Ex Ilva di Taranto, nuova lettera di messa in mora dell’Ue

Maggio 8, 2025 - 08:00
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Ex Ilva di Taranto, nuova lettera di messa in mora dell’Ue

Bruxelles – Ilva di Taranto, dalla Commissione europea un nuovo richiamo all’Italia. Il polo siderurgico continua a operare in violazione delle norme comunitarie, ed in particolare la direttiva sulle emissioni industriali, motivo di lettera di messa in mora aggiuntiva nei confronti del governo. Una scelta, quella dell’esecutivo comunitario, che se da una parte per il momento fa rimanere il contenzioso all’interno del primo stadio delle procedura di infrazione, dall’altra parte tiene aperta una questione che si trascina da oltre 10  anni.

La prima messa in mora dell’Italia per l’Ilva di Taranto e le sue emissioni risale al 2013, per un braccio di ferro mai terminato nonostante i tanti impegni assunti dal governo, da ultimo quello dell’attuale ministro per l’Economia, Giancarlo Giorgetti. L’Ue comunque non critica apertamente le acciaierie pugliesi, che rappresentano solo una parte dei rilievi di Bruxelles. All’Italia si rimprovera di “ non aver recepito integralmente e correttamente” la direttiva sulle emissioni Industriali, e in questo il Paese “non ha inoltre rispettato alcune disposizioni di tale Direttiva per quanto riguarda lo stabilimento Acciaierie d’Italia di Taranto”, l’Ilva appunto. 

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La direttiva in questione mira a prevenire, ridurre e, per quanto possibile, eliminare l’inquinamento derivante dalle attività industriali al fine di tutelare la salute umana e l’ambiente. C’è un problema generale e generalizzato per quanto riguarda lo Stivale. “La legislazione italiana non è conforme alla direttiva sulle emissioni industriali“, e c’è dunque un intero quadro normativo nazionali da dover rivedere. In particolare il diritto nazionale, contesta la Commissione Ue, “non considera l’impatto degli impianti sulla salute umana”. Inoltre, “non tiene conto di tutti gli inquinanti nocivi emessi dall’impianto al momento del rilascio delle autorizzazioni”.

Infine, in caso di irregolarità si tende a chiudere troppo un occhio. La legislazione italiana in materia di inquinamento industriale “non sospende l’attività di un impianto quando una violazione delle condizioni di autorizzazione rappresenta un pericolo immediato per la salute umana o per l’ambiente”. E’ questo il caso che ripropone la storia infinita dell’Ilva di Taranto. “L’Italia – critica Bruxelles – non garantisce che l’impianto di Acciaierie d’Italia e operi in conformità alla normativa UE sulle emissioni industriali, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente”.

Casello autostradale [foto: imagoeconomica]
Nel giorno in cui la Commissione apre 38 nuove procedure, ne porta 58 al secondo stadio e altre 18 le porta dinanzi alla Corte di giustizia dell’Ue, l’Italia alla fine se la cava con poco. Oltre al nuovo richiamo sull’Ilva, c’è la messa in mora e una nuova procedura per aver recepito in modo incompleto la direttiva sugli azionisti delle società quotate e una lettera di messa in mora aggiuntiva per non aver garantito il telepedaggio su tutto il suo territorio nazionale. Già a dicembre 2020 l’esecutivo comunitario aveva intimato all’Italia di recepire correttamente le norme Ue che impongono l’estensione delle reti Telepass.

Il telepedaggio è l’alternativa al pagamento diretto al casello, e permette al conducente di transitare senza doversi fermare. La tecnologia permette in tempo reale il riconoscimento automatizzato del veicolo, con i dati del guidatore, incluso il conto corrente o la carta prepagata su cui addebitare i costi di viaggio. La Commissione non procede oltre visti i progressi compiuti dall’Italia. Resta solo la Sicilia a non essere in regola, e si torna a fare pressione.

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