Il futuro (etico) della pesca in Sicilia

Agosto 19, 2025 - 10:00
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Il futuro (etico) della pesca in Sicilia

La Sicilia, con i suoi oltre 1.500 chilometri di coste e una delle flotte pescherecce più importanti del Mediterraneo, è da secoli legata al mare. Tonni, pesci spada, sarde, gamberi rossi e pesce azzurro rappresentano non solo una tradizione culinaria radicata, ma anche una fonte vitale per l’economia locale. Tuttavia, i cambiamenti climatici e il sovrasfruttamento delle risorse marine hanno imposto una riflessione profonda su come preservare l’ecosistema marittimo (ne abbiamo parlato anche qui), la catena alimentare e regole più rispettose per tutti. Già da diversi anni c’è maggiore attenzione nel rispettare le taglie minime, i periodi di fermo biologico, usare attrezzi selettivi, e preferire le specie locali e stagionali anche grazie ad alcuni chef che tanto stanno lavorando sulla certezza dell’origine della materia prima, iniziando a chiedere una filiera più rigida e più attenta, ma purtroppo tutto questo non basta. Sempre di più bisognerebbe muoversi con decisione verso modelli sostenibili di gestione del mare: a Mazara del Vallo, a Sciacca, nello Stretto di Messina e altri luoghi del mare le marinerie (alcune già lo fanno) dovrebbero adottare sistemi di pesca selettiva, come le reti a maglie più larghe o le nasse artigianali, per ridurre il bycatch (le catture accidentali di specie non bersaglio), convinti del fatto che una pesca che protegge il mare è anche una pesca che protegge il lavoro e il cibo del futuro.

Sicilia occidentale e il Gambero Rosso di Mazara del Vallo
È uno dei prodotti più pregiati della pesca siciliana, noto per la sua qualità, il colore intenso e il sapore unico. Il gambero rosso di Mazara del Vallo è protagonista della ristorazione di qualità, ma come funziona la sua pesca e la sua commercializzazione? Negli ultimi anni, i pescatori locali hanno adottato pratiche sostenibili come la pesca con reti a maglie regolamentate e la limitazione delle giornate di attività, per evitare l’eccessivo sfruttamento.

Le cooperative di Mazara stanno collaborando con enti di tutela per monitorare la popolazione del gambero, garantendo che la pesca avvenga solo in periodi e quantità che non compromettano la riproduzione: «Noi peschiamo esclusivamente gambero rosso di Mazara con il massimo rispetto per l’ambiente marino e la nostra azienda è profondamente legata al mare» racconta Paolo Giacalone, che insieme alla famiglia ha dato vita al marchio Rosso di Mazara, «adottiamo pratiche sostenibili in ogni fase della nostra attività e i nostri prodotti sono certificati Friend of the Sea, un riconoscimento internazionale che garantisce che il gambero viene pescato con metodi selettivi e non invasivi, nel pieno rispetto dell’habitat marino. Da sempre ci impegniamo a ridurre la cattura accidentale di specie protette, come per esempio le tartarughe marine, e utilizziamo il dispositivo TED (Turtle Excluder Device), che permette agli esemplari di tartaruga di uscire in sicurezza dalle reti da pesca». Tutte buone pratiche che purtroppo non bastano e che hanno spinto al largo i pescatori del gambero rosso di Mazara del Vallo, nonostante questo pregiato crostaceo fino a circa trentacinque anni fa, di fatto, non si pescasse e non avesse mercato.

Sicilia orientale e Catania con i “masculini”
Uno dei simboli della pesca artigianale in Sicilia sono i “masculini”, alici che si pescano nel golfo di Catania il cui nome deriva da un’antica credenza, probabilmente errata, che le acciughe fossero i maschi delle sardine. La pesca avviene in un arco che va da Capo Mulini a Capo Santa Croce, una porzione di mare solcata ogni giorno dalle piccole barche dei pescatori del golfo che, grazie alle reti caratterizzate da maglie di un centimetro di lato, catturano le alici durante la notte.

«La pesca italiana e la pesca siciliana si trovano nel nucleo centrale della tempesta perfetta, perché dopo decenni di menefreghismo oggi siamo a un punto di non ritorno se non si cambia completamente approccio» racconta Gaetano Urzì della Cooperativa del Golfo di Catania. «Dobbiamo ritornare alla sapienza dei vecchi pescatori, quelli che fino agli anni Sessanta, sfruttavano diversi mestieri polivalenti, e non uno solo tutto l’anno in materia di pesca, per impattare meno sulla risorsa ittica». Una presa di posizione forte quella della Cooperativa del Golfo di Catania che purtroppo rimane inascoltata: «L’Unione europea ha sempre dato contributi, ma non si è riusciti ad affermare un modello di sviluppo che cercasse di equilibrare quelle che erano le risorse o, ancora peggio, non si sono educati i consumatori» continua Gaetano Urzì. «Dobbiamo smetterla di mangiare sempre le solite specie di pesce e richiederle tutto l’anno come il polpo, il calamaro, il gambero, ma bisogna mangiare quello che il mare ci offre, come si faceva un tempo nelle città marinare, per cercare di impattare meno possibile». Parole che fanno riflettere e che oggi pongono degli interrogativi seri per cui una pesca sostenibile per davvero non è solo una necessità ambientale, ma un’opportunità per tutelare la ricchezza del mare e delle comunità che da sempre vivono in simbiosi con esso.

Imbarcazione da pesca in Sicilia

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Redazione Redazione Eventi e News