Garante Privacy blocca la diffusione del video con l’autopsia di Chiara Poggi
lentepubblica.it
Il Garante della Privacy ha disposto un provvedimento urgente per bloccare la circolazione in rete di un video contenente le immagini dell’autopsia di Chiara Poggi, la giovane uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.
Il filmato, pubblicato a pagamento su un blog, è stato giudicato dall’Autorità come una grave violazione della dignità della vittima e dei suoi familiari, oltre che una palese infrazione delle norme sulla tutela dei dati personali.
Il provvedimento, adottato d’ufficio, vieta al soggetto che ha caricato il contenuto ogni ulteriore trattamento dei dati, compresa la vendita o condivisione del materiale audiovisivo. La decisione è arrivata alla luce della rilevanza del caso e della gravità della lesione arrecata, non solo alla memoria della giovane, ma anche alla sfera privata dei suoi congiunti.
Secondo il Garante, tale divulgazione contrasta apertamente con quanto previsto dal Regolamento europeo in materia di privacy (GDPR) e dalle Regole deontologiche dei giornalisti, che richiedono il rispetto della dignità anche delle persone decedute, limitando l’uso delle immagini a ciò che è strettamente essenziale per l’interesse pubblico.
Diffusione del video dell’autopsia di Chiara Poggi: l’avvertimento del Garante della Privacy
L’Autorità, presieduta da Pasquale Stanzione, ha inoltre rivolto un severo avvertimento a giornali, piattaforme online e professionisti dell’informazione: chiunque entri in possesso del filmato è tenuto ad astenersi dalla sua diffusione. La pubblicazione, infatti, non solo violerebbe il Codice in materia di protezione dei dati personali, ma potrebbe portare a sanzioni amministrative e penali.
Il Garante Privacy sottolinea che l’interesse mediatico riacceso dalla riapertura delle indagini sul caso Chiara Poggi non giustifica alcuna forma di spettacolarizzazione o morbosità, specialmente se ottenuta a scapito della dignità umana. L’invito è quindi a esercitare responsabilità, evitando ogni forma di accanimento mediatico.
Inchiesta in corso e possibili sanzioni
La vicenda è ora oggetto di un’istruttoria separata per accertare la provenienza e la liceità dell’acquisizione del materiale video. Nel frattempo, il soggetto coinvolto dovrà comunicare entro sette giorni le misure adottate per conformarsi al provvedimento. In caso contrario, potrebbero scattare sanzioni severe previste dal GDPR, che includono multe fino a 20 milioni di euro o fino al 4% del fatturato annuo globale.
Il Garante ha anche disposto la pubblicazione della decisione sul proprio sito ufficiale e sulla Gazzetta Ufficiale, in modo da garantire la massima trasparenza e informare l’opinione pubblica sulla delicatezza del caso.
Un precedente importante
Non è la prima volta che l’Autorità interviene per proteggere la riservatezza delle persone coinvolte in procedimenti giudiziari o vittime di crimini. Già nel 2020, infatti, era stato vietato a una testata online di pubblicare l’avviso di conclusione delle indagini preliminari in un altro caso mediaticamente esposto.
Il provvedimento riguardava la pubblicazione da parte del sito dagospia.com dell’avviso di conclusione indagini nei confronti di Marco Cappato, esponente dell’associazione Luca Coscioni, indagato per il caso legato al suicidio assistito di un cittadino italiano all’estero. Il Garante sottolineò che l’avviso, contenente dati personali e giudiziari di particolare delicatezza, non poteva essere divulgato senza adeguate cautele, poiché ciò avrebbe potuto determinare una lesione dei diritti e della dignità delle persone coinvolte, ancor prima dell’accertamento giudiziario dei fatti.
Questo precedente ribadisce che, anche in presenza di un interesse pubblico alla notizia, il diritto all’informazione non può prevalere in modo assoluto sulla tutela dei dati personali e della presunzione di innocenza.
Le conclusioni dell’Autorità
Il messaggio del Garante Privacy Chiara Poggi è chiaro: la tutela della dignità personale, soprattutto in casi così delicati, deve prevalere su qualsiasi logica di visibilità o profitto. La diffusione di contenuti sensibili, tanto più se legati alla sofferenza e alla morte, non può mai prescindere dal rispetto dei diritti fondamentali della persona. Un principio che vale per tutti, cittadini, giornalisti e operatori digitali.
Il provvedimento
Qui il testo completo del documento.
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