Dopo Valentino, Pierpaolo Piccioli è pronta ad aprire un nuovo capitolo al timone di Balenciaga: quale direzione prenderà ora la Maison?
Durante gli anni in cui ha lavorato come direttore creativo di Valentino, Pierpaolo Piccioli ha consegnato un concetto che, per chi scrive, è stato importante tanto quanto il suo sapiente uso del colore e lo studio di volumi architettonici, ampi ma leggeri, vaporosi, mobili: risignificazione. Nel pensiero filosofico, indica il processo di attribuire nuovi significati a simboli, segni o concetti già esistenti. Il filosofo Jacques Derrida, ad esempio, ha mostrato che il senso non è intrinseco ai segni ma nasce dalla loro differenza reciproca e dal contesto in cui appaiono. Il significato non è fisso: «Cambia con il tempo, man mano che compaiono nuovi segni e ne scompaiono di vecchi». Ogni utilizzo di un segno – ciò che Derrida chiama iterabilità – lo strappa dal contesto originario e lo ricolloca in un nuovo gioco di riferimenti, generando inevitabilmente un senso diverso.
Questo potere di risignificazione è cruciale quando un designer contemporaneo si confronta con un’eredità storica. Opera come un “lettore” e al contempo “scrittore” del codice stilistico del marchio: decostruisce i significati passati (tracce, simboli, modelli) e li ricompone in una nuova narrazione. Il risultato è una dialettica continua tra fedeltà e innovazione: il linguaggio della maison viene citato e insieme trasformato.
Le ipotesi per una nuova era
L’arrivo di Pierpaolo Piccioli alla direzione creativa di Balenciaga – ufficialmente effettivo dal 10 luglio 2025 – apre un capitolo inedito per la griffe, già definito da molti osservatori come un ritorno alle origini, temperato da uno sguardo moderno. Dopo un decennio segnato dalla visione avanguardistica e talora provocatoria di Demna (che ha portato Balenciaga a esplorare l’estetica streetwear, il logomania post-moderna e campagne controversie), l’azienda sembra voler cambiare registro.

Look dalla sfilata Autunno Inverno 2025-26 di Balenciaga, l’ultima sotto la direzione creativa di Demna Gvasalia prima di lasciare la Maison francese per prendere le redini di Gucci (foto Lunchmetrics Spotlight)
Secondo il sito Highsnobiety, Kering avrebbe scelto Pierpaolo per «richiamare i tempi di Cristóbal Balenciaga attraverso la sua esperienza couture». Meno grunge e più glam, forse. Questa lettura suggerisce che potremmo assistere a un’inversione di rotta rispetto all’era precedente: dall’irriverenza street di Demna a un rinnovato focus sulla raffinatezza sartoriale e l’alta moda a glamorous. Del resto, la reputazione di Piccioli parla chiaro: è un designer capace di incantare con abiti da sogno, silhouette operistiche e un senso del lusso inteso come spettacolo visivo ed emozionale. Ci si può aspettare che le future collezioni Balenciaga sotto la sua guida attingeranno al repertorio classico della maison – i volumi scultorei, la costruzione impeccabile, magari alcuni archetipi come il tailleur semi-sartoriale, il bolero alla spagnola o l’abito a tunica – reinterpretandoli in chiave contemporanea e poetica.
Una domanda centrale è come Piccioli gestirà l’eredità streetwear ormai radicata nel brand. Negli ultimi anni Balenciaga, grazie a Demna, è diventato sinonimo di felpe oversize, sneaker ugly-chic, e di una certa estetica volutamente anti-lusso mescolata al concetto di couture (basti pensare alle sfilate dove abiti da sera convivevano con scarpe da ginnastica consumate). La giornalista-mito Cathy Horyn osserva che «resta da vedere come Piccioli affronterà lo streetwear, ora che Demna ne ha fatto una componente così dinamica del marchio. Non era quella la direzione né il gusto del prêt-à-porter Valentino sotto Piccioli». In effetti, lui ha puntato su un’eleganza più classica, pur contaminata qua e là da elementi urbani (bomber ricamati, sneakers ricamate – piccoli tocchi che indicano come non sia estraneo al dialogo con la cultura giovanile). È probabile che per Balenciaga lo stilista trovi un equilibrio personale: invece di rinnegare del tutto l’attitudine street degli ultimi anni, potrebbe nobilitarla attraverso la propria sensibilità. Le prime indicazioni ufficiali parlano di continuità nella trasformazione.

Dalla sfilata Autunno/Inverno 2022-23 di Valentino sotto la direzione creativa di Pierpaolo Piccioli. il defilé fu interamente dedicato al Pink PP, una tonalità di rosa introdotta dal designer e da quel momento entrata nell’immaginario legato al brand (foto Lunchmetics Spolight)
Nei comunicati, Balenciaga e Kering enfatizzano la volontà di saldare passato e futuro: «Piccioli porterà la sua visione creativa ed esperienza a Balenciaga, costruendo sui successi dell’ultimo decennio sotto Demna e in continuità con l’eredità di Cristóbal Balenciaga». Gianfranco Gianangeli, CEO di Balenciaga, ha dichiarato di essere entusiasta di iniziare «questa nuova era con Pierpaolo», certo che «saprà interpretare perfettamente l’eredità di Cristóbal Balenciaga, costruendo sulla creatività audace, la ricca eredità e la forte cultura della Maison».
Queste parole chiave – eredità, creatività audace, nuova era – delineano un percorso di rinnovamento nella continuità. Piccioli stesso, nel suo primo commento pubblico sui social, ha mostrato grande rispetto per la storia che raccoglie: «Balenciaga è ciò che è oggi grazie a tutte le persone che hanno spianato la strada… in tutte le sue fasi, pur evolvendo e cambiando, non ha mai perso di vista i valori estetici della Maison». Ha aggiunto di sentirsi ricevere «un marchio ricco di possibilità. Questa per me è l’occasione di plasmare una nuova versione della Maison, aggiungendo un altro capitolo con una storia nuova». Una dichiarazione densa di consapevolezza storica: Piccioli riconosce la continuità dei valori estetici attraverso le trasformazioni e si propone di aggiungere un capitolo – non di riscrivere da zero il libro, ma di continuarlo, portando un contributo personale.
Parallelamente, stiamo assistendo a una evoluzione del concetto di lusso nel gusto e nei valori del pubblico. Il lusso non è più ostentazione sterile o gerarchia sociale immutabile: come evidenzia un recente dibattito all’RCS Academy, «oggi il lusso ha smesso di essere un marcatore sociale ed è diventato più democratico e multidimensionale, associandosi ai concetti di esclusività di prodotti/servizi e unicità delle esperienze, al tempo libero per sé stessi e all’artigianalità». In altre parole, le nuove generazioni di consumatori ricchi cercano nel lusso senso ed esperienze: vogliono oggetti unici e su misura, esperienze memorabili, e premiano la qualità artigianale autentica più del logo ben visibile. Il made in Italy (e, per esteso, il made in France di case come Balenciaga) viene percepito come garanzia di passione, alta qualità e capacità di fondere innovazione e tradizione. Inoltre, il lusso oggi ingloba dimensioni prima considerate estranee: il tempo libero, la lentezza, la cultura, e soprattutto i valori etici.
Pierpaolo Piccioli, che ha sempre privilegiato la narrazione emotiva e l’esperienza umana legata agli abiti, è particolarmente in sintonia con lo spirito del tempo: le sue sfilate spesso commuovono, fanno pensare, creano un senso di comunità tra gli spettatori, andando oltre la mera presentazione di vestiti. Una maison come Balenciaga, rilanciata in questa chiave, potrebbe puntare meno sull’hype e più su una relazione profonda e fidelizzata col pubblico, offrendo non solo prodotti di lusso ma anche un punto di vista culturale (si pensi alle mostre, ai progetti collaterali, all’interazione con arte e design che già Demna aveva avviato e che Piccioli potrà sviluppare).
Somiglianze e similitudini: la continuità di uno spirito
«Provengo da un luogo molto piccolo, come Cristóbal», ha detto Piccioli a Vogue Business. E già lì si è capito che il suo arrivo non sarebbe stato un avvicendamento ma una forma di epifania: come se qualcuno rimettesse in ordine i volumi, i silenzi, i gesti. Cristóbal Balenciaga era un uomo di fede, silenzio e tecnica. Le sue giornate iniziavano con la messa, e i suoi abiti – costruiti come architetture votive – sembravano pensati per una donna che non doveva piacere, ma significare. «L’eleganza è eliminazione», diceva. Non un vezzo, ma un voto.
Piccioli, che viene da studi letterari e che alla Fede ha sostituito l’umanità, si muove nello stesso tracciato ma con passo diverso. Laddove Balenciaga cercava l’assoluto attraverso la forma, lui lo insegue attraverso la relazione. E in questo incontro apparentemente paradossale – tra l’esteta del vuoto e il romantico dell’inclusione – si apre una possibilità straordinaria. Perché entrambi, in fondo, rifiutano il superfluo. Solo che per Piccioli il superfluo non è l’orlo ricamato, ma il cinismo. Non è il tulle, ma la posa. «Voglio abbracciare lo spirito di Balenciaga», ha dichiarato. E questa frase, così semplice, è in realtà una dichiarazione di metodo: perché per lui non si tratta di prendere in mano un’eredità, ma di starle accanto. Di farla parlare, ancora. Con rispetto, ma senza inchinarsi. Come si fa con chi si ama.
La prima collezione Piccioli per Balenciaga verrà presentata in ottobre. Non sappiamo se ci saranno i famosi volumi, le cappe, le tuniche, ma sappiamo già che quelle forme, se torneranno, non diranno più le stesse cose. Perché oggi la posta in gioco non è più solo estetica: è semantica. In un’epoca in cui tutto – dai loghi agli slogan, dai corpi alle cause – rischia di essere ridotto a contenuto, la moda ha bisogno di tornare a significare. Non a piacere. Ed è qui che il gesto di Piccioli, così misurato e così radicale, assume una portata quasi politica.
Se Balenciaga fu l’architetto dell’invisibile, Piccioli promette di esserne il filosofo. E così, nel gesto preciso con cui accosta una manica a un pensiero, nel modo in cui lascia che l’abito non imponga ma proponga, ci ricorda una cosa che oggi, forse, abbiamo dimenticato: che un vestito può non solo cambiare l’apparenza, ma restituire senso al visibile. E forse anche al vivibile.
The post Pierpaolo Piccioli alla guida di Balenciaga, cosa aspettarsi? La risignificazione di un’eredità appeared first on Amica.
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