Gettati in mare a calci e pugni dai miliziani libici: cos’è e come funziona il sistema delle Run Away Boat

Dieci persone gettate in mare a calci e pugni, di notte, con onde oltre il metro e mezzo, da un assetto di tipologia militare che ha affiancato a dritta la nostra nave e poi ha buttato a mare degli esseri umani, come fossero rifiuti. Il sistema delle “Run Away Boat” (Rab), cioè delle imbarcazioni veloci che scaricano in mare persone che tentano di fuggire dalla Libia e che, pur avendo lo status di profughi e rifugiati, non hanno alcun modo legale per arrivare in Europa, è una articolazione del complesso reticolo di interessi e soggetti che si muovono in Libia e dalla Libia attorno al business del traffico di esseri umani.
Noi non sappiamo con certezza se quel gommone di tipo militare fosse uno di quelli che lunedì mattina 18 agosto, in formazione con altri sette con a bordo miliziani armati e incappucciati, ci ha intimato di “andarcene dalla Libia”. Eravamo in acque internazionali. Di certo quel gommone militare era molto simile a quelli visti lunedì, che abbiamo fotografato e monitorato quando dopo le minacce sono rientrati in formazione compatta nel porto di Al Zawiya. Il giorno prima, dopo la scorribanda di questi gommoni di miliziani armati, è arrivata una motovedetta classe Bigliani, una di quelle ex Guardia di Finanza regalate dal Governo italiano per le operazioni di cattura e deportazione in mare della cosiddetta guardia costiera libica. Motovedetta ben riconoscibile, la “Zawiyah”, numero identificativo 656, e che ci ha minacciato come i miliziani il giorno precedente: intimazione di andare via, fare rotta nord, via radio canale 16vhf.
Le milizie armate hanno violato il diritto internazionale marittimo minacciando un’altra nave, anche la cosiddetta guardia costiera libica ha agito fuori dalla legalità perché su quelle acque internazionali non può esercitare alcuna sovranità nazionale, prevista solo entro le 12 miglia dalla costa. Dopo i miliziani non identificati e la motovedetta 656, Mediterranea è stata affiancata in scia da un potente assetto cabinato, che ha seguito la nave per ben 25 ore, da lunedì sera a mercoledì. A bordo sicuramente un ufficiale della cosiddetta guardia costiera libica, formato magari a Gaeta da addestratori italiani: inglese ottimo, modi professionali. Nessuna intimazione, solo scorta.
Da quell’assetto a un certo punto, è arrivata la risposta su un possibile Sos dentro le acque di competenza libica: “Abbiamo provveduto, non abbiamo bisogno della vostra cooperazione”. E poi, nella notte tra mercoledì e giovedì è arrivata quella runaway boat, al largo di Tripoli che ha buttato persone in acqua. Alle autorità libiche glielo abbiamo insegnato noi, Paesi civili e democratici, che quelle vite sono sacrificabili. Anche per questo alle dieci persone soccorse non possono essere imposte ulteriori inutili sofferenze: devono essere sbarcate al più presto nel più vicino porto sicuro.
Qual è la tua reazione?






