Appunti sulla mania italiana per le lame da cucina

Dicembre 13, 2025 - 14:00
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Appunti sulla mania italiana per le lame da cucina

Dalla boutique di coltelleria – come Lorenzi in via Ponte Vetero, a Milano – dove un ceppo può costare quanto uno stipendio, fino alla corsia del supermercato dove ci si accaparra l’ultimo coltello collezionabile a suon di bollini: in Italia la mania per le lame da cucina resiste al tempo, alle mode, a tutto, ben prima degli anni Novanta e dai Miracle Blade Serie Perfetta di Chef Tony. Prendiamo il caso di Global, marchio giapponese di coltelli: per il suo quarantesimo anniversario ha lanciato un’edizione limitata super lusso, il Global Z.

A prima vista colpisce per la lama nero opaco, resa tale dallo speciale rivestimento Diamond-Like Carbon (DLC) che la indurisce, appunto, quasi come un diamante. Il prezzo? Oltre 280 euro per un coltello da cucina che è l’equivalente di una Ferrari del taglio. Ne sono stati prodotti appena settecentocinquanta esemplari nel mondo e solo settanta destinati all’Italia, per un coltello con cui si va oltre l’utensile da cucina e più nel campo dell’oggetto da collezione. Se volete fare un regalo di Natale importante, può essere un’idea, ma attenzione: i coltelli si regalano… ma non si regalano. Meglio dare insieme al coltello donato una moneta a chi lo riceve, perché possa simbolicamente comprarcelo, altrimenti, si dice porti rogna.

Foto di Gabriele Ferraresi

Dicevamo però: la passione per i coltelli non è solo appannaggio di chef o collezionisti, di chi li usa per lavoro o ama guardarseli in una teca, scende spesso e volentieri anche tra gli scaffali del supermercato, dove da anni impazzano le raccolte punti dedicate a lame da cucina di qualità più o meno decorosa. C’è stata la corsa ai coltelli firmati da chef celebri, alle serie dall’aspetto professionale – ma giusto quello – offerte con i bollini: iniziative popolari che hanno visto schiere di italiani riempire schede su schede di punti pur di portarsi a casa il santoku o il coltello da pane dei sogni. Spesso le catene della grande distribuzione hanno stretto accordi con marchi blasonati rendendo accessibili a tutti coltelli di livello non professionale – ma percepito come tale dal grande pubblico – epperò soprattutto belli da vedere e da avere a prezzi stracciati (insomma: coi bollini e tutto, forse si spendeva uguale a comprarli: ma questa è un’altra faccenda).

Cosa si nasconde però dietro a questa piccola mania collettiva, ampiamente assecondata dal marketing della gdo e non solo? Forse la riscoperta di un principio semplice e, proprio perché semplice, dimenticato: un buon coltello in cucina cambia davvero tutto. Lo sanno bene i cuochi professionisti, che possono sfilettare pesce o tritare verdure per ore (quasi) senza stancarsi grazie a utensili ben bilanciati e affilatissimi. Ora anche l’italiano medio inizia a capire la differenza: provate a tagliare un pomodoro maturo con un coltello da pochi euro e con uno forgiato come si deve e affilato come si deve: vi sentirete chef.

Complici i programmi televisivi di cucina e una maggiore attenzione alla qualità degli strumenti domestici, la cultura del coltello si è fatta strada, o l’ha ritrovata: ricordiamoci che l’Italia ha una tradizione antica in fatto di coltelleria: distretti come Maniago in Friuli o Scarperia in Toscana producono lame fin dal medioevo.

Foto di Gabriele Ferraresi

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