Il nucleare modulare alla prova dell’industrializzazione globale

Giugno 24, 2025 - 00:00
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Il nucleare modulare alla prova dell’industrializzazione globale
nucleare modulare

I reattori modulari di piccola taglia (Smr) vengono citati come soluzione scalabile per fornire energia stabile, sicura e a basse emissioni. Ma affinché possano decollare serviranno regole armonizzate, competenze tecnologiche e investimenti industriali… che al momento scarseggiano

Il ritorno dell’energia nucleare nell’agenda politica ed energetica globale è guidato da due esigenze complementari: garantire energia stabile e programmabile (baseload) in un sistema dominato da fonti intermittenti, e decarbonizzare la produzione in modo strutturale, a supporto degli obiettivi climatici al 2050.

In questo quadro, i reattori modulari di piccola taglia (Small Modular Reactors) rappresentano una possibile soluzione di compromesso fra i grandi impianti tradizionali (Lnpp) e le esigenze di flessibilità del sistema energetico moderno.

Secondo il nuovo report The Growth and Future of Small Modular Reactors pubblicato da Arthur D. Little, per raggiungere la neutralità climatica serviranno fino a 800 GW aggiuntivi di capacità nucleare installata entro il 2050, più del doppio di quanto costruito nei precedenti sessant’anni.

Una soglia difficilmente raggiungibile affidandosi ai soli impianti convenzionali.

Mercato globale in espansione, ma ancora in fase iniziale

Attualmente operano nel mondo 413 reattori in 31 Paesi, con una capacità complessiva di 371,5 GW (dati Iaea 2023). Gli Smr, grazie a modularità, scalabilità e tempi di costruzione più contenuti, si configurano come una risposta più pragmatica alle sfide di tempistiche e costi.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica traccia oggi 68 progetti di Smr in fase di sviluppo e oltre 30 Paesi stanno valutando l’adozione di reattori modulari.

Il report stima che il mercato globale degli Smr possa raggiungere un valore compreso tra 50 e 100 miliardi di dollari entro il 2030, con una crescita annua superiore al 20%.

Industrie energivore come data center, gigafactory e impianti hard-to-abate stanno mostrando un interesse crescente verso queste soluzioni. Tra gli investitori privati si segnalano Google, Amazon e Microsoft, impegnati direttamente nello sviluppo di impianti nucleari a supporto della propria domanda energetica.

Ostacoli: costi, regolazione e filiera

Nonostante il fermento, nessun Smr è attualmente operativo in Occidente. I primi esemplari sono stati attivati in Cina e Russia, mentre in Europa e Stati Uniti alcuni progetti (come NuScale in Idaho) sono stati sospesi per assenza di domanda o incremento dei costi.

Uno dei principali freni alla diffusione degli Smr è rappresentato dall’assenza di armonizzazione normativa: ogni reattore Foak (First-of-a-Kind) richiede oggi una certificazione autonoma per ciascun Paese, con ricadute dirette sui costi e sui tempi di approvazione.

A ciò si aggiunge una crisi di competenze nella filiera nucleare, con un’età media elevata tra i tecnici e un’insufficiente generazione di nuovo capitale umano.

Anche il costo livellato dell’energia (Lcoe), pur rientrando in una fascia competitiva, resta soggetto a variabili macroeconomiche: secondo le ultime stime di NuScale, il progetto di Idaho Falls avrebbe un Lcoe pari a 81 €/MWh, includendo gli incentivi statunitensi dell’Inflation Reduction Act.

Il report di Arthur D. Little segnala che valori compresi tra 52 €/MWh (Svezia) e 119 €/MWh (Grecia) sono in linea con la soglia di convenienza per molti mercati, a condizione che si superi la fase di prototipazione (Foak) e si attivi la produzione seriale (Noak).

Le leve per l’industrializzazione degli Smr

Il report individua quattro leve tecniche e regolatorie essenziali per sbloccare il potenziale degli Smr:

  1. un approccio technology-neutral per la valutazione della sicurezza, indipendente dal tipo di raffreddamento utilizzato
  2. l’adattamento degli standard Iaea ai reattori non ad acqua
  3. la revisione delle zone di pianificazione d’emergenza, sulla scorta dell’esempio finlandese che ha superato i limiti fissi di 5 e 20 km
  4. una strategia di armonizzazione tra regolatori, basata sul mutuo riconoscimento delle autorizzazioni

Accanto a queste misure, viene sottolineata l’urgenza di rafforzare la formazione e il trasferimento di competenze, in raccordo con università, centri di ricerca e operatori industriali.

Quali prospettive per l’Italia?

In Italia, il dibattito sul nucleare è riemerso con l’approvazione di proposte normative che aprono alla ricerca e allo sviluppo nel settore Smr, pur in assenza di una strategia di realizzazione a breve termine.

La costruzione di una filiera industriale richiederà tempo, investimenti mirati e un chiaro indirizzo politico. Alcune utility e consorzi industriali stanno già valutando scenari futuri, mentre cresce l’interesse da parte di aziende energivore per un’eventuale partecipazione a progetti pilota.

A livello europeo, segnali di movimento arrivano da Cez, che ha annunciato la collaborazione con Rolls-Royce per i primi lavori nel 2025, e dalla Tennessee Valley Authority (Usa), che ha destinato 350 milioni di dollari a un progetto con Ge Hitachi.

Quindi, per tradurre il potenziale degli Smr in risultati concreti servirà un approccio integrato che coinvolga fornitori tecnologici, investitori, regolatori e utility.

I governi dovranno garantire strumenti di de-risking per i progetti iniziali, promuovere contratti Ppa stabili e costruire un contesto normativo armonizzato.

Il nucleare modulare non è ancora una realtà operativa diffusa, ma rappresenta oggi una delle poche soluzioni scalabili in grado di fornire energia baseload pulita in tempi compatibili con le sfide climatiche ed economiche. La sua industrializzazione dipenderà dalla capacità di agire con coerenza, continuità e visione sistemica.

Crediti immagine: Depositphotos

L'articolo Il nucleare modulare alla prova dell’industrializzazione globale è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.

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