Emoji: chi le usa è davvero più attento e coinvolto nelle relazioni?

Lug 12, 2025 - 17:00
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Emoji: chi le usa è davvero più attento e coinvolto nelle relazioni?
dott. gianluca castelnuovo
Prof. Gianluca Castelnuovo, Psicologo, psicoterapeuta e dottore di ricerche in neuropsicologia: è professore ordinario di psicologia clinica all’Università Cattolica di Milano dove dirige la Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica. È responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia e del relativo Laboratorio di Ricerca presso l’IRCCS Istituto Auxologico Italiano

Le emoji sono diventate un linguaggio visivo ormai quotidiano, impiegato da moltissimi utenti per arricchire la comunicazione digitale. In un contesto in cui la messaggistica testuale è il mezzo di contatto più diffuso tra amici e partner le emoji fungono da veri e propri segnali non verbali che veicolano emozioni. A volte chiariscono (o forse rendono ancora più ambiguo?) il significato di alcune parole, arricchendole di sfumature e interpretazioni.

Uno studio dell’Università di Austin in Texas

Recentemente Eun Huh (2025) all’Università di Austin in Texas ha condotto uno studio sperimentale che offre nuove evidenze sul modo in cui le emoji, integrate nei messaggi di testo, influenzano la percezione di responsiveness (responsività percepita) del partner e, di conseguenza, la soddisfazione relazionale, la sensazione di vicinanza e la simpatia attribuita all’interlocutore. Per compensare la mancanza di segnali non verbali si usano strategie alternative di espressione. Le emoji possono essere considerate una evoluzione digitale di pratiche di metacomunicazione ben più antiche.  Un esempio l’uso di una punteggiatura molto enfatica o l’uso di maiuscole o sottolineature per suggerire alcune sfumature di tono ed emozione.

Messaggi più responsivi

Lo studio di Huh evidenzia come i messaggi arricchiti da emoji vengano valutati come significativamente più “responsivi” rispetto ai messaggi di solo testo. In altre parole, l’uso di emoji fa percepire il partner come più attento, premuroso e coinvolto emotivamente nella conversazione. Questo effetto si è dimostrato importante, indipendentemente dal tipo di emoji utilizzato (facciali o non facciali), sottolineando che è la presenza stessa dell’elemento visivo e non necessariamente la sua forma specifica, a generare l’impressione di responsività.

Segnali di un partner attento e coinvolto

Sentirsi compresi e ascoltati, grazie a un feedback comunicativo anche più completo e non solo affidato a parole, è alla base della costruzione dell’intimità e del legame emotivo e quindi rappresenta un buon presupposto di soddisfazione relazionale. Le emoji non aumentano direttamente la soddisfazione relazionale, ma lo fanno indirettamente, favorendo la percezione di un partner attento e coinvolto. Questo meccanismo psicologico è in linea con ricerche precedenti che hanno evidenziato come la percezione di essere ascoltati e capiti migliori l’umore, riduca ansia e stress, e favorisca un legame più saldo.

Uso appropriato  e contestuale

Un altro aspetto rilevante emerso dallo studio riguarda l’assenza di differenze significative tra emoji facciali (come le faccine sorridenti) e non facciali (come oggetti o simboli) nel favorire la responsività percepita. Questo risultato sfida l’ipotesi che le emoji più “espressive” sul piano emotivo siano necessariamente più efficaci. Sembra invece che qualsiasi emoji possa segnalare impegno comunicativo e cura verso il partner, purché coerente con il tono del messaggio. Infatti, la ricerca ha volutamente controllato la congruenza emotiva tra testo e emoji (accoppiando emoji positivi con messaggi positivi, e così via), per evitare interpretazioni ambigue o sarcastiche. Questa scelta metodologica sottolinea un punto chiave: l’efficacia delle emoji dipende anche dal loro uso appropriato e contestuale.

Espressione di vicinanza

Sul piano pratico e relazionale, questi risultati suggeriscono che l’uso delle emoji può diventare una strategia semplice ed economica per mantenere viva la connessione emotiva nelle relazioni affettive. Nella vita quotidiana, un cuoricino, un pollice in su o una semplice faccina sorridente possono trasformare un messaggio di testo impersonale in un segnale di vicinanza e calore, rafforzando il legame. È importante però notare che l’effetto positivo dipende dalla coerenza emotiva e dal contesto relazionale: in situazioni conflittuali o in cui il significato dell’emoji è ambiguo, il rischio di malintesi non è trascurabile, proprio come succede nei contesti tradizionali di comunicazione, dove se il verbale va da una parte e il non verbale o paraverbale dall’altra, il senso di disorientamento nella comunicazione è alto!

Il ruolo delle emoji nelle relazioni

Dunque, le emoji non sono soltanto ornamenti grafici o segnali dell’era digitale, ma svolgono un ruolo psicologicamente significativo nella costruzione e nel mantenimento delle relazioni affettive. Ricordiamoci che la comunicazione soprattutto affettivo-emotiva si trasmette solo in minima parte tramite il canale verbale, ma passa soprattutto attraverso il canale paraverbale (tono, ritmo, volume, timbro della voce, ecc.) e non verbale (espressioni dei viso, postura, distanza o vicinanza interpersonale, ecc.).

Competenza socio emotiva

Comunicare con tutti i canali, quindi non solo le parole, è un’arte da insegnare a scuola. Competenza socio-emotiva di base che è  fondamentale per una interazione funzionale con gli altri. Forse in futuro si insegnerà come rendere efficace un buon messaggio vocale e la scelta di un buon emoji.

Capire il non detto

Nel frattempo ricordiamoci, come diceva Henrik Fexeus in “Leggere il pensiero non è una magia” (2007), che “gran parte della comunicazione che avviene tra due persone è non verbale. A volte, quel che comunichiamo grazie alle parole è appena il dieci percento della comunicazione totale. Il resto si comunica con il corpo e le caratteristiche della voce. Eppure, paradossalmente, ci ostiniamo a concentrarci su cosa viene detto, cioè su quali parole si utilizzano, e solo eccezionalmente riflettiamo su come ci si esprime”. Usiamo pure le emoji, ma cerchiamo di essere consapevoli della loro potenza e di usarli in maniera coerente, ricordandoci anche che “la cosa più importante nella comunicazione è ascoltare ciò che non viene detto” (Peter Drucker).

A cura del Prof. Gianluca Castelnuovo                                                                  Professore Ordinario di Psicologia Clinica – Direttore della Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica – Università Cattolica di Milano                                                      Direttore del Laboratorio di Ricerche Psicologiche – Responsabile del Servizio di Psicologia Clinica e Psicoterapia – IRCCS Istituto Auxologico Italiano

 

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