Come riconoscere se un prodotto skincare è valido. Dalle app all’INCI
Prendersi cura della propria pelle è un investimento, sia di tempo che di risorse economiche. Oltre a dedicare svariati minuti, mattina e sera, alla skincare routine, c’è anche il fattore economico. Ognuna spende in base alla propria disponibilità, ma l’obiettivo è quello di ottenere il meglio di ciò che il portafogli si può permettere. A questo punto però, arriva il grande quesito. Come riconoscere la qualità di un prodotto skincare?
La prima cosa fondamentale da fare è quella di non farsi ingannare dal prezzo, che più spesso di quanto non si voglia credere, è una questione di status. Un po’ come succede per le borse bisognerebbe chiedersi quando indossiamo un prodotto di qualità e quando un logo overpriced.
“Il prezzo per me non è indicativo di nulla, assolutamente”, afferma Paola Malaspina, founder di The Beautyaholic’s Shop. “Molto spesso assorbe semplicemente i costi di marketing o di sviluppo, soprattutto per i grandi brand”.
Non sempre il prezzo è sinonimo di skincare di qualità
Soprattutto quando parliamo di skincare antiage, un cosmetico costoso non è automaticamente sinonimo di qualità. “Parlo di cosmetici anti-età perché sono quelli che hanno bisogno di tanti ingredienti attivi, di qualità ed efficaci”, dice Malaspina.

Foto Launchmetrics/ Spotlight
“Le creme e i sieri più costosi non sono quelli idratanti, ma quelli di trattamento, eppure il prezzo non dice tutto. Molto spesso infatti, il costo finale incorpora le alte spese di branding piuttosto che i costi sostenuti per la ricerca di tecnologie avanzate o di una formula ricca di principi attivi”.
Guardare l’INCI non è sufficiente per capire la qualità di un prodotto skincare
Per anni si è parlato dell’importanza di saper leggere l’INCI (la lista degli ingredienti), che però non è il vero indicatore della qualità di un prodotto skincare. Una cosa però è certa. Un buon prodotto di trattamento, con un bell’INCI, deve contenere ingredienti attivi già nelle prime posizioni della lista. “Per me è fondamentale che ci sia del contenuto dentro,” spiega Malaspina. “Se devo arrivare in fondo all’INCI per trovare il primo principio attivo, non ci siamo”.
Sfatiamo anche il mito delle App che leggono l’INCI. “Non servono a nulla, perché non sono in grado di fare un’analisi ragionata. È importante valutare il singolo ingrediente, ma soprattutto la sua posizione all’interno della lista. Magari un giorno ci arriveremo, con l’impiego dell’Intelligenza Artificiale. Ma fino a quel momento dovremmo essere noi consumatori a riuscire ad osservare, indagare e ragionare in maniera autonoma”, continua l’esperta. “Noi lo facciamo di lavoro, ma capisco che non sia semplice per una persona normale”.
C’è poi un’altra discriminante, quella dell’origine degli ingredienti. “Sappiamo che quelli scritti in latino sono di origine naturale, mentre quelli in inglese appartengono alla cosmetica tradizionale. In questo caso la qualità del prodotto skincare dipende anche dal tipo di cosmetico che il consumatore cerca, ma uno non ha per forza meno valore o efficacia dell’altro”.
Less is not more
Ci sono brand che si vantano di avere un INCI essenziale, ma Malaspina non è d’accordo, soprattutto se si tratta di cosmetici di trattamento “Per me less is not more, anzi. Non voglio prodotti con un solo ingrediente per poi doverne compare dieci diversi”, afferma la founder di The Beautyaholic’s Shop, decisamente contraria al serum layering, una delle tendenze del momento. Meglio formule strutturate che contengono tanti attivi funzionali e permettono una routine completa con pochi prodotti.
Il numero degli ingredienti è importante, ma che siano ingredienti attivi, che devono essere tanti. “Un INCI ridotto ai minimi termini non è per forza sinonimo di qualità, così come non lo è uno che contiene cento ingredienti. Soprattutto se di questi cento ingredienti i principi attivi sono solo una minima parte”.
Quali ingredienti cercare e quali evitare per capire la qualità di un prodotto skincare
Non tutti gli ingredienti hanno lo stesso peso all’interno di una formula. “Quando petrolati, siliconi, alcol, PEG o alcool compaiono nelle prime posizioni, per me è una formula vuota, senza ingredienti interessanti. Non è solo una questione di tanti o pochi ingredienti, ma anche della loro efficacia e funzionalità all’interno di una formula”.
“Detto ciò, ci tengo a chiarire che tutte le formule registrate sono sicure per la nostra pelle, però io ho bisogno di vedere sostanza al loro interno”.
Acqua: nemica o amica della formula?
C’è stato un momento in cui l’acqua all’interno delle formule cosmetiche è stata demonizzata. Un po’ perché si dice che favorisca la proliferazione di batteri, un po’ perché le formule waterless sono più sostenibili e un po’ perché diluisce la formula, ma l’acqua in prima posizione nell’INCI è una cosa molto comune.
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“Mi piacerebbe che non fosse il primo ingrediente, ma può starci. Non è lei il vero problema delle formule,” chiarisce Malaspina. Il punto è cosa viene dopo l’acqua. Alcuni brand più attenti sostituiscono l’acqua con acque funzionali, più ricche e attive”.
Informazione e trasparenza
Un altro argomento molto caro a Malaspina è quello della comunicazione e della trasparenza da parte delle aziende. Se poi c’è bisogno di un’idea di base di cosa cercare all’interno di un prodotto skincare di qualità che sia efficace come trattamento,
“Come prima cosa, se parliamo di formulazioni classiche, andrei a cercare un complesso peptidico. Poi mi piacerebbe che ci fossero dei perfluorocomplex, perché a livello di rivitalizzazione sono spettacolari. Inoltre amo molto tutto quello che è fermentato e tutto quello che è incapsulato, perché ha un rilascio graduale”.
Tuttavia nell’INCI non si parla della tecnologia utilizzata per potenziare l’efficacia della formula. “Questo è un aspetto che le aziende devono comunicare e che il consumatore deve cercare, ma ovviamente richiede un investimento di tempo ed energie. Ecco perché serve qualcuno che sia in grado non solo di spiegare bene cosa fa un cosmetico, ma anche come lo fa”.
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