Dopo la Francia, anche la Germania si schiera contro Shein e Temu: “Serve concorrenza leale”
“Dobbiamo garantire una concorrenza leale e tutelare i posti di lavoro. Chi paga salari dignitosi e rispetta le regole non deve finire per rimetterci”. Così il ministro tedesco dell’Economia, Lars Klingbeil, si è espresso lo scorso 20 giugno a Lussemburgo durante l’incontro dell’Eurogruppo e dei ministri dell’economia e delle finanze dell’Ue. Sotto accusa ci sono Shein e Temu, i due colossi cinesi dell’e-commerce low-cost che macinano volumi record grazie a una combinazione di prezzi stracciati, logistica iper-efficiente e una normativa europea giudicata, fin qui, troppo permissiva.
Negli ultimi mesi nazione la tedesca è stata tra le principali promotrici in Europa della revisione delle regole doganali che, secondo la vigente normativa, consentono una totale detassazione per i beni fino a 150 euro. Questa normativa ha così permesso a migliaia di pacchi al giorno provenienti dall’Asia, con un valore medio stimato a pacco che si aggira tra gli 8 e i 10 euro, di entrare nel mercato Ue compromettendo soprattutto l’economia delle piccole e medie imprese della Germania e dell’Europa. La Germania ha dunque chiesto di accelerare i provvedimenti già in studio dall’Ue nel tentativo di porre fine all’ampia esenzione tariffaria riservata ai beni a basso costo, provenienti soprattutto dalla Cina, per creare una concorrenza più equa.
In merito, il Parlamento europeo sta valutando un sistema di leggi per aumentare la tracciabilità e lasicurezza delle importazioni e introdurre un’handling fee di 2 euro sulle spedizioni online extra-Ue per ridurre il gap competitivo tra le aziende europee e i colossi cinesi. Klingbeil ha evidenziato come la battaglia contro queste piattaforme ultra low cost miri a tutelare l’industria europea della moda che, come ha ricordato, resta un settore strategico per l’occupazione e per il Pil del continente.
Quest’ultimo intervento del ministro tedesco arriva anche a seguito dei continui solleciti ricevuti dall’associazione di categoria Hde (Handelsverband Deutschland) che, lo scorso maggio, ha inviato una lettera proprio a Klingbeil, chiedendo “un’azione rapida e incisiva” contro Temu e Shein in quanto, secondo Hde, alcuni rivenditori tedeschi avrebbero perso negli ultimi anni fino al 60% del fatturato in determinati segmenti merceologici anche a causa di questa competitività di mercato.
La presa di posizione della nazione tedesca raccoglie il testimone della Francia che lo scorso 10 giugno ha approvato una legge che impone una eco-tassa fino a 10 euro per i capi di ultra fast fashion, vieta la pubblicità per questi brand e introduce un sistema di punteggio ambientale per incrementare la consapevolezza negli acquisti dei consumatori. Il disegno di legge francese rappresenta un modello verso cui anche Berlino guarda con interesse, come evidenziato da fonti vicine al governo tedesco. A margine della seduta, Lars Klingbeil, ha tuttavia dichiarato che: “la sfida è creare regole che funzionino per tutti, senza lasciare nessuno indietro”. Il rischio, infatti, è che la regolamentazione diventi un terreno di scontro politico e commerciale, con possibili ripercussioni sulle relazioni Ue-Cina e sull’accesso ai mercati.
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