Dal Vaticano alla nicchia: tre fratelli e la nuova casa di profumi AVAU
Presentata a marzo di quest’anno è già entrata nella classifica di Forbes delle 100 startup più promettenti. Si tratta di Avau profumi, il progetto di Leonardo, Carolina e Caterina Catalani.
Ci sono profumi che si indossano e profumi che si ereditano. Non in senso materiale, ma emotivo. Crescono con noi, si sedimentano nella memoria, diventano linguaggio familiare prima ancora che creativo. Avau nasce proprio da questo: da una storia che profuma di pelle, di materie prime, di gesti tramandati e di una promessa che non vuole essere imposta, ma scelta.
Avau, profumi di famiglia

Carolina, Caterina e Leonardo Catalani, co-founder di AVAU – Foto Courtesy Finmark
Dietro il brand c’è una famiglia che nella profumeria è cresciuta davvero. Un nonno, una farmacia, il Vaticano. Poi un’azienda, tre fratelli, percorsi diversi che a un certo punto si riallineano. E infine una visione condivisa: riportare il profumo al suo significato più intimo, lontano dalle logiche urlate del mercato, vicino invece all’istinto, al tempo lento, all’ascolto.

Golden Coast, AVAU.
Partiamo da te. Chi sei e qual è il tuo ruolo all’interno di AVAU?
Caterina: «Ho 27 anni, sono nata e cresciuta in Italia e il mio percorso non nasce subito nella profumeria. Dopo il liceo mi sono trasferita a Bath, in Inghilterra, dove ho studiato economia aziendale. Una scelta abbastanza comune per chi, a 18 anni, non ha ancora un’idea chiarissima di cosa voglia fare nella vita. Durante il periodo del Covid sono rientrata in Italia e ho iniziato a lavorare nell’azienda dei miei genitori, Finmark, occupandomi in particolare di profumi, formazione e trasferimento delle competenze tecniche alle profumerie. È stato lì che mi sono resa conto di una mancanza importante: non avevo una formazione olfattiva strutturata. Così ho iniziato a cercare scuole e mi sono innamorata di Grasse».
Leonardo: «AVAU è un progetto di famiglia, nato insieme alle mie sorelle Carolina e Caterina. Ognuno di noi è parte del progetto con una sua una visione diversa, e tutte e tre messe insieme la ragione di essere di questo progetto. Io, Leonardo sono il Direttore Creativo di AVAU, Carolina è quella che segue tutte la direzione strategica, mentre Caterina, la più piccola dei tre fratelli, è il naso, quella che si occupa nello specifico nell’ideazione olfattiva delle fragranze ed è anche una dei nasi italiani emergenti nel panorama internazionale».
Cosa ti ha portata a Grasse e cosa hai trovato lì?
Caterina: «A Grasse ho frequentato un master estremamente selettivo, con solo 12 studenti ammessi su centinaia di candidati. Sono rimasta lì per circa due anni ed è stato il periodo in cui ho capito davvero cosa significasse per me la profumeria. La cosa che mi ha sempre distinta è che non ero interessata solo al laboratorio. Amo stare a contatto con la natura, conoscere i coltivatori, capire il lavoro che c’è dietro ogni singola materia prima, ancora prima che diventi parte di una formula. Questo approccio mi ha accompagnata fino ad oggi».
Dopo Grasse arriva Londra. Perché Floris?
Caterina: «Avevo voglia di vivere Londra e di confrontarmi con un approccio diverso alla profumeria. Floris è un’istituzione, una Maison storica, e lavorare lì come naso per due anni è stata un’esperienza fondamentale. Ho creato alcune delle loro fragranze più recenti, tra cui Lily, e ho collaborato anche alla fragranza per l’incoronazione di Re Carlo. Un progetto incredibile, sia a livello umano che professionale».
Qual è la differenza tra approccio francese e anglosassone alla profumeria?
Caterina: «La profumeria anglosassone è molto legata alla tradizione: fiori classici come mughetto e gelsomino, e note agrumate come arancio, limone e bergamotto. In Francia, invece, c’è una libertà creativa più ampia. Da Floris dovevo rispettare un canone olfattivo preciso per rappresentare l’identità della maison. È stato stimolante, ma anche molto diverso rispetto alla libertà che oggi ho con Avau».
Avau nasce come progetto di famiglia. Raccontaci come.
Caterina: «Siamo cresciuti nella profumeria. Nostro nonno ha aperto la profumeria all’interno della farmacia del Vaticano negli Anni 80, i nostri genitori hanno fondato Finmark nel 1998. Mio fratello e mia sorella lavorano in azienda da anni. Quando hanno visto il mio percorso come naso, ci siamo resi conto che avevamo ruoli complementari e tutte le competenze per creare qualcosa di nostro. AVAU non nasce come un progetto dovuto, ma come un brand strutturato, con radici solide e una visione chiara».
Cosa rende Avau diverso dagli altri brand di profumeria?
«Il fatto di avere un naso in house. Oggi è facile creare un brand affidandosi a terzisti, ma avere un’identità olfattiva che nasce e cresce da una sola persona crea un fil rouge autentico. Vogliamo riportare il cliente a scegliere una fragranza perché si connette con il profumo, non perché è firmato da un nome famoso. Avau vuole restituire al profumo il suo valore più intimo e personale».
Che rapporto avete con i profumi?
Carolina: «Per noi il profumo è una promessa silenziosa: non urla, ma resta. Dico sempre che con le fragranze abbiamo un rapporto profondo che abbiamo voluto firmare anche con il nostro Manifesto e con le campagne di comunicazione e i progetti che realizziamo per presentarle».
Leonardo: «Noi siamo cresciuti con il profumo come parte della vita quotidiana, non come qualcosa di distante o astratto. Sin da bambini non abbiamo mai vissuto il profumo come un accessorio, ma come un vero e proprio componente della nostra famiglia. I nostri nonni sono quelli che hanno aperto oltre 30 anni fa la profumeria all’interno della Farmacia del Vaticano, e nostra mamma era quella che la mattina prima di andare a scuola ci salutava con un vassoio di profumi e ci faceva scegliere quello da indossare».
Chi ha suggerito per primo l’idea di AVAU?
Leonardo: «In realtà non c’è mai stato un momento preciso o qualcuno che abbia lanciato l’idea. Era qualcosa che avevamo dentro da tempo. AVAU è nato quando tutti noi siamo tornati in Italia, abbiamo iniziato a lavorare nell’azienda di famiglia e, quando Caterina è diventata naso, siamo finalmente riusciti a dare una forma concreta al nostro progetto. Diciamo che AVAU è nato come risposta al nostro desiderio di creare qualcosa insieme che parlasse di noi».
Cosa significa AVAU?
Caterina: «AVAU significa promessa. Ma non una promessa imposta dal brand. È una promessa personale, soggettiva, che ognuno fa a se stesso quando indossa una fragranza. Non diciamo come ci si deve sentire. Lasciamo che sia il profumo a parlare con chi lo indossa».
Come lavorate insieme, tu e i tuoi fratelli?
Caterina: «I ruoli sono molto chiari. Mio fratello è il direttore creativo e si occupa di marketing, comunicazione e design. Mia sorella è quella che tiene tutto ancorato alla realtà, ai numeri, alla strategia. Io sono il naso. Ci fidiamo profondamente l’uno dell’altro. Questa fiducia è la nostra forza, sia sul piano creativo che umano».
Come nasce una fragranza AVAU?
Caterina: «Sempre dalle materie prime. Per me l’ispirazione nasce dal contatto umano, dalle conversazioni, dall’ascolto. Mi interessa raccontare lati dimenticati delle materie prime. Prendiamo il pompelmo: spesso viene percepito come aspro e pungente, ma ha anche una dimensione calda, succosa, morbida. In Golden Coast ho lavorato proprio su questa sfumatura, usando muschi e pepe di Timut per accompagnare l’agrume fino al fondo della fragranza».
Qual è stata la fragranza più difficile da creare?
Caterina: «Petal Pop. È stata la prima su cui ho lavorato e l’ultima che ho chiuso. È anche la mia preferita, anche se non dovrei dirlo. Ci ho messo tantissimo tempo, amore e passione. Ha un’evoluzione viva, dinamica, parte fruttata e arriva a un cuore fiorito intenso, con un fondo legnoso. È un vero coup de cœur».
Caterina è il naso. Contribuisci anche tu nella creazione della fragranza?
Leonardo: « Io, come Carolina, non interveniamo nella formula, ma in particolare io mi impegno a tradurre la composizione olfattiva che firma Caterina in immagini, spazi, materiali che possano trasmettere le stesse emozioni, ma con un linguaggio diverso. Io dico sempre che cerco di rendere visibile qualcosa che è invisibile. Confesso che non è sempre semplice, ma quando ci incontriamo è davvero stupendo perché è come se ci fosse un dialogo sincero tra noi».
Carolina: «Se dovessi dirti se contribuisco alla creazione della fragranza, ti direi :sì, ma a modo mio, insomma, in un modo diverso da quello in cui lo fanno i miei fratelli. Mi definisco il trait d’union tra l’anima creativa di Caterina e quella di Leonardo all’interno del progetto AVAU. È un ruolo un po’ complesso. Essere strategy director richiede, a volte, una razionalità obiettiva e una visione strategica che deve saper mettere da parte l’emotività che mi lega profondamente a questo progetto. Io sono quella dei numeri, una parte che può sembrare meno poetica, ma che in realtà cerco sempre di raccontare e trasmettere con la stessa passione. Mi dico spesso che il mio è il ruolo meno creativo, ma è anche quello che tiene insieme le diverse anime del progetto, facendo da ponte tra sensibilità e visione».
Avete un rapporto molto unito anche fuori dal lavoro. È un vantaggio?
Caterina: «Assolutamente sì. Siamo cresciuti così. Litighiamo? A volte. Ma l’amore e la fiducia superano tutto. Essere in tre è una forza enorme, soprattutto per una start up. Abbiamo sempre tre punti di vista diversi».
Il tuo primo ricordo olfattivo?
Caterina: «L’odore della pelle di mia nonna materna. Un mix di muschio e legno di sandalo. È un ricordo potentissimo. L’olfatto ha questa capacità straordinaria di riportarti istantaneamente a casa».
Leonardo: «Il profumo della pelle di mia nonna colombiana. Non un profumo preciso, ma la sua pelle. È una memoria molto intima, che per me rappresenta perfettamente il potere dell’olfatto».
Carolina: «È un ricordo legato alla casa e alla sicurezza, a qualcosa di stabile. Un odore che non aveva bisogno di essere spiegato, ma che dava una sensazione di presenza e continuità».
Qual è il tuo profumo preferito? C’è un odore o una fragranza alla quale sei particolarmente legato?
Caterina: «Petal Pop è la mia fragranza preferita. Ci ho lavorato tantissimo, è stata la prima che ho iniziato e l’ultima ad aver terminato. Penso che l’amo così tanto perché ci ho messo così tanta passione, è un profumo vivo che arriva diretto al cuore».
Leonardo: «Petal Pop è stata una fragranza molto intensa da vivere. Io amo i fioriti, amo anche il nome, e su questo io e Caterina ci siamo scontrati parecchio. Alla fine mi sono fidato completamente di lei e della sua visione. È stato un atto di fiducia, ed è proprio questo che rende quella fragranza così speciale per me».
Carolina: «Sono particolarmente legata ai profumi che evocano un senso di sicurezza e radicamento. Materie come il vetiver e i legni, elementi stabili, profondi, che non cercano di imporsi ma che restano. Sono note che per me rappresentano una presenza solida, una promessa di continuità e affidabilità sulla pelle. Sculpted Land è quella a cui sono più legata. È un profumo che parla di materia, di territorio, di radicamento. Le note speziate e resinose dell’apertura introducono subito una sensazione calda e avvolgente, che evolve in un cuore più morbido e intimo, fino ad adagiarsi su una base profonda di vetiver, legni e accenti cuoiati. È una fragranza solida, stratificata, fedele alla sua promessa di sicurezza e presenza nel tempo».
Possiamo aspettarci novità da AVAU?
Caterina: «Il laboratorio è sempre in fermento. Sto lavorando su tre progetti diversi. Vedremo quale porterà alla luce il prossimo capitolo di Avau».
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