Cannabis light: il decreto sicurezza arriva davanti alla Consulta. La Gip di Brindisi congela l’articolo 18 e apre una faglia costituzionale
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Il Dl 48/2025, concepito per introdurre un giro di vite radicale sulla filiera della cosiddetta cannabis light o erba legale, inciampa nel suo primo e più robusto ostacolo. Un arresto che non è tecnico né marginale: la Gip del Tribunale di Brindisi ha sospeso l’articolo 18 e rimesso l’intero impianto alla Corte Costituzionale, spalancando una controversia che trascende la singola vicenda giudiziaria e investe la struttura stessa della norma.
La decisione ruota attorno a un pilastro del diritto penale: non è legittimo criminalizzare ciò che non offende, ciò che non produce nocumento dimostrabile, ciò che non ha una base scientificamente corroborata di pericolosità. In assenza di evidenze, la sanzione si svuota di razionalità.
Il fulcro: il principio di offensività
Il rinvio riporta al cuore un criterio antichissimo, ma imprescindibile: la legge penale interviene solo laddove un comportamento leda un bene giuridico reale. Nel caso specifico, il bene da preservare è la salute collettiva, non una mera supposizione.
Secondo la magistrata, l’articolo 18 imbocca una scorciatoia pericolosa: equipara indistintamente tutta la canapa industriale – coltivazioni, derivati, infiorescenze a basso THC – alle sostanze psicotrope. Una sovrapposizione che ignora un fatto empirico schiacciante: la cannabis light non ha capacità drogante rilevante.
Vietarla “a freddo”, con un colpo di spugna che trasforma un settore produttivo legittimo in un territorio penalmente radioattivo, appare per la Gip sproporzionato, irragionevole e potenzialmente incompatibile con gli articoli 13, 25 e 27 della Costituzione.
La scienza – sottolinea la giudice – non è un optional: ciò che non altera la psiche non può essere trattato come un narcotico.
Il percorso che conduce al vaglio della Consulta
La miccia si accende nel dicembre 2024: due tir provenienti dalla Bulgaria, carichi di canapa certificata destinata a imprese italiane, vengono sequestrati dalla Guardia di Finanza.
Nel maggio 2025 la Procura ne ordina la distruzione, appellandosi alle disposizioni del decreto sicurezza, che impongono confisca e annientamento anche senza prova di effetti stupefacenti.
La difesa insorge: eliminare beni industriali innocui sulla base di una norma sospettata di illegittimità produrrebbe un danno irrimediabile.
La Gip recepisce l’obiezione, congela il procedimento e chiama in causa la Corte Costituzionale.
Il vulnus procedurale: l’uso distorto della decretazione d’urgenza
L’ordinanza non si limita a criticare il contenuto: punta il dito anche verso le fondamenta procedurali. L’articolo 18 – sostiene la Gip – contravviene all’articolo 77 della Costituzione perché:
- difetta il requisito della necessità-urgenza, indispensabile per un decreto legge;
• viene incastonato in un provvedimento eterogeneo, dedicato all’ordine pubblico, estraneo alla materia agricola e commerciale.
La Corte Costituzionale ha più volte ammonito che l’eterogeneità è spesso la spia di un’urgenza solo nominale. In sintesi: il decreto potrebbe essere viziato già nella forma, anche prima di valutarne la sostanza.
Il nodo europeo: rischio di violare la libera circolazione
La canapa industriale è un prodotto agricolo riconosciuto dall’Unione Europea e rientra nelle libertà fondamentali del mercato interno.
Bloccarne l’ingresso in Italia senza una base scientifica robusta costituirebbe una frizione con l’articolo 117 della Costituzione, che impone al Paese di rispettare i vincoli europei.
Il caso dei tir bulgari lo rende limpido: se una merce è lecita in un altro Stato membro, può essere fermata solo per comprovate ragioni sanitarie. Ragioni che – secondo la Gip – nel decreto non appaiono affatto.
Il quadro politico: la Consulta ritorna in scena
La decisione arriva in un momento già rovente. Solo pochi giorni prima, la Corte Costituzionale aveva dichiarato inammissibile il conflitto sollevato da Riccardo Magi sulla modalità con cui il Governo aveva infilato nel decreto norme spurie.
Lì si trattava di un vizio procedurale interno al Parlamento. Ora, invece, la Corte dovrà scandagliare il merito:
- equilibrio tra libertà economica e tutela pubblica,
• razionalità della norma,
• diritti fondamentali della persona,
• distinzione rigorosa tra canapa industriale e stupefacenti.
Il verdetto potrebbe riscrivere non solo il destino della filiera italiana, ma anche il rapporto tra conoscenza scientifica, legislazione e politiche sulle droghe.
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