Stelle di neutroni e fisica delle interazioni: un nuovo laboratorio per la quinta forza
Una ricerca internazionale utilizza le stelle di neutroni come laboratorio naturale per indagare l’esistenza di una possibile quinta forza fondamentale, imponendo nuovi limiti teorici e aprendo prospettive inattese sulla fisica delle interazioni e sulla materia oscura
L’ipotesi dell’esistenza di una quinta forza fondamentale accompagna la fisica teorica da oltre mezzo secolo.
Accanto alle quattro interazioni riconosciute – gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole – numerosi modelli avanzano l’idea di una nuova forza mediata da particelle leggere, talvolta connesse a dimensioni extra o a meccanismi di accoppiamento tra particelle ordinarie e settori nascosti della materia.
Questa ipotesi, spesso confinata nella teoria, riceve oggi una nuova e inattesa solidità sperimentale grazie a uno studio pubblicato su Physical Review Letters, frutto della collaborazione tra ricercatori delle Università di Padova, Bari, Sydney e del centro Desy Zeuthen.
Il lavoro introduce un approccio innovativo: utilizzare le stelle di neutroni come osservatori privilegiati per individuare tracce di fenomeni non riconducibili alle interazioni note.
La densità estrema di questi oggetti – residui compatti dell’esplosione di stelle massicce – rende l’ambiente interno un contesto irriproducibile in laboratorio.
Pressioni, temperature e concentrazioni di materia raggiungono livelli tali da far emergere processi fisici altrimenti inaccessibili, compresi eventuali canali esotici di raffreddamento dovuti alla produzione di nuove particelle ipotetiche.
Lo studio si concentra in particolare su un’ampia classe di scalari leggeri, particelle prive di spin che potrebbero generare interazioni di corto raggio violando il principio di equivalenza e la legge gravitazionale dell’inverso del quadrato della distanza.
Nella letteratura scientifica questi scalari emergono in differenti contesti teorici: come dilatoni in modelli di gravità modificata, come radioni in teorie con dimensioni extra, oppure come possibili componenti della materia oscura prodotta attraverso il meccanismo di misalignment.
La loro esistenza è stata finora indagata con strumenti terrestri come esperimenti di torsione, misure di forza di Casimir, microcantilever o accelerometri satellitari.
Tali apparati, pur sofisticati, presentano limiti fisici che non consentono di esplorare interamente lo spazio dei parametri associato a masse comprese tra l’elettronvolt e il megaelettronvolt. È in questa regione che il contributo astrofisico diventa decisivo.
Studi di fisica avanzata sfruttando le stelle di neutroni
Gli autori analizzano il raffreddamento di alcune stelle di neutroni isolate, tra cui esemplari appartenenti al gruppo delle cosiddette Magnifiche Sette e la pulsar Psr J0659.
Confrontando l’evoluzione termica osservata con quella prevista dai modelli standard – fissati l’equazione di stato e i parametri di superfluidità – la ricerca valuta quanto una nuova particella scalare possa alterare la dissipazione energetica interna.
Se tali particelle venissero prodotte nel nucleo stellare attraverso processi di scattering nucleonico o conversione plasmonica, costituirebbero un canale di perdita di energia alternativo alla normale emissione di neutrini.
La simulazione mostra che la temperatura relativamente bassa delle stelle di neutroni mature sopprime fortemente l’emissività da neutrini, mentre lascia aperti canali di emissione per gli scalari leggeri.
Questo squilibrio rende l’eventuale presenza di una nuova interazione molto più evidente rispetto ad altri contesti astrofisici, come le supernovae di tipo Sn 1987A, dove il raffreddamento è dominato da processi ad alta temperatura.
L’analisi porta a un risultato di grande rilievo: l’accoppiamento tra gli scalari e i nucleoni deve essere inferiore a 5×10^-14, un limite almeno un ordine di grandezza più stringente rispetto alle migliori stime precedenti e fino a un milione di volte più forte rispetto a quelle ottenute tramite esperimenti terrestri.
Questa soglia esclude intere regioni dello spazio dei parametri teorici che fino a oggi erano considerate aperte, fissando un nuovo standard per le ricerche dedicate a questa classe di particelle.
Le conseguenze, teoriche, di questi esperimenti
Il lavoro presenta implicazioni dirette anche per i modelli di Higgs-portal, nei quali la nuova particella scalare interagisce con il bosone di Higgs attraverso un angolo di mixing. L’analisi impone un vincolo sulla miscelazione pari a sinθ < 6×10^-11, restringendo notevolmente le possibilità di scenari che includono tali connessioni tra settore visibile e settore oscuro.
Se confermati, i risultati aprirebbero prospettive di ampio respiro. Una nuova forza fondamentale capace di manifestarsi su scale inferiori al micrometro implicherebbe una revisione profonda dei modelli gravitazionali, introducendo deviazioni dalla legge di Newton e dal principio di equivalenza.
Allo stesso tempo, fornirebbe chiavi interpretative per alcune anomalie cosmologiche, in particolare quelle legate alla distribuzione della materia oscura, per la quale ancora non esiste una spiegazione particellare univoca.
Il ricorso a osservazioni astrofisiche per esplorare la fisica delle interazioni rappresenta una tendenza in crescita. L’astrofisica delle alte densità – dalle stelle di neutroni ai buchi neri – costituisce un laboratorio naturale in cui le teorie della fisica fondamentale possono essere messe alla prova in condizioni estreme.
Il lavoro citato dimostra come dati di origine cosmica possano superare per precisione e potenza vincolante gli apparati terrestri più avanzati.
La possibilità che oggetti compatti posti a centinaia di anni luce dalla Terra possano rivelare l’esistenza di nuove particelle elementari evidenzia il ruolo centrale delle osservazioni astronomiche nella costruzione di una fisica più completa e coerente con le evidenze cosmologiche.
In questo scenario, le stelle di neutroni emergono come strumenti privilegiati per seguire le tracce di nuove interazioni, indicando una direzione promettente per la ricerca teorica ed empirica nei prossimi anni.
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