Epistolario vescovo-detenuti: lettere per il Giubileo

Lug 2, 2025 - 23:00

Epistolario vescovo-detenuti: lettere per il Giubileo

Epistolario per il Giubileo. La “piccola e sconosciuta porzione di Chiesa” formata da un gruppo di battezzati detenuti nella Casa circondariale di Santa Bona, a Treviso, ha inviato una lettera aperta al vescovo di Treviso, Michele Tomasi, nell’anno del Giubileo della speranza. La lettera aperta dei detenuti è stata inviata in occasione della solennità di Pentecoste, mentre la risposta del vescovo, a nome della Diocesi tutta, è arrivata nei giorni scorsi. L’occasione è stata data da un itinerario proposto dal cappellano del carcere con la cappellanìa e i volontari di Comunione e liberazione e dell’associazione Prima pietra, un’occasione di riflessione comune su cosa possa significare vivere un Giubileo dentro un carcere, e come ciascuno, a partire dalla propria condizione, possa mettersi in cammino verso una conversione possibile. “Un messaggio autentico – dicono don Piero Zardo, cappellano, e don Bruno Baratto, direttore di Caritas Tarvisina – maturato nel silenzio e nella riflessione, che racconta il cammino personale di tanti uomini che desiderano ricominciare. Non chiede sconti, ma ascolto. Non pretende risposte facili, ma condivisione. È un invito a superare il pregiudizio, a riconoscere che la fede può germogliare ovunque, anche nei luoghi e nelle situazioni meno attese, quando si apre lo spazio per il cambiamento”.

Lettere dal Giubileo

Monsignor Tomasi, nella sua risposta, si dice grato della testimonianza che è possibile “scoprire sempre di nuovo il volto di Cristo, la bellezza della sua proposta, la verità sull’esistenza che deriva dall’ascolto senza ostacoli del suo Vangelo”, e “attingere senza merito e senza pretesa alla misericordia che scaturisce dalla Croce stessa di Cristo”, ricordando l’immagine della Speranza che papa Francesco ha affidato ai detenuti di Rebibbia: “Cerchiamo insieme le ragioni di una speranza quotidiana e troviamo insieme la direzione in cui possano muoversi i nostri passi, per ritessere sempre di nuovo legami di comunità”, conclude.

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