Tra le figure storiche si ricorda Quentin Crisp, autore del celebre The Naked Civil Servant, che visse a lungo in Wardour Street e divenne celebre per la sua vita apertamente omosessuale in un’epoca in cui l’omosessualità era ancora illegale. La sua casa era un punto di riferimento per outsider, artisti e attivisti, e ancora oggi è commemorato come icona queer e intellettuale fuori dagli schemi.
Più recentemente, Phoebe Waller-Bridge ha citato Soho come fonte di ispirazione per la scrittura di Fleabag, la serie teatrale e poi televisiva diventata culto. L’energia urbana del quartiere, i suoi contrasti tra sacro e profano, tra bellezza decadente e vitalità creativa, si riflettono nello stile crudo e sincero della serie.
Anche il mondo del cinema ha legami forti con Soho. Martin Scorsese, pur essendo americano, ha spesso citato il quartiere come modello per la costruzione dell’estetica urbana nei suoi film, mentre il regista britannico Michael Winterbottom ha ambientato proprio a Soho parte delle sue pellicole più celebri, come Wonderland (1999) e 9 Songs(2004). Il legame con il grande schermo è cementato anche dalla presenza di Soho House, oggi catena internazionale ma nata proprio come rifugio creativo per attori, registi e artisti emergenti londinesi.
Infine, non si può ignorare l’influenza di Soho su Vivienne Westwood, pioniera della moda punk. Anche se i suoi primi negozi erano a Chelsea, Soho rappresentava l’estensione culturale naturale del suo mondo, e fu proprio qui che organizzò alcune delle sue prime performance provocatorie e photoshoot underground.
Soho, in definitiva, è stato e continua ad essere un magnete per chi cerca uno spazio libero e creativo. I personaggi che lo hanno abitato, con le loro storie e le loro contraddizioni, sono l’anima viva del quartiere. E molti di loro — da Bacon a Crisp, da Orwell a Hendrix — vivono ancora nei racconti, nelle targhe commemorative, nei locali sopravvissuti alle mode.
Gentrificazione, tensioni e visioni per il futuro
Nel cuore pulsante di Soho, tra insegne al neon e caffè indipendenti, si sta giocando da anni una delle partite urbane più complesse e dibattute di tutta Londra: quella tra identità storica e trasformazione economica. Il quartiere, un tempo rifugio di artisti, immigrati, marginali e sperimentatori, sta vivendo una fase di intensa gentrificazione. E con essa, inevitabilmente, arrivano le tensioni.
Il prezzo degli immobili a Soho ha visto un’impennata vertiginosa negli ultimi due decenni. Secondo i dati pubblicati dal City of Westminster, l’area è oggi una delle più costose di tutta la capitale, sia per l’acquisto che per l’affitto. Studi creativi, piccole librerie, club indipendenti e botteghe storiche stanno lasciando il posto a catene internazionali, ristoranti di lusso e hotel boutique. Una trasformazione che rischia di svuotare il quartiere della sua anima originale, quella fatta di pluralismo sociale, accessibilità e cultura underground.
Un caso emblematico è la chiusura del celebre club Madame Jojo’s, spazio iconico della nightlife londinese, che ha dovuto abbassare le serrande nel 2014 dopo pressioni legate all’ordine pubblico e alle licenze. La chiusura suscitò una vera e propria mobilitazione cittadina, con campagne online e proteste fisiche sotto il municipio. L’episodio è spesso citato come simbolo di una “Soho che scompare”, vittima delle logiche immobiliari e dell’omologazione commerciale.
Allo stesso tempo, l’amministrazione comunale è consapevole della necessità di mantenere l’identità culturale del quartiere. Il Soho Neighbourhood Forum, attivo dal 2013, lavora per preservare il carattere distintivo dell’area, promuovendo politiche di equilibrio tra sviluppo economico e patrimonio storico. Il piano urbanistico recentemente discusso, chiamato “Soho Neighbourhood Plan”, pone l’accento su sostenibilità, accesso equo agli spazi e difesa delle attività locali, puntando anche alla tutela dell’eredità immateriale del quartiere: i suoi mestieri, i suoi ritmi, i suoi abitanti.
Una delle iniziative più interessanti in questo senso è la riqualificazione della Berwick Street Market, uno degli ultimi mercati storici all’aperto rimasti attivi a Soho. Grazie al coinvolgimento di associazioni di residenti e fondi municipali, si sta tentando di rivitalizzare l’area mantenendo l’anima popolare, incoraggiando la presenza di bancarelle indipendenti, cucine etniche, produttori locali.
Non mancano, tuttavia, le criticità. Il crescente flusso di turismo e l’espansione della movida notturna hanno reso la convivenza tra residenti e attività commerciali più difficile. I reclami per disturbo da rumore, traffico pedonale e microcriminalità sono in aumento. Alcuni abitanti denunciano una disconnessione crescente tra chi vive a Soho e chi la consuma. Anche per questo, sono nate realtà come Save Soho, un collettivo fondato dall’attore Stephen Fry e dall’artista Tim Arnold, con l’obiettivo di difendere il quartiere da uno sviluppo eccessivamente orientato al profitto, a scapito della cultura e del vivere quotidiano.
Sul fronte della visione futura, il dibattito è acceso. Da un lato, imprenditori e investitori vedono in Soho una miniera di opportunità, un polo creativo pronto per essere rinnovato e valorizzato. Dall’altro, urbanisti, storici e residenti chiedono un approccio più inclusivo e sostenibile. Alcuni progetti pilota vanno in questa direzione: nuovi spazi di co-working accessibili, gallerie a ingresso libero, e perfino una proposta per creare un museo di Soho, capace di raccogliere e raccontare l’evoluzione del quartiere, proteggendone la memoria storica.
C’è poi la sfida della resilienza climatica: essendo un’area altamente cementificata e trafficata, Soho è vulnerabile ai cambiamenti climatici, dall’isola di calore urbana al rischio alluvioni. Il Comune di Westminster, in collaborazione con organizzazioni ambientali, ha avviato uno studio per l’installazione di tetti verdi, pareti vegetali e infrastrutture sostenibili, nell’ambito del piano “Greening Soho”.
Il futuro di Soho resta dunque aperto: tra pressioni immobiliari e battaglie culturali, tra sviluppo e tutela. Ma proprio in questa tensione continua sembra risiedere la sua essenza più autentica. Perché Soho, prima ancora di essere un quartiere, è uno spazio mentale collettivo, dove convivono ribellione e memoria, utopia e mercato, arte e politica.
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