Il “Dottor Sorriso”: «Acutis mi ha insegnato a vivere appieno il presente»

Agosto 25, 2025 - 16:00
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Il “Dottor Sorriso”: «Acutis mi ha insegnato a vivere appieno il presente»
Momcilo JankovicMomcilo Jankovic

«Ho conosciuto Carlo durante la malattia e, nonostante la gravità delle sue condizioni, lo definirei un ragazzo assolutamente normale e sereno. Ha iniziato ad avere i primi sintomi a Milano, dove è stato ricoverato: problemi di emorragia e sanguinamento, e poi la diagnosi di leucemia. Quando è stato trasferito nel nostro ospedale – era un sabato sera – ovviamente aveva già una coscienza un poco obnubilata dall’emorragia cerebrale, sviluppatasi maggiormente più tardi. I ragazzi affetti da queste malattie – ne ho visti tanti, purtroppo – sono dei guerrieri, hanno una voglia di vivere, una determinazione che trasmettono anche a noi medici e operatori sanitari».

Momcilo Jankovic – il famoso «Dottor Sorriso», una delle personalità più note nel panorama degli ematologi pediatrici non solo a livello nazionale -, che ebbe in cura Carlo Acutis all’ospedale San Gerardo di Monza, ricorda così il ragazzo futuro santo. Aggiungendo, sul filo della memoria: ««Lui è stato in reparto qualche giorno, poi è stato trasferito subito in rianimazione, dove ha concluso la sua vita. È stato poco, ma quel “poco” gli ha consentito di trasmettere il senso di voglia di vivere e di combattere. Ho imparato molto dai ragazzi – ne ho seguiti più di 3.000 in oltre 40 anni di professione, accompagnandone 600 a morire -, che mi hanno trasmesso quella positività che mi ha consentito di proseguire. Carlo è stato uno di questi».

Anche nella condizione estrema si percepiva la sua fede profonda, un aprirsi comunque all’infinito?
Ciò che traspariva in Carlo era il sorriso, quella serenità di lineamenti che effettivamente trasmetteva qualcosa di ancora più forte rispetto ad altri. Lo scambio verbale con lui, per le sue condizioni, è stato modesto. La trasmissione tra noi è stata più “tattile” e di contatto visivo. Il silenzio e la vicinanza, forse, sono stati gli elementi fondamentali nel rapporto che ho instaurato. Il mio ricordo, molto bello e positivo, si ferma a un dialogo non verbale, fatto di sguardi. Era senz’altro di quelli che hanno “dato” qualcosa di più, ma che questo potesse portarlo effettivamente a quanto gli viene oggi riconosciuto, la santità, allora non era certamente nei miei pensieri.

C’è un ricordo che le è rimasto nel cuore?
Dopo la morte di Carlo, ho avuto notizia che, quando era studente alle Marcelline e poi al Leone XIII, aveva vissuto esperienze di volontariato e di vicinanza ai più fragili e deboli. Questo mi ha confermato nella convinzione che ho maturato negli anni. La vita è difficile, ma quello che mi hanno insegnato i “miei” ragazzi – e Carlo ancora di più – è quanto sia importante vivere appieno la giornata e il presente. Siamo proiettati sempre al futuro e questo, forse, è l’errore maggiore, perché ci fa perdere l’intensità del presente. Io penso che la fede e la vicinanza della Chiesa, per chi è religioso e ci crede sul serio, sia veramente qualcosa in più, un fattore importante. La malattia, ovviamente, fa sempre paura, si ha il timore di non farcela, ma il saper lottare e valorizzare il sorriso e la serenità penso che siano elementi fondamentali. Questo Carlo lo ha insegnato a tutti noi.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia